Friday, January 27, 2023

il dovere della memoria

liliana Segre ha commentato con amarezza, al beppe sindaco, che fra qualche anno della shoah non si parlerà più, al più una riga in un libro.

dibattito serrato il giorno dopo col bacchetta, in radio. nel mentre ascoltavo il resoconto meta-verbale, di come l'aveva percepito il luca parena - che può essere si farà strada quel giovine. un po' sfighinz, come appariscenza, ma col moto di simpatia per similitudine, quando lo vidi in piazza.

ecco. il luca parena era in sala alessi, il giorno di quelle dichiarazioni di liliana Segre. ed ha raccontato di quel suo viso rilassato, con quella specie di sorriso che però non racconta gioia. anche il luca parena non è riuscito a capire fino in fondo il senso, l'eventuale disperazione, la consolidata amarezza di quella dichiarazione.

ho pensato: forse lo dice perché è liliana Segre. oltre che: mannaggia se lo pensa davvero liliana Segre.

perché, che saccentello che sono, ho provato ad intuire da lontanissimo, cosa deve passare nella testa di una come liliana Segre. a lei e tutti quelli che come lei sono tornati e sono ancora con noi, presa diretta di quell'abominio. e presa diretta dopo tutto quel tempo, in questo tempo. che poi in italia significa al governo gli eredi, mutatis mutandis [tanto? poco?] di quelli che furono complici di quell'abominio. che ora tutti a dichiarare anche loro fu abominio, con dei distinguo e non detti pelosi e urticanti. e comunquee alcuni hanno il fio di doverlo anche dimostrare, qualsiasi cosa significhi. così il tentativo di intuizione lontanissima e saccentella: cosa debba rappresentare ricordare, farsi memoria. quanto possa essere lancinante e nel frattempo fondamentale. e farlo alla loro età. quindi, per quanto mi spiazzi, in fondo provo a non essere così stupito delle parole di liliana Segre: la gente è stufa di sentire parlare di shoah, e rimarrà forse una riga nei libri. una disperazione che forse è l'eco che riverbera da quei giorni. non ostante è proprio grazie a liliana Segre che centinaia di migliaia, milioni di persone sanno di più di quell'abominio [cit. michele serra]. forse è il senso di quello che liliana Segre e gli altri hanno vissuto, talmente abominevole che, non ostante tutto, alla fine è quel buio nel centro della storia dell'uomo contemporaneo che ottunde. come lo zero in una moltiplicazione. come il contatto che crea il cortocircuito. il contraltare del talmud che vuole che chi salva una vita salva il mondo intero - che abbiamo imparato nella lista di schindler. la sua dualità: per il fatto di averlo pensato ed attuato quell'abominio è perché il mondo è condannato.

oppure, in modo molto meno saccentello, è che se lo pensa davvero liliana Segre c'è davvero da preoccuparsi. non fosse per il fatto che alcune cose riesca a percepirle, molto probabilmente, molto meglio di moltissimi altri. come una specie di riverbazione anticausale. vibrazioni, beeedvaibrescion, che arriveranno, e già lei e quelli come lei, già le sentono. non è escluso possa aver contribuito anche la scorta cui è stata costretta. l'esposizione per la popolarità su istanze che turbano così tanto da scatenare - anche - i peggiori riflessi che ci si porta dentro, per le paure e le difficoltà che non si sanno gestire inconsciamente. il proluvio vomitevole che le è arrivato addosso. anche la retorica benaltrista della grande colpa di non spendere parole sulla causa palestinese. [parentesi. è irritante e vergognoso cosa succede lì. la sopraffazione dello stato di israele nei territori occupati. ma una vergogna oggi non può incrociare il contronto l'abominio di allora. quand'anche dovessi provare reprevovole i silenzi di liliana Segre. ed il mio moto di coinvolgimento verso il senso della memoria è lo stesso che alimenta lo sdegno per quello che accade laggiù. capisco che molte persone non resistano ad evitare di mescolare le due cose, indignati da quello che accade oggi. d'altro canto il presente è più capace di suggestionare il senso di un passato. lo capisco sia complicato tenerle separate. io ci provo e voglio riuscirci].

in definitiva che quelle parole possano effere l'effetto di combinazione lineare di quei aspetti. i fatti smentiranno o confermeranno quello che liliana Segre ha preconizzato. succederà quando lei, e probabilmente anche noi, i quattro-cinque tra chi si scrive e chi si fruisce qui, non ci saremo più.

quindi non è roba all'ordine del giorno.

perché all'ordine del giorno c'è l'impegno ad essere noi l'eco di liliana Segre e tutti coloro che subirono quell'abominio: ebrei, rom, omosessuali, testimoni di geova, prigionieri politici, ex-emigrati antinazisti, disabili, malati di mente.

perché c'è il dovere della memoria. che è tanto semplice quanto necessaria. perché ce l'hanno raccontato chi è tornato [e forse non ci soffermiamo abbastanza a quanto cazzo debba essere faticoso quel raccontare. perché è come riviverlo, ogni volta], per dare memoria a chi non c'è riuscito. se penso al mio ombelico ed alla mia bolla fatico a concepire che lo dimenticheremo. da qui un primo spiazzamento a leggere le parole di liliana Segre: ma come liliana? come potremo mai averVi a noia. il mio ombelico ed io a leggere primo levi quasi quarant'anni fa. con matreme che mi disse una volta visto quel libro regalatomi: è un dono importante. dono in principio poco apprezzato - in quanto libro - ma poi letto e riletto. il mio ombelico ed io, la mia bolla con variegate attenzioni a quell'abominio. ma non certo dimentichi. che guardare appena il proprio naso, aiuta. ma ugualmente gente consapevole ve n'è. e suppongo tanta. anche grazie a quello che è stato e ha fatto [anche] liliana Segre. dare un altro senso a quel senso di colpa di cui parlano molti sopravvisuti: il senso di colpa di essere tornati.

certo. non mancherà la gente annoiata e stufa. per mille ragioni: che voglio evitare di giudicare. e per milleuno ragioni liliana Segre ha tutto il diritto di adontarsene. e forse anche magnificare la sua disperanza. che ogni alzata di spalle è un'offesa, più o meno consapevole, a ciascuna stilla di Umanità ha subito quell'abominio. talmente grande che non riuciremo mai a coglierlo e comprenderlo.

però è stato. e se è stato è perché ne siamo [stati] capaci. e se ne siamo [stati] capaci il titillo del dubbio possa ripetersi non ci deve abbandonare. è il portato del dovere della memoria.

memoria che non si fa da sola. vero. che magari il mio ombelico e la mia bolla sono più memoranti di molti altri. ma non è questo il punto. è che si è un baluardo, verso un dimenticarsi che non dovrà essere mai. e declinando l'altra suggestione di michele serra: importante è che ci sia, comunque tanti o pochi. la memoria la si fa assieme, vero. non fosse altro per essere una comunità che si fa carico - un gioghetto che siamo ben in grando di portarci appresso - di quel dovere, che diventa necessità etica. e per assurdo ne basterà uno solo. è come quell'uno in una sommatoria di zeri. come il baluginio in uno spazio di buio. come la voce che esclama in un campo deserto: sono memoria di quello che è stato e di coloro che lo subirono.

si chiama giornata della memoria, perché imparare a coltivarla è necessità preziosa. perché la si corrobori. per guardare e guardarci in faccia su ciò siamo [stati] capaci di immaginare e di attuare. non abbassare lo sguardo o volgerlo altrove: averne consapevolezza è la condizione per non ripeterlo. farne memoria è baluardo. e poi essere anche noi memoria, l'eco di tutti coloro che passarono in quel gorgo. è portarli un po' più avanti nella storia. finché ce ne ricorderemo è come se vivessero nei nostri pensieri, nelle nostre emozionie: quindi nel mondo. non so se sia come salvarli, come recita il talmud. è però un abbraccio, per quanto simbolico e molto ex-post. non dimenticateci. in questo momento in italia sono rimasti in trenta, testimoni diretti di tutti gli alti. il più anziano ha centodue anni. non rimarranno ancora per molto. è cosa buona et giusta l'esercizio di portarli con noi [da donne e uomini di buona volontà]. è come ci stessimo allenando per quel momento: quando quella causa sarà solo nostra, avanti senza più nessuno di loro. glielo dobbiamo.

portare nella memoria è come se quel tocco di Umanità non fosse stata inghiottita, definitivamente o meno, solo per dare sostanza all'abominio. per portarli nella memoria ne bastano pochi, perché conquistino un pezzo di eternità, nell'immanente del dove e quando noi stiamo. se siamo in molti è financo meglio.

ricordiamocelo. si sia memoria.

 



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