Tuesday, September 7, 2021

post domenicale. solo che è martedì sera. le tante sfaccettature dell'ermi [oltre le mie giaculatorie]

domenica sono salito all'alpe colle. ad un incontro in ricordo della mille sfaccettature dell'ermi. in realtà sono stato indeciso fino all'ultimo se andarci. un po' il giro emotivo. un po' il timore di incrociare elementi disturbanti. un po' la sensazione ne sarei uscito turbato.

in effetti è stato così. il turbamento, dico.

volevo arrivarci camminando. un po' in ricordo dell'ermi, un po' in onore suo, un po' in nevrosi mia.

pensavo di impiegarci poco più di due ore, pausa panino inclusa. ce ne ho messe tre. non fermandomi mai. l'ultima ora ed un pezzo con un filo di inquietudine. non ne vedevo la fine. i muscoli cominciavano a dire: aiò, rallenta. la testa a fare quella che girava. ho cancellato dalla minuta della memoria il post che pensavo di scrivere, fino a quel momento, sulla prima parte di quella camminata.

poi, appunto, sono arrivato.

ero in ritardo. avevano già iniziato. io, da par mio, sudato fin nell'intimo, madido ovunque, stonatino.

cazzo. era veramente tanta roba quell'orso. molto più avessi intuito in tutti questi anni in cui mi son detto: magari provo a [ri]farmelo amico. o quella cosa che mi avrebbe concesso, o avrei vinto la timidezza di provare a chiedergli. ed invece uno si propone cose. e poi le cose vanno come cazzo vogliono loro. potrebbe essere un monito. non è che che 'sta cosa mi sia del tutto [ormai] misconosciuta. è che non è che mi stia adperando poi tanto, non ostante lo stia capendo sempre di più, nell'intimo dico.

era veramente tanta roba. sì. a partire dalla scrittura creativa. che forse dovrei prendere e [ri]leggere. che magari c'è molto che non colsi. pochi avverbi. un'essenzialità che, a ripensarlo ora, è come se non potesse essere che quella, la cifra del suo stile. la fisiognomica della forma della sua prosa. non ho tutto 'sto gran problema ad ammettere che provo una soggezione ex-post. come se mi venisse da chiedermi: ma che cazzo continuo a provarci, seppur nel cantuccio isolato e protetto e uterino di un blogghettino della minchia. quando in fondo uno che non avrebbe sfigurato come intellettuale, a livello nazionale, ce l'avevo qui dietro casa, e non ho mai provato a confrontarmici. lui che è riuscito in quel mescolare piani, come magari avrei voluto fare io: roba intuita da poco più che bimbo, ed invece lo incrociai solo allora. mai senza essermi liberato da una sensazione che - sottilmente - gli stessi pure sui coglioni.

era un orso, schivo, di poche e misurate parole. questo l'hanno ribadito in tanti. e di 'sta cosa ne ho una contezza quasi istintuale. era generoso ed altruista. anche questo lo hanno sottolineato in parecchi. non ne ho avuto modo di percepirlo. non c'è ragione per non credere loro, figurarsi. anzi. era fottuto orso cui era difficile non provare a voler bene. sempre te ne desse lui la possibilità. non credo fosse una questione di alterigia. ma di un imbarazzo degli occhi sfuggenti. forse mi sono fissato io. ma è lo sguardo che si intravvede in un sacco di foto del faber. fose sono fissato, appunto. non foss'altro che è stato lui [l'ermi] a farmelo conoscere [il fabero], incuriosendomi. come si può far incuriosire un ragazzino.

ne sono uscito un po' turbato, sì. perché ho avuto contezza della mia sbruffonantissima pochezza. nel non riuscire in quel viver con le parole. uno dei desideri tanto più reconditi quanto irrealizzati. forse non sono all'altezza. punto. al netto abbia fatto altro, con qualche capacità magari pur oltre la media. al lordo mi sia riuscito poco.

in fondo dovevo esser un pre-regazzino piuttosto sveglio, ad intuire che avrei dovuto imparare molto di più da lui. che c'era uno scintillio, che erano possibilità maieutiche da cui sussumere quella roba che sentivo risuonare, anche se non capivo bene neach'io so come [cit.]. invece orso lui, imbarazzato io, e magari pure antipatichino ai suoi occhi. ed è andata com'è andata.

rimane un qualcosa di irrealizzato. figurarsi per chi lo frequentava in altro modo, quanto possa mancare.

io me resto qui. orso intimidito. che me ne sono stato fuori, per tutto quell'incontro, dal picolo cortiletto. un po' per necessità, un po' per timore, un po' per difesa. tagliato fuori. tieffe. come mi disse una volta non ricordo esattamente per quale motivo. ci intuii un po' si perculasse e mi perculasse. con un understatement un po' tirato. 'ché avevo la sensazione, invece, lui avesse ben contezza di quanto valesse e di quanto fosse riuscito a fare. che poi si faccia fatica ad ammetterlo, anche questo, lo capisco bene. ah, se lo capisco bene.

in trentaduesimi la stessa contezza che ho io di me medesimo, adeso, ora. solo con l'evidenza quasi smaccata abbia buttato un po' a minchia possibilità e capacità: piccole o grandi fossero. ma con la picola aggravante di non averci provato. oltre al fatto abbia rimandato, rimandato, rimandato. era qui dietro casa. magari mi avrebbe gentilmente congedato. ed io ci sarei rimasto male. ma almeno ci avrei provato. avrei provato a dare una possibilità alle cose.

dare possibilità alle cose. appunto. [è che non è che mi ci stia adperando poi tanto].

comunque sono contento di essere riuscito a salire all'alpe colle. ed essere presente a quel ricordo: sentito, ragionato, colto, affettuoso. anche se proprio proprio, forse, qualche passaggio un filo retorico mi è rimbalzato nella percezione sottile. per quanto sia saccente e fuori luogo, non sono così sicuro che l'ermi lo avrebbe apprezzato. saccente e fuori luogo perché in fondo lo conoscevo - ahime - poco. alla fine è stato importante esserci. anche se lo sapevo sarebbe stato complicato. però non si può mica sempre fuggire. e rimane la possibilità di poterlo leggere. che poi è un modo di rimanere qui. in questo merletto di relazioni che è il vivere. 'sti fottuti che vivono con le parole, poi se ne vanno molto più lentamente. chiamali scemi.




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