Friday, September 11, 2020

i sogni ricorrenti di settembre

l'altro giorno se n'è andata la mamma della vibù. lei la chiamava per nome. per trasposizione quando faceva riferimento alla mia, era la stessa cosa. a me 'sta cosa ha sempre fatto un effetto strano. non è stato un evento improvviso. mi aveva accennato che come effetto a latere di questi tempi strani, avevano scoperto fosse stata imboccata la china definitiva, rapida. in queste settimane spesso l'ho pensata, alla vibù dico, anche se ci sentiamo ormai assai poco. mi dicevo: devo sentire come sta la sua mamma, come sta lei e il papero. poi spesso mi censuravo, rispondendomi: come vuoi che stia, te l'ha detto qualche tempo fa come sta.

ovviamente non ho mai conosciuto la mamma della vibù, però me ne parlava. era comunque una presenza significativa, importante a suo modo. difficoltà di intrecci di affetto compresi. non dev'essere stato semplice, per nulla. specie per la fatica di questi ultimi tempi che sono inziiati parecchio tempo addietro.

ci ho pensato spesso.

ed ho pensato di chissà come e quanto capiterà a me. per quanto non so se riuscirò ad essere bravo come lei. o forse sì. chissà però come ne uscirò, nel caso. dando per scontato che più o meno succederà prima o poi. e sprando non accada il contrario. più che per me - beh, sì, dai, un po' anche per me - per far sì le sia risparmiato il dolore più grande possa capitare ad una persona, ad un genitore.

ho ancora molti amici, conoscenti, relazioni più o meno vaghe, che li hanno ancora entrambi, i genitori. ve ne sono invece alcuni che no. c'è chi anche lì ha già persi entrambi. con costoro sento un legame - comunque - particolare. come se percessi la vibrazione di quella corda finissima, che risuona nel luogo più intimo di ciascuno passato in mezzo a quell'esperienza. a chi è successo dopo di me, cui non ho imbarazzo a guardare negli occhi, per cui quella vibrazione è nuova, così ancora sconosciuta. a chi è successo prima, di cui l'imbarazzo a guardarlo negli occhi è scomparso, scoprendo quel suono che diventava noto.

quando conobbi la vibù quella mutua vibrazione risuonò. per quanto ci fosse accaduto con un bel po' di anni di distanza. lei, per una qualche chiamata di destino, aveva gestito quei tempi in un modo che la letteratura russa avrebbo saputo raccontare bene. me la raccontò i primi periodi in cui ci conoscemmo. quando a lei toccò passare attraverso quel passaggio da giovane, che dovette improvvisarsi adulta. ha rimosso la data di quel giorno, che mi si piantò invece facile nella testa. il giorno dell'appello del primo tentativo di fisica I. quando davvero non avevo ancora capito un cazzo di una fottia di cose, oltre ad essere sceso nella metropoli afosa non abbastanza pronto, anelando ad amori improbabili, struggendomene come un pirla. pensavo di star a pagare il giusto fio alllllammmmmore di cui alla fine avrei goduto per diritto divino acquisito, invece stavo buttando carbone nella caldaia delle mie nevrosi più destrutturanti.

mi è sovvenuto tutto questo, oggi, quando ho letto del sogno ricorrente che fa la vibù. che ha raccontato per salutare la sua mamma. mi è sovvenuto tutto questo, assieme al fatto che prima o poi potrebbe capitare a me. specie in questi tempi nuovi di passaggio, nel rapportarmi con matreme. anche se non so mica bene passaggio per dove. tempi in cui sto capendo [forse] qualcosa, complicandole così la vita. malinconico come quasi qualcosa non riesca ad evitare. non fosse per una dolorosa assertività mia. mi è sovvenuto quanto sia complicato e legante il legame affettivo. lo è stato per la vibù, a suo modo. lo è per me, nel mio. e mi è sovvenuto "film blu". il primo della trilogia di kieśloswki. e quella chiave di lettura che sentii suggerire, fuori dal cinema dove l'avevo appena visto, da una specie di radicalscìc un po' centrosocialotta di allora. di cui mi diede fastidio il tono da radicalscic un po' centrosocialotta. quando buttò lì l'idea di come il legame affettivo porti seco un paradosso. quello per cui la rescissione, dolorosa, può far sì che - tra le altre cose - possa dispiegarsi e prendere vento e aria la tua libertà. la libertà della solitudine o la solitudine della libertà.

io non so se o quanto la vibù oggi sia più o meno libera. sicuramente è più sola. ora saranno due le corde a suonarle dentro. poi ci sono persone, donne e uomini, che sono casse armoniche più vibranti di altre. da abbracciare forte.

 



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