Sunday, August 9, 2015

di nuovo sulla cosa delle blatte che si fingon morte.

tanatosi.

eccome si chiama la storia delle blatte, di cui l'altro post, che si fingono morte per far il a da passà 'a nuttata. lo fanno anche alcuni rettili. è verosimile un comportamento etologicamente codificato, un'altra invenzione dell'evoluzione per tirar a campà. per quanto le blatte fa più effetto dei rettili.

queste cose me le ha dette l'amica viburna. che s'adopera, tra l'altro, acciocché si riduca l'orizzonte degli eventi della mia sconfinata ignoranza. amica viburna che anche per questo rimarrà comuque sempre mel mio cuoricino-cinico-serenamente-sfiduciato. quand'anche, e caso mai, dovessimo smetter di interloquirci. che poi si sanno come vanno - apparentemente - le cose a seguir taluni paradigmi: ci vi vede per un caffè, poi magari anche un altro. il terzo, vedremo, tanto che ci si va affffà?

comunque. dicevo della tanatosi. che mi veniva anche in mente un libro che lessi miGlioni di anni orsono: un mezzo saggio facile. si intitolava "l'elogio della fuga", di cui non ho granché memoria, tranne di alcuni casi un po' mezzi umani che venivano narrati. ricordo fosse solo un certo periodo di merda. quanto meno con meno percezione e con meno pregnanza di me medesimo. tempi da rimpiangere zero.

comunque. per tornare alla viburna e le sue sollecitazioni: giusto poco più di un anno fa mi disse una cosa che mentre me lo diceva mi atterrì un poco. era in altro periodo di merda, ma diversamente merdoso. ero in quel mentre dove stavo cercando di capire che fare della mia esistenza, quanto meno lavorativa. scrissi financo un post tassonomico: elencazione delle possibilità con i relativi pro e contra. una di queste era il tornar afffffà il libero professionista, quello che però ha più clienti. la viburna mi disse: però questo significa, tra l'altro dover spendere parte del tempo ed energie, a proacciarsi clienti. e poi correr dietro loro per farsi pagare.

seppur ovvio e scontato in quel momento la cosa mi paralizzò. quasi mi si parasse davanti la mia incapacità di provar financo solo a presentarsi. cercar clienti significava proporsi con la propria proattività e l'epos di porsi col dire: io sono capace, in grado, adatto alla tua richiesta, caro cliente. in quel momento, in quei giorni, era un modo di percepirsi lontano miGlioni di anni luce rispetto a quanto fattivamente accadeva. e non era falsa modestia. mi sentivo semplicemente inadatto esistenzialmente. con tutte le ricadute del caso. era come provare a salir su di un monticello irto, aggrappandosi, ma facendo leva su un terreno di sabbie mobili. non era possibile accadesse: tutto qui.

rimaneva solo un lumicino. che era un periodo. e che qualcosa sarebbe accaduto ed io avrei cambiato la percezione. in quel momento sprofondavo, quando facevo leva. dovevo lasciar andare il momento, punto. ed avrei financo capito quando sarebbe stato il momento di cominciare a preoccuparsi che il momento non sembrava passare.

in attesa.
come le blatte.
tanatosi.

ed il momento in cui passò il momento arrivò. a dirla tutta non me l'aspettavo quel giorno, anzi quella sera. né tanto meno durante il raccontar i momenti degli ultimi mesi ad una persona che non vedevo da tempo. ma che contattai perché qualcosa bisognava pur cominciare a fare, per far arrivar l'altro momento. sono convinto che la sensazione placida e morbida di quella minuscola epifania è stata corroborata dall'aver già vellicato un po' di birra [anche vellicare, ad ascoltarla bene, ha un suono placido e morbido].

mi propose un'attività un po' sui generis, in cui - tra l'altro - ci sarebbe stato da scrivere. e quindi mi disse: e nel mentre puoi cercare di far altro, altri lavori, ti organizzi. semplice. ovvio. quasi scontato secondo i suoi paradigmi. però io intuii un baluginio in fondo al tunél. anche perché capii che la suggestione della viburna, semplice, ovvia, scontata non mi atterriva più. avrei cercato e/o trovato clienti. e avrei detto loro: sono capace, sono in grado, sono con la consapevolezza di esser io.

era come se avessi sciolto un nodo. su cui ero stato invitato a riflettere. senza sapere [lei] cosa mi si era scatenato dentro. ma sono quelle cose che sono parimenti necessarie, anzi forse più ancora essenziali della soluzione: perché sollevano la domanda, che serve per la risposta.

ecco. quello era il primo. perché adesso il nodo è doppio. a 'sto giro c'è di mezzo odg, ed ovviamente ancora la viburna. sono un po' atterrito. e difatti sto facendo la blatta. e la tanatosi. ma con un altro spirito e con ben altre preoccupazioni. anche per il semplice fatto di esser un blatta che fattura ogni giorno della sua tanatosi. e non è che son diventato avido. ma perché mi sembra di vivere una riproposizione della piramide di maslow: in chiave esistenziale, nell'accezione più alta e meno materiale.

ora il nodo è ben più proattivamente tosto. ma ci sono le condizioni per scioglierlo.

e il lumicino, di cui sopra, di un altro colore. fa molto baluginio delle lucciole. quelle che appaiono nelle serate più serene e di bellezze che tolgono il fiato.

2 comments:

Anonymous said...

Roba tipo pigolii luminosi?

odisseando said...

non ti sfugge nulla...