Sunday, September 2, 2018

il post del buon analista [stocazzo]

una delle poche cose liete dell'aziendinacheèstataunsuccesso, fu incrociare il cartone preparatorio di raffaello de 'la scuola di atene'. incrociare nel senso di starci sotto a pinacoteca vuota, [vederlo] fotografare, starsene lì a guardarlo solinghi et senza fretta [bellissimo].
vero.
l'affresco sta in quel di roma, musei vaticani, stanza delle segnature. è lì che il nostro si è pure fatto un selfììì ante litteram, auto-affrescandosi nella parte ad estrema destra [sempre per chi guarda] dell'opera.
lui, il nostro, raffaello, nel cartone non ci sta.
però c'è dentro il logo del politecnico, che a suo modo è bellissimo - e non credo sia così casuale il fatto che il cartone preparatorio sia a milano, come la scuola politecnica since 1859 [grande merchandising, son riusciti metter in pista, in quel di piazza leonardo da vinci. che poi, di leonardo, è anche il volto con cui si raffigura platone della 'scuola', col suo dito verso l'alto, ed il cerchio un po' si chiude].
ecco. appunto. il cartone.
tecnicamente l'idea si è trasfigurata lì, per la prima volta. l'idea di rappresentare la storia della filosofia, in un'unica soluzione. in termini di primigeneità il cartone è più importante dell'affresco, perché è venuto prima. preparatorio, appunto.

ecco.
in decimiliardesimi.
il mio punto di fuga corre verso il dito che punta in alto di platone. l'oggetto della ricerca filosofica è l'idea di Bene, che sta metaforicamente nella sfera celeste - verso l'alto di cui l'additare - nell'iperuranio, oltre la percezioni senzienti dell'oggetto, su, su, fino alla sua concezione di ciò che è in verità [cit.].

faccio lo smargiasso. ma prendo quel senso potentissimo, immortale, fondante della filosofia occidentale. e precipitevolissimevolmente giù in picchiata feroce, fino alla percezione di essermi smarrito in quel punto di fuga di quell'opera.
fino a distorcerlo con le esalazioni delle mie nevrosi compulsive: come se nel mondo delle idee rimanessi intorcigliato. una specie di groppo, grupposamente raggruppato, un nodo laocoonticamente avviluppato, che più sviluppa più raggruppa [cit.]. sì, sì, una specie di matassa attorcigliata dell'incrocio di tutti i fili di pensieri.

per certi versi l'ottantapercento dei post, è un tentativo di filare lanugine da quell'ammasso. e farne uscire uno di ragionamento, più o meno filante, con cifre stilistiche più o meno raggrinzite.

ho la psicopippa facile e veloce. che poi è come fosse impazzita la maionese analizzante delle cose che mi capita di intercettare, in maniera più o meno senziente. me li ritrovo lì, tutti i pezzi, spesso senza sapere come ci siano arrivati, quale senso senziente abbiano titillato [sicuramente non odorandoli]. come possa aver colto alcune cose. insomma: c'è sempre tutto un insieme di cosi sparpagliati qua e là sul tavolo analitico. e quindi ecco l'istintivo vezzo di giocarci a metterle in un certo ordine, più o meno naif, o sui generis, quando non lisergico.
ecco.
questo sì, mi riesce fottutamente bene. anzi, è piuttosto divertente. forse è anche per questo che la parte fondante del lavoro che faccio mi sia semplicissima, automatica, efficace. e mi riesce bene, suvvia diciamolo [è tutta l'impalcatura che sta sopra a darmi qualche difficoltà, specie se la si rigetta, come ho fatto per i primi 38 mesi].

il lato nevrotico della medaglia è che è una turpe voglia [cit.] che si autoalimenta. e mi fa rimenere impigliato nel [mio] mondo delle idee. l'iperuranio secolarizzato e in pico-miliardesimi. e quindi è tutt'un complesso di cose [cit.] che mi fa agire molto poco. e quando succede, anche per cosi mooooolto minuti, è una festa, e [auto]pacche sulle spalle: la speranza di un buon viatico per continuare a darci dentro.
tipo quando si tenta di avviare il gechibois, invero un po' ingolfato, e si dà lo strattone al filo che dovrebbe far partire il motore. che magari da un borbottio ma sembra vincere l'inerzia: sbotf, sbotf, sbotf, dai che ci riesci e parte, daiiii, sbotf, sbotf... vrrrooooomm... vrooomm...
alè. partito, dajè, diamoci sotto, che l'agire sia con me.
quindi.
sbot, sbot, sbot.... stunc.
finita la benzina.

ecco. una cosa così.

e quindi, savaasaaannndiiir, riparte l'analisi sul perché. e il giochetto intorcigliante ricomincia. occhei, occhei, però ho visto che il motore è partito per un po'. son conferme importanti. però è la latenza che mi frega. tutto il tempo passato tra una cosa e l'altra. ignorando nell'analisi il fattore del tempo che va. come se da qualche parte avessi registrato male il clock che dovrebbe scandire il frusciar di messer Κρόνος. come se sul tavolo analitico ci fosse una radiosveglia che scandisce gli anni, mentre in realtà passano lustri.
e intanto analizzo, triturando possibilità e contropossibilità. scelte e controscelte [tutto in potenza, ovvio]. immaginare di far cose, che ne escludono - inevitabile - altre. e allora ri-contemplare cosa succederebbe se fossero le altre, che escludono cose, oltre che ri-altre.
a decidere dell'auto.
o lasciarsi andare a buttarsi fra le braccia di una.
o quale lavoro provar di cercare di cercare.
giusto per dire le tre cogenti di questo periodo, in ordine casuale, ovvio.

come se già non sapessi che la declinazione de l'ottimo è nemico del buono, è la consapevolezza che la scelta ottima non esiste. ed è quindi sempre una questione di compromessi - e quindi dagli addosso alla nevrosi perfezionista. e la scelta ottima non esiste per evidenti limitazione di risorse. siano gli eurI [tipo per l'auto], di dignità et correttezza verso l'altro [tipo una donna], di tempo e possibilità [tipo il lavoro]. giusto per mantere l'ordine - casuale - di cui sopra. la limitazione di risorse ambito, in termini di principio di οἰκονομία. da cui il termine economia. nei meandri del soqquadro del tavolo analitico potrebbe essere il la ad altre psicopippe, ad altri post oltre a questo, al solito sbrodolato.

tutte cose che razionalmente mi sono chiare. anche solo per il fatto che l'analisi, ribadisco, mi riesce bene suvvia. per quanto, forse, non è così impeccabile. perché si dimentica della questione del tempo, e della trappola dell'ottimo. ed ho il vago sospetto le due cose non siano così scorrelate fra di loro.

e quello che razionalmente è noto ricorda che ci sta altro, appena sotto, che fa maramao. e manda a dire che è poi lui che alla fin fine comanda. o quanto meno detta la linea spesso. al netto ci picchi la testa continuamente, nel senso azzeccato figurato della compulsione analitica.
rimanendo col sogghino amarognolo ad osservare che il 10% delle cose che analizzo sono il 90% delle cose che sintetizzo.

sarebbe bello sciogliere le vele.
sarebbe utile non cominciassi a pensare troppo a come si potrebbe fare.
ma farlo.
punto.

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