Sunday, November 17, 2019

sull'implicazione delle isoglosse, in questo uichend un po' particolare

questo è un uichend un po' particolare. però sono un po' quei giorni in cui, passati questiduni, è come dare una bella mazzata al novembre. che vabbhé che pesa meno, occhei. però quando sarà finito è quel pochino meglio.
è anche il uichend di bookcity. che ormai è una specie di luogo di perdizione dell'anima, del desiderio e del bisogno. vagolo in maniera solitaria et rabdomantica. cerco spunti per suggestioni psicopipponiche. le propongono quelli che di mestiere fanno gli scrittori, o attraverso i libri trovano modo di raggranellare qualche spicciolo, oltre che la possibilità di confrontarsi con i lettori. compulsivi più o meno. io abbastanza più.
sono suggestioni succedanee a qualcosa di intenso che ormai non so desiderare o non so se davvero vorrei. [peraltro non trombo, indi qualche acme emotivo-intellettivo me lo scelgo per compensare]. confrontarmi in quei modi mi mostra la curvatura terrestre che si riesce a percepire, per arrivare ad intuire gli sconfini della mia ignoranza. questo però è sempre positivo. perché confrontarsi con quelli più bravi fa sgorgare una specie di tentativo di mimesi. ma nel senso che è l'esatto opposto dell'invidia o del disconoscimento [massssssì, quello in fondo è un pirla, capìss nagot]. che sono le direzioni che mica bisogna pigliare. inoltre mi ricordano che, qualche volta, qualche idea abborracciata ce l'avevo in testa. poi è appunto solo abborracciata. manca il tempo, la costanza, la formazione. probabilmente non manca la sensibilità, il terreno di coltura. cosicché, in qualche modo, l'idea c'è.
insomma.
spesso è facile che al termine di tutto questo arrivi ad essere financo quasi euforico.
non è così, questa sera.
credo anche perché è un uichend un po' particolare, appunto.
e forse è perché da stamani che ogni tanto penso a mio padre. che poi è anche la storia del uichend un po' particolare. e per cui, tutto sommato, me lo voglio vivere in maniera un po' intimista. per quanto andare a bookcity possa non sembrare così, in battuta.
e ci sto pensando anche alla luce della mancanza, anche se forse non me ne sono mai reso troppo conto, quando c'era. e che ha dovuto smettere di esserci, per capire come [mi] sia mancato. per certi versi. mentre per altri quanto lui sia stato più formativo di quel intuissi allora.
riconoscimento e lamentela. gratitudine ed incazzo. essere molto più figlio di mio padre di quanto abbia capito e accettato, prima. e quanto avrebbe potuto essermi più padre lui, durante. un po' mastincando amaro sia con me che con lui. che lo so non serve a nulla. ma mastico comunque. smettere di farlo sarebbe peggio della sensazione un po' così, che mi sento appiccata addosso in questo momento.
ed il tutto è partito con la storia delle isoglosse.
che il linguista primo relatore - l'autore del libro - ad un certo punto ha nominato nel suo intervento. intervento invero molto più scoppiettante di quello che è venuto dopo, la star mediatica, che fa da spalla al fatto si compri 'sto cazzo di libro, e poi si può far la fila per la firma. la star mediatica, a 'sto giro, impersonata da massimo cacciari. solo che cacciari, è tipo un diesel vecchia generazione di un mezzo con le marce ridotte e mozzi bloccati. forse è meno brillante, specie se viene dopo uno che ha una parlata ed un ritmo che mettono quasi allegria. quando però entra a régime aggrappa il ragionamento e pare lo domini, lo avviluppi, salendo le irte scoscesità delle sue tesi, e lo fa demolendo la sensazione di essere in salita. la sua erre arrotata ti dà quasi quella sensazione fisica.
insomma. quel ragionare di un'oretta sulle "sei lezioni di linguistica contro il razzismo" si sono distillate - tra l'altro - nell'idea, bellissima, che quando si scorgono alterità, differenze, peculiarità alternative, bisogna sempre metterle in comparazione, mai in gerarchia. perché nella comparazione della varietà è possibile individuare elementi che possano influenzare, e quindi arricchire in maniera vicendevole. se queste varietà sono impilate secondo una gerarchia, la mutua contaminazione - sono sempre più convinto, arricchente - ovvio non può esserci. e si dà il la a possibili effetti collaterali poco lieti.
il tema dell'incontro - a titillare il libro - era quello se esistano lingue migliori di altre [in passato han pure provato ad usare questo elemento per rimbalzare fino a pensare esistessero razze migliori di altre, illudendosi di esserci pure riusciti a dimostrarlo]. ma la questione si è allargata, ovvio, su questioni molto più ampie.
mentre andavo a pigliare il tramme, per raggiungere il luogo del secondo incontro che mi ero segnato di seguire, ho avuto questa specie di flash.
che quest'idea di fondo, la comparazione che è meglio della gerarchizzazione, in fondo non mi era così estranea. come se ce l'avessi nel manuale delle istruzioni che partono da lontano. molto lontano. roba che si acquisce mentre non si ha la benché minima intuizione stia accadendo. credo sian quelle cose che arrivano dai genitori, o chi genitore tuo diventa.
ed ho avuto la sensazione che l'imprinting di questa propensione a pensarla già così, che 'sta cosa arrivi da mio padre. che per ragioni variegate, forse pure per gli strumenti culturali che aveva, non è stato un gran comparatore. ma sicuramente un ontologico anti-gerarchizzante. ad occhio ho idea non avesse idea di esserlo. e non ostante fosse rimasto folgorato dall'esperienza della naja, e mettersi sull'attenti col cappello d'alpino, e 'ste cose qui. era piuttosto anarcoide, per quanto col volto pacioso perculasse ad insaputa di tutti, anche di lui medesimo, non lo fosse. con l'idea di non voler essere poi così conformizzato. anche se non l'avresti detto. tanto poi faceva quel pareva a lui, senza necessità di acclararlo.
credo di essergli debitore anche di questo. che la storia dell'anarcoidismo l'ho acclarata un po' di più. ma da lui credo di aver intuito la dritta per evitare di infilarsi in questo genere di processi mentali che, passettino dopo passettino, tende a mettere sempre e comunque qualcosa come migliore di altri.
sempre e comunque.
migliori e peggiori.
credo di aver assorbito da lui quest'automatismo a rejettare la pars destruens del ragionamento di cacciari. non è stata l'unica cosa, ovvio. e molto altro ho assorbito da matreme, ovvio. ma mi piace pensare che questo possa non essere solo merito mio.
sono cose che spuntano in maniera quasi foscoliana. e ci sta tutto.
[e se le facessi spuntare altresì io, per certi versi, stigrandisssssimicazzi. e comunque foscoliani rimarrebbero].
in questo uichend un po' particolare, che non smette di essere particolare non ostante tutto il tempo passato. che rimesta anche nel senso di quello che sono diventato, come e perché. e che provo a diventare [anche] come effetto di quello che è stato. che è stato anche prima di me, corredocromosomicamente e molto altro oltre.

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