Sunday, February 25, 2024

dolori[smi]

abbracciare il dolore altrui è come aggrapparsi assieme, per sostenerlo in due. almeno per qualche attimo. è una piccola immersione, roba rapida neh? nulla di eroico, nel lacero dell'anima dell'altro. il dolore altrui serve a rimettere in prospettiva il proprio, relativizzarlo. ricordarsi che c'è sofferenza, variegatissima, oltre quello del nostro ombelico.

e in questo periodo sembra facilissimo trovare gente da abbracciare. come la sensazione vi sia un proliferare mai percepito prima. che magari è - appunto - una questione di percezione, perché l'ambito di personalissima risonanza è [solo?] quello. e quindi tanto, troppo, sembra riverberare attorno al cantuccio di anime che si lacerano. e mi riesca di ascoltare solo quelle eco.

ciascuna con la sua, piccola e grande. difficoltà a trovare degli squarci di luce oltre la nuvolaglia tenebrosa. lutti di genitori che vanno avanti. caducità di salute che spengono gli ultimi sorrisi. bandoli della matassa che ormai non si trovano più, oppure la matassa è sbrindellata, ed il resto che si ingarbuglia in un caos senza più sorriso, speranza, lucidità. occhietti vispi, ma con una luce triste dentro. fatiche, nelle più variegate declinazioni: dipanano dal coniugare, ognuno a suo modo, il senso di mettere a terra ogni giorno che dio manda in Terra [che poi sia dio, il cielo, il caso, il nulla: chi lo sa]. coniugazioni che son difficoltose.

il primo ribadire l'ovvio è che non c'è solo questo, e ci mancherebbe. è come se lasciassi fuori dal perimetro percettivo quasi tutto il resto.

il secondo ribadire l'ovvio è che siamo in situazione antipodale rispetto alla minchiata del mal comune e del mezzo gaudio. antipodali ad una minchiata non significa cosa intelligente. ma essere agli antipodi di una minchiata: è starsene già a buon punto. non basta, ma aiuta.

il terzo ribadire l'ovvio è il disclaimer che andrebbe messo in capo ad ogni post para-meta-simil-giaculatorio. c'è qualche miliardata di umanità che avrebbe tutte le sacrosante ragioni di mandarci a fare intouuuucuuuulo. e a noi non rimarrebbe che rispondere: eh, ci hai ragione!

mentre noi ci si arrovella nei nostri piccoli, imprescindibili, particolarissimi dolori. quando non si pensa di essere autorizzati a presentare il conto a quelli che, magari, passano vicino di lì. poco importa se quello che passa vicino di lì c'entri qualcosa, oppure nulla: qualcuno, 'stocazzodi conto, lo dovrà pur pagare, no?

abbracciare il dolore altrui è come aggrapparsi assieme, per sostenerlo in due.

se poi guardo il mio, di ombelico, mi accorgo che sto fuggendo gli abbracci che - in linea teorica - potrebbero arrivare dagli altri. che li fugga non significa che ce ne siano 'sta gran profusione, neh? per quanto qualcuno c'è, è lì. sì che c'è.

e poi ci sarebbe quella cosa che non se sia esattamente un dolore. o una specie di allarme tipo sala operativa dei pompieri che suona: nieeeec, nieeeec, nieeeec. è che quando sento, leggo, ascolto di gente che è andata avanti, c'è quel mezzo pensiero. sgorga prima che me renda del tutto conto, e che poi riesco a ricacciare indietro. ma intanto l'ho pensato. di quella gente che è andata avanti penso: almeno ha smesso di fare fatica.

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