Sunday, January 12, 2020

se son di umore così così non scrivo [semicit.]

quando sono dentro le buche profonde, scrivo. giaculando, spesso.
quando sono ben fuori le buche, scrivo. logorroico, spesso.
se facessi un rapporto tra le due tipologie ne verrebbe fuori un razionale impietoso. quasi offensivo per la razionalità. quella che mi arrogo di elevare quasi a dea [laica] al pari dell'esser scettico.
quando son di umore così così, in effetti, non scrivo molto.
poi.
potrebbe c'entrare la faccenda che sono ancora, di nuovo, stanchino. in effetti era un po' che non lo scrivevo. quindi c'è di mezzo questo filtro, un po' bias, un po' patina che trascolora, opacizzante.
quindi osservo il futuro anche prossimo, che mi si mostra con quel filo di ansia o di inquietudine. e taglio via, zzzzzzaccchete, le possibili implicazioni positive che i potenziali cambiamenti recano seco. come se proprio non esistessero. come se i possibili cambiamenti non fossero altro forieri di robe per incasinarmi [e peggiorare?] le cose.
sì, insomma, sono quel filo spaventatino.
non è propriamente l'approccio di uno che ha finito la psicoterapia. o forse sì. solo che il come gestire questa infilata che - razionamente - mi è chiarissima, un po' mi sfugge.
perché è piuttosto probabile che cambiamenti ce ne saranno. alcuni saranno perché ho messo io la freccia, virato il timone, spostato il baricentro da una parte. altri perché le cose succedono, fuori dal nostro controllo.
una cosa che poi mi succede in questi mentre, ohibò, è che torno a far un po' a cazzottelli con l'autostima. peraltro effetto collaterale nemmeno così originale. autostima che sento che è tipo il gruviera. e quindi ora è il momento del buco. una delle declinazioni più eteree, della fase del buco del gruviera, è quella che acccade quando scorro col ditino le notifiche che il signor feisbuch decide debba leggere, e mi sento un po' inadeguato. tutti così felici, precisi, selfizzanti, sicumeri, analisti impeccabili del divenire delle cose, prosatori puntuali che hanno colto il punto su più o meno tutto lo scibile, e puntuti è come se mettessero dei punti esclamativi in fondo ad ogni sentenza.
la reazione più serena dovrebbe essere: estigrandissssssssssssimicazzi.
e invece un po' abbozzo, mi piacerebbe darci dentro con mimetismi anche solo in parte altrettanto esaustivi. e invece nulla. non scrivo. pubblico foto, peraltro credo nemmeno così ovvie, o banali. ma nessuno le caca.
e quindi torno a leggere. e mentre leggo mi si accende una piccola lampadina. che forse fa un po' volpe ed uva. ma nell'altro po' invece magari ci prende.
e con il baluginio della lampadina si intravvede una cosa che è quasi ovvia. che se si discetta su qualcosa di scibile, ci pensa il principio di realtà a rendere chiaro e splendente la complessità delle cose scibilizzate. e la profondità che ne viene fuori, o fino a quanto in fondo si dovrebbe andare scibilando: troppo per un post sul feisbuch. e quindi lo scibilato di un post, giuocoforza, ne prende dentro solo un pezzo. che sarà pure scibilizzazione fatta bene, ma è solo un pezzo. e quindi si scibila bene abbastanza facile, magari sul tocco più consono, quello più prossimo alla parte scibilata che conviene far rilucere. il resto, anche per ragioni di spazio neh?, viene lasciato da parte.
quindi.
accettare la parzialità dello scibilamento?
oppure nessuna scibilitudine?
tanto non mi cacherebbero, indi la seconda. opzione che si sposa tipo formaggio con le pere col gruviera della mia autostimia: abbinata gourmet.
e nel dubbio, magari, chiedo al signor feisbuch di pubblicare solo foto di gattini.

poi, magari passerà pure il periodo, e si entrerà nella fase pasta di formaggio del gruviera.

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