no. non è cambiato nulla rispetto lo scorso anno. e quello prima ancora, con quello precedemte. e così via, andando indietro a quando il senso del giorno della Memoria mi si è installato dentro.
certo. è più articolato da quando sono stato laggiù. che a vedere alcune cose, per quanto note, l'arroganza e la violenza di israele nei territori occupati. elemento disturbante che può rischiare di distrarre. e portare fuori strada. terra per nulla santa. palestina strozzata da israele.
certo. è più lancinante dopo il setteottobre, ed il pogrom disumano, con la risposta del governo di israele: spropositata, criminale, vergognosa, con azioni genocidiarie.
quest'anno poi vi è lo iato, lo sfilarsi, la polemica delle comunità ebraiche italiane. il via l'ha dato quella di milano. quella che si riferisce alla cisgiordania come giudea e samaria [credits michele serra]. quella il cui presidente è così amico del presidente del senato, che è lo stesso che teneva [e forse terrebbe ancora] i busti del duce sul mobile, fiero. che ti chiedi cosa non torni. con le consecutio che si sono ribaltate, intorcigliate, generando un nodo a strozzo. da lì per principi di coerenza non si passa.
le comunità ebraiche contro anpi troppo politicizzata, che ha osato l'inosabile: usare il termine genocidio. e quindi, per diretta conseguenza anpi antisemita. non è un mondo al contrario. è una realtà capovolta.
confesso che il tirarsi fuori delle comunità ebraiche, al primo rintocco emotivo, mi ha turbato.
dopodiché ho pensato che non serve. e che dalla dinamica dicotomica, respingente, ci si può sottrarre.
perché la Memoria trascende anche dai vertici delle comunità ebraiche italiane. il giorno della Memoria è più importante delle prese di posizione così simili a quelle di un governo fascio-religioso come quello di israele. certo che le comunità ebraiche sono importantissime. ma non sono indispensabili. è più importante la Memoria.
perché il giorno della Memoria è un inchino ed un monito.
un inchino a tutte e tutti coloro attraversarono quell'indicibile. ebrei, rom e sinti, omosessuali, portatori d'handicap, dissidenti politici. tutte e tutti. è l'inchino, che l'Umanità, tutte e tutti, si deve fare verso coloro cui l'umanità è stata annullata. scientemente, sistematicamente, programmaticamente. per questo è indicibile, ed il termine genocidio è l'ancora semantica per tutto questo. ma forse è financo riduttivo. servirebbe qualcosa per nominare esattamente quel indicibile. e chi ha attraversato l'indicibile è qualcosa di diverso, è umanità che ha diritto ad un posto di rilevanza nella storia, dove nessun altro può stare. e quel diritto trascende le azioni, anche le più aberranti, dei loro discendenti. e non solo per un'evidente causalità, che va solo in una direzione. anche quella in cui i discendenti compiono azioni terribili e disumane. da avversare, criticare, stigmatizzare, condannare per il fatto siano azioni disumane, non perché a farle siano degli ebrei. il fatto siano i discendenti della parte fondamentale di quel pezzo di umanità rende tutto più lancinante. ma quella parte fondamentale di quell'umanità rimane tale. [a volte sembra ridicolo ribadire l'ovvio].
[ecco perché l'accusa di antisemitismo non ha proprio ragione d'essere.]
un monito a tutte e tutti noi. perché se l'abbiamo fatto una volta, è perché siamo in grado di pensarlo, pianificarlo, realizzarlo. e se è nelle nostre corde, per quanto più aberranti e ignominiose possiamo farlo ancora. per questo dobbiamo vigilare e ricordarcelo, farne Memoria. ci portiamo dentro quel lato oscuro. saperlo, averne contezza fino giù nel profondo, è il primo passo, fondamentale, per provare a far sì non accada di nuovo. senza nasconderci nel comodo, autoassolutorio: io non non agirei mai per l'indicibile. troppo facile così, neh? l'indicibile è stato possibile grazie all'indifferenza dei più. non solo chi obbediva a degli ordini. anche a causa di coloro che girarono la testa dall'altra parte. il monito alla paciosa pancia della gaussiana di noi altri. tutte brave persone, così facili a scivolar nel meandro oscuro di chi non ha voluto guardare. indifferente.
non è un caso che indifferenza è la parola che Liliana Segre ha voluto risuonasse assordante all'ingresso del memoriale della shoah.
il giorno della Memoria mi si è installato dentro. per questo non sono antisemita. per questo mi inchino a quella parte di umanità che ha attraversato l'indicibile. per questo non mi adeguerò, mai, all'indifferenza. lo so.
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