Thursday, March 17, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /1

non che non ci abbia provato, neh?

a scrivere su 'sta merda di guerra, conflitto armato d'invasione e di difesa. è che qualsiasi pensiero - plumk - è come se non facesse in tempo a condensarsi dalla nebulizzazione per apparirmi banale, scontato. con il dubbio: ma che cazzo lo scrivo a fare in un post. ma che cazzo lo scrivo il post. non è più nemmeno un'autocensura disperante, come nei bei tempi andati: quando mi percepivo meno pregiato di una spugnetta per lavare i piatti consunta. no. no. è che proprio tutto mi sembra quasi superfluo appuntarlo su righe postiche. talmente è tutto molto più grande, incontrollabile, fuori dalla mia portata. o talmente chiaro, ovvio che può aver senso solo ad inanellare le considerazioni più azzeccate, originali, da pensiero laterale. tipo che dici: uau, 'sta roba qui si eleva dal borbottare a basso continuo del ragionare di un sacco di umana gente. sì, sarà pure una nuova versione da ansia da prestazione postica.

poi però ho pensato anche altro. che 'sticazzi l'ovvietà e la banalità. che forse può aver un senso anche appuntarsi dei piccoli appunti sparsi. che la vita scorre accanto sempre e comunque. anche roba per rileggersela tra un po'. sempre non si decida[no] di estinguerci. bastano una cinquantina di ordigni nucleari per spazzar via la vita umana dall'orbo terracqueo. sull'orbo terracqueo ce ne sono oltre diecimila. ne abbiamo a basta per vaporizzarci tutti molte e molte volte. ricominceranno i batteri a popolare la terra. il sole elargirà radiazione elettromagnetica opportuna per qualche miliardo di anni ancora. c'è tempo. magari viene fuori un qualcos'altro meno stronzo, altre creature senzienti e con la consapevolezza del proprio essere finiti. [si continuerà a morire, qualsiasi specie vivente. non c'è abbastanza energia per agguantare l'eternità]. quindi potrebbe essere che non ci sarà un tra un po'. per rileggersela, dico.

però in caso contrario comincerei con qualche appunto sparso. una specie di pattern minimale di fondamentali. che se poi ad incrociarli sono convinto usciranno una discreta quantità di contraddizioni. non è che uno viola le basi della logica. è che proprio un coacervo di puttanai intorcigliati, che è come girare su un nastro di möbius. tu cammini, cammini, e ti trovi ad un certo punto a testa in giù, rispetto a com'eri messo prima.

però almeno il pattern di fondo è semplice. roba basilare, appunto.

tipo che a stare dalla parte delle vittime civili non si sbaglia mai. mai. stare dalla parte nel senso che quello va su tutto il resto. e non bisognerebbe dimenticarlo. tutto quello che si auspica, si desidera, ci si adopera per, dovrebbe partire da loro. ora sono vittime di nazionalità ucraina. sento scorrere dentro la convinzione che se fossero russe, san marinesi, honduregne, neozelandesi, ivoriane, cingalesi non cambierebbe nulla. certo. certo. plomp: eccotela qui la prima contraddizione: facile tirarsi dosi di botti di attenzione e considerazioni per tocchi di umanità che sta a poche centinaia di chilometri. e gli afgani? e i siriani? e gli yemeniti? [yemen? occazzo, ma c'è pure una guerra nello yemen? [citofonare a riguardo arabia saudita e iran, che si tirano bombe per interposte popolazioni civili. quelle dei sauditi han sapore del bel paese italico]]. e son certo sto dimenticando qualcuno. non siamo [solo] stronzi. siamo umani. perfettibili. quello che è prossimo ci coinvolge di più. quando mancherà la cagnolina maya, ne patirò emotivamente. i morti bombardati oggi, sappiamo che ci sono. e poco altro più. non siamo [solo] stronzi. siamo umani. non riusciremmo, anche volendo, a prenderci carico di questi traumi. non ne saremmo in grado.

però stare dalla parte delle vittime civili, e metterli su tutto, questo sì. su qualsiasi ragionamento, più o meno cinico.

cosicché emerge l'altro fondamentale. non ci sono poteri buoni. in questo confliggere testosteronico il più sano ci ha la rogna. oppure, che è coinvolto di meno nel conflitto, ha diversa gradazione di stronzevolezza. ad esser bravi la si può limitare. gestire il potere è gestire una violenza confliggente in potenza, tanto più potenziale, tanto più lo si accentra, il potere. nei nostri sistemi, che si rifanno a democrazie liberali variegate e più o meno compiute, il tutto è mitigato e distribuito. ma punti di accumulazione non possono non essercene. di più. chissà cosa avrebbe pensato il finto anarcoide pre-lavorativo che ero, avesse letto quel che il matusa che diventai sta scrivendo ora: che in fondo quel potere è financo necessario. specie per garantire una qualche approssimazione del bene comune. che poi ci riesca compiutamente è altro affare. che poi si limiti la sronzevolezza è osservar quel che viene. ma non ci sono poteri buoni.

questo non significa equidistanza tra quei poteri che confliggono in modo testosteronico. c'è pur sempre un aggressore ed un aggredito. meglio: c'è un potere che aggredisce, uno che si difende perché aggredito. faccio slalom tra le perplessità verso il potere che si difende, figurarsi cosa posso pensare del potere che aggredisce. non dimentico che la retorica del potere aggredito è inevitabile [e comunque io continuo ad esser seduto al caldo, al comodo, al sicuro. molto di quel potere sta sotto le bombe]. la violenza dell'aggressore è qualcosa talmente lontana da qualsasi elemento di comprensione, che non trovo modo efficace per definirne lo schifo e l'abiezione che [mi] provoca.

e poi, comunque, ci sono le vittime. tutto non può prescindere da loro. per questo abbiamo già perso tutti. si tratterà di rendere meno inutile questa sconfita dell'umana gente. mica l'unica ovvio [afganistan, siria, yemen, ad esempio].

pensavo fosse semplice almeno il pattern di fondo. mi sembra già di aver intorciagliato i pensieri. poi uno dice: perché non scrivi su 'sta merda di guerra?

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