Monday, December 31, 2018

sulla cosa del post della fine dell'anno [la piccola psicopippa sul fatto si faccia a fine anno è nella parte precedente] /2 - pars construens

ennnnnnnnniente.
facciamo che il pipponcino della circolarità delle cose, il pattern, l'arrendersi vittoriosamente al fatto di farlo il trentunodicembre e non il ventisettemaggio lo diamo per fatto. sta placidamente nella pars destruens di questo post bi-partito.
e quindi passerei al dunque.
quindi la pars construens di questo anno così pari, nonché maggiorenne del terzo millennio.
siccome le cose vengono, e a volte si intorcigliano ad inventarsi divertenti paradossi, è una parte che fatico a scrivere così, di getto. come se venisse ispirato dal momento. neanche una settimana - forse - le dita tamburellanti sulla tastiera avrebbero faticato a star dietro ai pensieri.
perché di congiuntura in congiuntura è come se mi fossi spento di colpo, tipo quando va via la luce, szziuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu [tunck]. per rendere onomatopeico la sensazione.
e quindi la pars contruens è come se fosse da scrivere tipo una cosa scrittura creativa o, meglio ancora, meditata, invece che flusso di coscienza.
e però, un altro paradosso, è proprio questa consapevolezza che non sarà un flusso di coscienza, bensì afflato meditato, che è essa stessa pars construens.
anzi.
forse è la parte construens che ho costruito in quest'anno. 
e stigrandissssssssimicazzi [con semantica corretta, quella romana] se il post non verrà fuori scoppiettante, frizzante, dai caldi e luccicanti riflessi cangianti.
perché significa che - forse - ho capito la storia dell'assorbimento. che tutto quello di positivo, meritato, conquistato, ammonticchiato si fa struttura e nutrimento. e serve per irrobustire quella moderata soddisfazione di essere sul pezzo, centrato per quanto non ombelicale, conscio di come si timona la svolta. rasserenato con il coinquilino, che sarà pure una testa di minchia, ma gli si può voler bene ugualmente. che magari così sembra persino meno testa di minchia.
insomma, quelle cose lì che somigliano alle frasi d'effetto che si possono trovare nei libri del tipo ffffinchpositiv. solo che io mica le ho lette lì. credo di aver capito come scriversele dentro.
e fottesega se, in queste giornate infra festifere, è come se una bruna malinconica fosse scesa, rischiando di offuscare tutto questo. corcà non mi metta di buzzo buono ad annusare l'aria e percepire che sopra c'è il famoso cielo stellato, e dentro c'è la percezione che non son più tenuto assieme con lo sputo. anzi. c'è da lavorare ancora, occhei. ma in fondo siamo un po' sempre in cammino e il blog non ha dentro il gerundio di odissea? sarà mica un problema resti ancora da fare qualcosa, no?
si è un po' tutti in divenire, dall'anno che finisce perché ne viene uno nuovo, l'inverno che morde ma intanto già le giornate si stanno allungando. lo svolgersi del pattern, insomma.
e 'sta cosa me la sto conquistando un tocco per volta. momento dopo momento. anche quegli attimi brevi, volatili, pigolii luminosi che spesso è stato importante riconoscere quasi nel momento in cui avvenivano. e quando la latenza è minima è qualcosa di bello che ti esplode dentro.
dettagli che si recuperano con meno rimpianto, perché c'ero consapevolmente quando accadevano.
tipo l'augurio genetliaco che ha sciolto mesi di tensione con una persona importante. la strada rotolante sotto le ruote dell'auto di matreme con matreme oramai operata, e quando si è rimessa in piedi. le mail che solo qualche settimana prima non avrei mai pensato di scrivere, e poi smontano mesi e mesi e mesi di increspature relazionali là dentro. arrivare esausto ad un rifugio ed intuire come il rifugio, nel suo darti ristoro, sia il contrappasso positivo e memoria importante. la sensazione di rigettare l'incazzo e la delusione, ribaltandola nell'attenzione alle difficoltà dell'altro. la rasserenante capacità dell'amica monica e la sua [bella] famiglia di essere ospite e di accoglierti a cena. la cappella degli scrovegni e la pasta con le vongole per asciugarsi dall'acqua a catinelle. venezia che a tratti può essere struggente. il tramonto a miramare di trieste in t-shirt e ian letto col sole che si getta nel mare. l'amica laura nel viaggio di ritorno. alcuni calici alzati. così come alcune birre. quando per festeggiare la fine della convalescenza dell'amico emanuele, quando per ascoltare le difficoltà altrui, quando con persone che prendono il bicchiere con la tua stessa mano, quando per discutere animatamente, fin quasi allo scazzo, ma che poi si scioglie negli abbracci finali.
l'attimo che ho guardato oltre la tenda beduina in mezzo al deserto: intuendo fugacissimo ma intensissimo il magnetismo imprescindibile di quel luogo, e la cazzimma di quel popolo che resiste agli israeliani e che al deserto ci da del tu.
le persone nuove conosciute, o scoperte che è valso veramente la pena conoscere o scoprire: anche intuindone le loro pars destruens
e poi il lento fluire della consapevolezza: del ruolo che mi son conquistato là dentro, al netto che potrebbero cacciarmi dopodomani, che si può far pace col principio di realtà sapendo di poter bastarsi per un sacco di cose, che una fottia di intralci son bagatelle e che siamo a prescindere dalle bagatelle. il ghigno appena abbozzato, quasi complice, di odg, quando le ho spiegato cosa avevo capito del fatto mi fossi dimenticato una seduta.
e poi l'arminuta, irene némirovsky, i tre manifesti a ebbing missouri [per quanto si incroci con l'acme della pars destruens, fottesega], l'antigone in versione quasi comica, invito a teatro [anche perché va bene andarci anche da solo], alcune momenti di propaganda live [che ti senti meno solo nel bailamme dell'incazzo mainstream], la bellezza che salva il mondo che costa meno di un aperitivo, alcune foto sia guardate che scattate, alcuni post che ho letto e che avrei voluto scrivere io, e qualcuno che ho scritto io che mi è venuto discretamente, le stille di bene [nel senso più lato, laico, agnostico, razionale possibile] che ho intelletto nei modi più disparati, gli episodi che mi hanno commosso, quelli che mi hanno fatto ridere, quelli che mi hanno fatto riflettere, distillando la tintura madre del fatto che spesso, se le cose non vanno male, hai già scollinato. e che si può essere un neuroncino per un fottutissimo mondo che, domani, potrebbe mettersi meglio: quanto meno nel pezzo che ci sta attorno. non basta, ovvio, figurarsi se basta. potrebbero essere solo poche gocce d'acqua in un mare di mmmmmmerda [tipo battir patrimonio dell'unesco, nel mare magnum dello scandalo dei territori occupati]. ma se non ci fosse sarebbe comunque peggio. per questo ogni fottutissima goccia, è fottutamente importante.
tutto questo è construens.
ecco, anche per questo, vorrei continuare con 'sto pattern.
da solo, e se capita in compagnia, che sia intima o meno. 
tutto qui.
potrebbe non essere nemmeno tanto complicato.
ricordandosi, nel caso, di pensare ebbro e decidere sobrio.
ci vediamo al di là di quel piccolo traguardo volante, che si traguarda assieme.

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