Sunday, October 2, 2022

se lo sguardo guarda avanti

un paio di giorni fa stetti ad un concerto di un coro d'insieme. ne fui molto soddisfatto, anche solo a sedermi sulla panca della chiesa dove si tenne. perché mi uscii di casa per andarvici, non ostante la stanchezza, la pioggia che batteva il marciapiede. e non avessi prenotato. al limite torno a casa - dissi tra me e me - importante è provarci. fu una piccola conquista gratificante. d'altro canto ognuno ha le sue sfide, anche quelle più minuscole possono portarsi appresso particelle di garrulità.

poi è iniziato il concerto. ed è stato ancora più bello. e mi son riportato indietro, oltre la levità serena di quell'esserci stato ascoltando, tre-quattro suggestioni.

una è che quel coro, che già conoscevo, è toccato dalla grazia di averci dentro una specie di non linearità della qualità. perché [anche] come ascoltatore sono decisamente un puntacazzista. non sento gli odori. ma ho l'orecchio fino, molto. non ce l'ho assoluto [avessi potuto scegliere tra l'orecchio assoluto e una natura di dimensione importante non avrei avuto dubbi. d'altro canto non avendo potuto scegliere, non ho né l'uno né l'altra]. probabilmente i professionisti sopraffini ne capiscono più di me. però credo converranno che questi cantano davvero bene. ed è un'esperienza quasi uterino-immersiva ascoltarli [esattamente il contrario di quei convintissimi che ieri ce l'hanno messa tutta, alla locanda dell'amico carlo. musicisti così così, coro simile pop-gospel sguaiato e scoordinato, amplificazione mortificante. ne è uscita una cosa per me inascoltabile, quasi di intimo disagio. mentre lì intorno un sacco di gente accompagnava e partecipava estasiata. l'amico carlo impegnatissimo in cambusa a lavorare. me ne sono andato a metà del terzo brano. poi dice perché coltivo la mia solitudine, e tutto sommato vien su bene]. insomma, il coro. sono in tanti, è un coro molto nutrito. ed io faccio fatica a pensare che tutti siano davvero di un livello così sopraffino. però l'effetto complessivo è quello. come se, appunto, a mettersi insieme diventassero qualcosa che li trascende, oltre il valore della somma dei singoli. un'essenza armonica, contrappuntata, fluttuante e dinamica, che ogni volta è un'emozione ascoltare con quell'intensità.

un'altra è quella che mi è sovvenuta ascoltando un brano del programma. che non mi era nuovo. già sentito come nenia filastraocca. non so perché ma la associo a quello che cantava una cugina acquisita alla sua bimba, piccina. brasiliana, la cugina acquisita, come il direttore di quel coro, mancato due anni fa, prima ondata covid. quella canzone, nenia filastrocca, è di una dolcezza struggente. poi l'arrangiamento e la delicatezza dell'esecuzione hanno fatto il resto. e di colpo mi è sembrata come la trasposizione in musica del senso del ciclo delle stagioni, e del cerchio della vita - se già non fosse il titolo di una canzone mainstream. il senso di esserci nel volgere dell'avanzare di questa umanità. ciascuno di noi, lo starci su quest'orbo terracqueo. che da una parte siamo così concentrati sul nostro narcisistico ombelico. mentre ad allargare lo sguardo ci sarebbe la sensazione che mi ha avviluppato ascoltando quel brano. anche se ci sono tocchi di umanità che quel brano, probabile, non se lo sentono per un cazzo avviluppato addosso. nemmeno in potenza. ma magari ci farò un altro post. dove ci sarà anche il titolo di quella canzone.

un'altra ancora è che non ho pianto. cioè, quando hanno principiato Nkosi Sikelel' iAfrika, ho sentito il brivido passarmi lungo il corpo. un qualche centrimetro di pelle d'oca. ma tutto questo era previsto. quello che mi ha sorpreso è che non è sgorgato nulla dal condotto lagrimare. come in fondo mi sarei aspettato. e come sarebbe successo qualche mese fa. che in fondo è financo una bella cosa. però è come se fosse una reazione al fatto le cose ti investono, e ti travolgono. e la commozione, struggente, è il senso di essere nudo nel bel mezzo di una corrente fredissima, e i brividi sono paralizzanti. quindi belle le lagrime emozionevoli, ma sono l'epitome di un qualcosa che non protegge in modo adeguato. e va bene i condotti pieni e sgorganti. ma è il resto che è protetto troppo poco, e che ribalta, che forse va bene anche meno. meglio tutelarsi. che up&down emotivo continuo è faticosissimo. e non aiuta. quindi quasi meglio niente lagrime. credo sia l'effetto della sertralina. e non capisco dove inizi il cinisimo pragmatico funzionale acquisito - ed autoprotettivo - e dove finisca la debosciatezza umorale, che andava di moto di tipo browniano, che poi hai bisogno degli stabilizzatori. ma è giusto una domanda leziosa. e non cerco la risposta. va bene così. e mi godo il momento. ed il resto del programma del concerto.

e poi c'è quella che, in fondo, ha ispirato il post. che al solito è già più lungo di quello che avrei voluto. è che ad un certo punto mi sono accorto della fanciulla - piccolo eufemismo - della fila avanti la mia. biondina, arcata dentale superiore pronunciata - che mi piace da morire - e con un sorriso che sembrava quasi ontolgico. non era sola. alla sua sinistra vi era il suo compagno. ad un certo punto ha allargato il braccio, per cingergli la spalla ed accarezzargli la guancia, con una levità che levati. sarà stato il momento, sarà stato l'emozione di quelle esecuzioni e la bravura di quel coro. ad un certo punto, momenti dopo, ho notato che lui ha adoperato la stessa tenerezza a lei. ho pensato che avrei voluto qualcuno lì accanto, a condivedere quell'emozione. ma poi va bene anche fruirlo da solo. davvero. ecco. non so per quale motivo - totalmente irrazionale - mi è partito il cinema che costoro fossero una coppia da non troppo. come avviluppati dall'endorfina dei primi mesi. bellissima quell'endorfina. poi lui si è girato verso di me. e mi sono accorto che sarei io tra settottonove anni. e mi è sembrata una cosa normale, serena, facilissima, naturale, quasi ovvia, iniziare cominciare una relazione a quell'età. come se non ci fosse, per forza, un limite oltre il quale appendere le scarpe al chiodo - figurativamente, ovvio. non so, magari questi stanno assieme tra millemiGlioni di anni e sono - fortuna loro - ancora innamorati l'uno dell'altra. adusi a scambiarsi quelle tenerezze lievi mentre un coro d'insieme avviluppa d'emozioni gli astanti. o forse è comunque proprio così. che non c'è un limite perché succedano quelle cose. se si è pronti, se si ha la predisposizione ad accogliere l'altro, o l'altra. se non ci si chiude al giungere di qualcuno o qualcuna dentro la tua vita. anche se è più fottutamente complicato, almeno per me. ma che sia complicato non significa non sia possibile. che io sia complicato non significa il tutto sia necessariamente ostativo. è solo un po' più complesso, ma mica impossibile. e so quanto e cosa possa offrire e donare.

ma soprattutto lo sguardo di quel me tra settottonove anni guardava avanti, con la consapevolezza che si viva adesso, oggi. estigrandissssssimicazzi tutte le storture, inciampi, casini, inadeguatezze, incompleteze, errori, perplessità, mancanze, sfighe, timidezze, zerbinismi, minchiate, dolori, delusioni. duedipicche, succubismi, indecisioni, disillusioni, lagrime, lancinamenti, ingenuità, fallimenti del passato. quelli sono, appunto, passati. ci hanno riempito di bozzi, lividi, ecchimosi, occhei. ma la peculiarità di quest'età è che vanno bene anche questi. vent'anni fa sarebbe stato diverso, si ardiva per la pelle liscia, le tette sode, e che tutto dovesse andare magnificamente. ma ormai vent'anni fa è roba vecchia di quattro lustri. anche se eravamo giovani. oggi, l'allora di ieri, è vecchio. e anche basta le cose vetuste, financo se ci hanno segnato. perché è ora che stiamo surfando nel divenire dell'esistere. è ora che succedono cose. anche una carezza durante un concerto. prima eravamo felici e non lo sapevamo. bene. ormai il prima è andato ed ora stiamo nel dopo. quindi proviamo a ricostruire altra felicità, quanto si riesce e quanto la fantasia suggerisce, ora. adesso. che è il momento che precede il domani. che poi sarebbe la direzione dove è più scaltro rivolgere attenzione lo sguardo, le energie, lo sbattersi. per il semplice fatto si va da quella parte. non è più nemmeno una questione che può piacere o meno. succede. semplice.

come si risolve un accordo che va alla tonica, per chiudere un brano. è una specie di obbligo armonico. ed insieme è la cosa serenamente più naturale accada. e siamo fattti per l'armonia più semplice. adesso. sguardo verso cui fluisce mica solo la musica.


[img. il requiem, il brano centrale del concerto. non lo conoscevo. non avrei mai immagino che un'opera del genere potesse essere così delicata, lieve, nella sua bellezza]


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