Monday, February 6, 2023

ienismi e gli effetti del relazionarsi

lo so che 'sta notiziadellaminchia è vecchissima. e son accadute cose decisamente più pregnanti. però i post li inizio. e poi li lascio lì. che ciòdafffare. e poi mi perdo via manco una donna che non le è consentito di girare le mappe secondo la strada.

e quindi, parecchie avvenimenti fa, il meeiinnstriiim un po' cacareccio ha di cui dissertare sul fatto che la ecs-iena giarrusso dino [dino, come pare sia anche il nome del figlio] voglia entrare nel piddddì, però quello di bonaccini. che il fatto si parli della ecs-iena giarrusso, per brevità da qui in avanti solo la ecs-iena, già racconta molto. non foss'altro per il null'altro contributo che il nostro ha saputo dare al paese stivalone-italico. ho sempre avuto la percezione che la ecs-iena si portasse appresso un ego piuttosto ingombrante [che se la storia del figlio onomio se fosse vera: peddddire], cosa per cui ho questo immarcescibile bias. vero: non ci ho mai preso una birra, quindi potrei sbagliarmi. quand'anche fosse, comunque, non credo ci sia una-ragione-una per cui possa si possa intuire valga la pena votarlo nel caso in quella cosa cosa del pidddddì. dicono che vuol salire sul carro del vincitore del pidddddì. per quanto vincitore e pidddddì nella stessa frase, ultimamente, è ardimentosa anche solo pensarla. e comunque non sono organico al piddddì [e per certi versi è un sollievo] né tanto meno alla ecs-iena [ed per qualunque verso è un sollievo]: quindi stigrandissssssimicazzi che la ecs-iena voglia entrare nel piddddì, però quello di bonaccini. saranno pure affari loro. per quanto lo zeitgeist del pidddddì è già complicatino di suo, che devono anche vedersela con il fatto debbano vedersela con la ecs-iena. tipo mainagioia.

però la storia della ecs-iena che vuole entrare nel pidddì, al netto sia quello di bonaccini, mi ha spritzettato un paio di considerazioni. tipo quelle che verrebbero bene davanti ad uno spritz [io campari, grazie]. a parte la numero zero, che sfrutta le delicate nuance che i francesismi sanno evocare: il talento di chi non si fa problemi ad aver la faccia come il culo. ma ci sarebbe anche il resto. che con la ecs-iena nulla hanno a che vedere. perché interessa il relazionarsi di tutte e tutti con tutti e tutte.

e che cioè si sia talmente presi dal proprio ombelico da dimenticarsi gli effetti del relazionarsi sugli altri. e che è grande conquista prenderne contezza e non far finta di nulla.

provo a spiegarmi.

ad ogni azione ed ogni presa di posizione sono legate delle responsabilità di chi le fa. anche le più minchiominute, inerti, totalmente tralasciabili. poi ci sono le volte che le azioni o le prese di posizione sono in contrapposizione - pragmatica o dialettica - nei confronti di qualcun'altra o qualcun altro. ed una di quelle responsabilità sono gli effetti quella contrapposizione produce: piccola o grande sia. specie quando è esalata con variegato sgarbo o quando impatta con uno sbbbbbam pù o meno nel profondo l'altro. per quanto sia uno sbbbbbamm figurato, ovvio.

ecco. io ho l'impressione che di questa cosa tendiamo, mediamente, sempre più a battercene. mica sui massimi sistemi, roba di cui discettano filosofi, intellettuali, sapienti. no. no. nella quotidiana e nebulizzante normalità del raffrontarci col prossimo più prossimo. non so se questo battersene stia auentando o è l'ennesimo bias che sta prendendo corpo meco. però, per quel che mi riguarda, sta diventando un elemento di discrimine, personalissimo, di chi può aver senso tenere in una qualche considerazione e a chi dire ciaociao, senza troppo sbadta. poi ovvio che la mia rete intimosociale sia diradata, tipo gli eventi quantici nello spazio profondo, ma tant'è. anche in considerazione del fatto declini con certa ineluttabilità la massima: perdonare molto, vendicarsi poco, dimenticare mai.

e non è questione del mio ombelico. quindi non è solo rimostranza verso coloro che non tengono in cosiderazione il mio ombelico. ma proprio quelli che pensano che ce l'abbiano solo loro, l'ombelico. e fottesega del resto dell'umanità.

per non dire di chi, proprioproprio quando si concedono all'idea di essere inseriti in una complessità sociale, il mantra è: eh, ma io son fatto così. oppure: non volevo provocar nocumento, basta non averci messo l'intenzione. financo: eh, ma se te la sei presa son problemi tuoi.

così che nel relazionarsi [spigolosamente interlocutorio] si prescinda dal fatto si provochino effetti nell'altro. ed il fatto avvenga più o meno intenzionalmente manlevi dalle proprie responsabilità. responsabilità, appunto. tipo se io mi giro di colpo e inavvertitamente do una gomitata sul viso di una persona, mica avrò fatto apposta, no? sì. però il livido che rimane mica non mi tange, non posso ignorarlo, che tanto il dolore è sulla faccia dell'altro.

tenere in considerazione gli effetti che nel relazionarci generiamo. ed il fatto che l'effetto non passa quando lo decidiamo noi. magari perché nel frattempo ci è passato l'incazzo che ha provocato il tutto. che magari l'altro ha già risolto ed ovviato lui. ma sarà pur sempre nostra responsabilità - appunto - né darlo per scontato né darlo per irrilevante.

e poiché, per fortuna, ogni tanto è cosa buona et giusta financo perdonare, come recita anche la massima, c'è la questione di come ci si re-interrelaziona. che poi è il congiungersi finale con il meiiiinstrimm sulla ecs-iena. prima chieda scusa. ecco. chiedere scusa. che col cazzo è segno di debolezza. è segno di grande consapevolezza matura del sé, un altro bel modo per dimostrare la propria onestà intellettuale. se poi non si ha questa necessità è un altro discorso, ovvio. 

questo vale per tutti gli ombelicali che hanno sbertucciato il loro prossimo. quindi tutte e tutti.

e tornando a bomba al mio di ombelico [un po' spigolato] ci son ben in sospeso una qualche situazione in cui attendo scuse. o meglio: come ne intenda la declinazione. che di capi cosparsi di cenere so mica che farmene, e nemmeno mi interessa. ma il chiedere scusa è innanzitutto riconoscere degli effetti che si è provocato. più o meno consapevolmente, ma che ci sono. e poi non è nemmeno il mio di ombelico, ma il riconoscere l'empatia dell'ombelico altrui. cosa che, personalissimamente e di nuovo, sta diventando un elemento cogente di scrematura: dentro o fuori.

che poi so benissimo che il discorso duale potrebbe ben esser fatto passando dalla parte del complemento oggetto di cenere cospandovisi. e magari il soggetto del caso può essere meno tranchant di me medesimo. quello di cui di certo non son dimentico è, appunto, l'altro. so di aver deluso e che alcuni atteggiamenti, mancanze e cose così non passeranno mica inosservati. poi c'è la mia orsitudine, occhei. non è per giustifica, figurarsi. e poi c'è anche il fatto che le cose tossiche bisogna espuntarle. ma non è più nemmeno tanto questo il punto.

la ecs-iena, immagino, sia millemilachilometri lontano dalla consapevolezza che i suoi strali politici non erano rivolti al nulla cosmico. o se ne batta. comprensibilmente una comunità si è sentita giudicata [male]. ed in maniera piuttosto strumentale e solo per speculazione iraconda politica, strumentale. quindi, ragionando su cose che poco mi confanno, che contributo può dare uno che ignori gli effetti sugli altri. qualsiasi siano gli altri, financo la comunità del pidddddì. la comunità di un partito che dovrebbe avere come idea cogente il del considerare l'altro, in termini di istanze e le disuguaglianze che ammantano i molti prossimi. dovrebbe, occhei.

ma molto giù nel piccolo e nebulizzato mondo di ciascuno il discorso mica dovrebbe cambiare. siamo tutti interconnessi. sarebbe ben utile non dimenticarsene giammai. se gli assoni, dei neuroncini che siamo, diventano oltremodo urticanti so cazzi. e possono allentarsi, più o meno per sempre. ed è una morte [figuraticamente-neuronale] un po' peggiore.

No comments: