Thursday, January 2, 2020

mica è solo una storia di tagliare degli alberi /1

io me li ricordo bene quegli alberi.
li potevo vedere di sguincio, affacciato sul balcone più alto abitato a milano. un ultimo piano. nell'ultima casa della prima permanenza. quando lascia milano e quell'appartamento ancora non sapevo se ci sarei tornato a viverci. quanto meno a milano. uscivo sul balcone e osservavo anche il dipartimento di elettronica e informazione, lì quasi sotto casa. era vergognosamente comodo arrivarci. ci andavo per enucleare i dati di una delle tesi più inutili siano mai state scritte in quel dipartimento, e forse in tutto il politecnico.
sotto quegli alberi ci abbiamo pure pranzato un sacco di volte, con le nostre personalissime schiscette. baldanzosi studenti più o meno prossimi alla laurea, ganassa che non eravamo altri, immaginandoci chissà quali lavori fichi, interessantissimi, oltre i futuri radiosi con stipendi da luminosi dirigenti di giada.
ovvio che me li ricordi bene, quegli alberi.
noi ci siamo laureati. sono successe un sacco di cose, variegatamente complicate. tecnicamente ci deve essere già qualcuno, ganassa pure lui ovvio, che quando ci pranzavo lì sotto forse nemmeno era nato. o era poco più che un frugoletto. e che ora ci pranza.
o meglio.
qualcuno che lì sotto ci pranzava.
stamani li hanno tagliati.
sono quelle cose che fanno incazzare.
questi signori politecnici hanno talmente la coscienza pulita che l'hanno fatto il duedigennaio, alle sette di mattina. camionette della polizia, agenti in tenuta antisommossa a tenere lontani chi avrebbe potuto contestare.
già. anche perché quel progetto per realizzare un nuovo dipartimento di chimica aveva messo insieme un gruppo composto e trasversale di persone: studenti, professori, abitanti della zona. si erano intavolati dei momenti di confronto, presentate richieste di modifica del progetto. era stata coinvolta anche l'amministrazione comunale, che si era resa disponibile a mediare. uno di quei casi di partecipazione, dal basso, dove si è cittadini, e si interloquisce con le istituzioni. magari anche aspramente, ma con l'idea di trovare una soluzione condivisa.
invece i signori politecnici hanno mandato le motoseghe e la polizia la mattina del duedigennaio.
ora tutto quel menarsela dei politecnici - che sono all'avanguardia, università eccellenza internazionale, formatori delle intelligenze che dovranno costruire, urbanizzare, realizzare con una nuova coscienza ambientale ed il nuovo paradigma che il consumo del suolo è la strada da non perseguire - mai come stamani sembrava chiacchiera et distintivo. roba che risuona come un ciocco di tronco vuoto e marcescente. e con l'arroganza del tanto decido io, voi non siete un cazzo.
michelino crosti, segugio di notizie locali della radio, è riuscito ad arrivare sul posto. a fatica ha superato lo schieramento degli opliti della pubblica sicurezza. era piuttosto incazzato pure lui, talmente tracotante si è rivelata la fazenda. l'ho ascoltato nei primissimi momenti del lavoro, con gente che già mi chiedeva cose, e cazzi e mazzi che senza soluzione di continuità tossicchiano come l'anno che è appena passato.
michelino dopo la sua cronaca, ha dato voce ad un'istanza del dissenso, evidentemente incazzato e deluso pure lui. accanto a sé un ragazzo del fridayforfuture, cui ha passato per un attimo il microfono.
e a quel punto è successa una cosa cosa strana.
la prima sensazione è stata quella di pensare: vabbhé, ma se fate parlare uno così, che sembra una macchietta, con quel tono un po' da quello che tiene il megafono in manifesta, cadenze quasi cantilenanti et sincopate, analisi sgrossata giù col falcetto con filo di lama che è un ricordo, mezza invettiva con qualsiasi potere costituito a prescindere, sarcasmo perculante non proprio di qualità. insomma - mi son detto - diamo il destro alla stuola di avversatori, favorevoli a qualsiasi cosa per conformismo facile. quelli che tipo il capitonex arringa sui soscial, con una evocazione ancor più sarcasticadelcazzo, che sembra innoqua* innocua. invece è quella che serve a dare il la al florilegio di odiatori da tastiera che lo osannano.
che dire. non propriamente un'ovazione intima a questo giovane indignato ai microfoni di michelino.
mica è da escludere fosse un percepire condizionato dai bias miei [a volte ci ho dei giramenti di bias che levati]. forse tutta 'sta gente che - mannaggia - pensano che possa risolvere cose anche al mattino, appena arrivato, mentre devo ancora capire da che parte osservare il sorgere del sole, che si stava così bene due giorni fa che eravamo così sparuti al nostro piano. forse l'incazzatura per l'atteggiamento subdolo dei signori politecnici. forse l'idea che il regazzetto è tra quelli che ci ha pranzato fino a ieri sotto quegli alberi. ora tocca a lui. e magari se la gode di più di quanto abbia avuto l'intelligenza di provare a godermela io, quando sotto quegli alberi ci pranzavo con la mia schiscetta.
insomma, tutto 'sto miscuglio qui.
poi però, a collegamento concluso, sono stato illuminato da un altro pensiero. mi sono immaginato quel regazzetto sotto un'altra prospettiva. ribaltandone la percezione. e mi è tornata in mente l'amica viburna...

*come scrissi all'amico luca, che mi sgamò l'errore più refuso dei soliti, devo smetterla di scrivere quando mi casca la palpebra...

No comments: