Tuesday, December 31, 2019

sulla storia del solito post che a fine anno divido in due, e questa è la parte construens

uh, dunque.
la parte construens.
in senso minimalista la potrei chiudere con l'estrema sintesi della prima parte del post che di solito butto giù a fine anno. la parte destruens, dico.
perché non ho davvero un cazzo di cui lamentarmi.
e forse il distillato di quello che regala l'esperienza di quando si comincia ad invecchiare è tutto qui: le cose vanno bene quando non vanno male.
sembra un approccio mimino. forse che uno smette di guardare a qualcosa che butti al meglio. o forse è il semplice punto di partenza. da lì è tutta discesa, con davanti anche delle praterie. forse non è così nemmeno semplice discernere. dove finisce lo scampato inciampettio di buchette. e dove iniziano quelle briciole da seguire per giungere a sentirsi se non felici, almeno serenamente garruli. come osservare quei disegni che ingannano, perculandole, le interpretazioni di quel che giunge dal nervo ottico. quell'immagine è il volto di una donna anziana, con naso gibboso, sguardo triste? oppure è quello di tre quarti di una giovane donna, impellicciata ed una striscia di taffeta a gingerle il collo sinuoso?
c'è dentro uno e l'altro, senza distinzione, come un continuo eppur così distinto. come l'ambivalenza onda-particella della luce, e quindi della materia.
ma questo non significa, ovvio, che non si possano cogliere quella specie di boccioli, che sono spuntati qua e là. un po' inattesi, un po' conquistati tocchettino a tocchettino, per quanto a volte senza accorgermene poi mica tanto. e che - ooooohhhhhh - ad un certo punto c'era un prato fiorito. ed io ci ho camminato dentro un po' estasiato, un po' con la titubanza di rovinar qualcosa, un po' sopreso a vedere tutto quel puntinellinare di steli, petali, rizomi a cingermi i passi.
tipo quando sei in montagna ed attraversi i pianori che ti si spalancano di fronte, al termine della salita. si aspetta qualcuno, se il passao è stato più sostenuto del tuo compare. oppure c'è qualcuno che ti aspetta che il suo è stato più rapido di quel che è riuscito a te.
che poi anche questa è una specie di ambivalenza. che a camminare in montagna è bello di suo, che sei te, con il tuo respiro, la tua fatica, il tuo cervello che si adegua al resto del corpo, non il contrario. ma è bello farlo con qualcun altro, che è da par lui, con il suo respiro, la sua fatica. poi ci si ritrova e so condivide insieme l'acqua. ambivalenza particella-onda.
è stata così anche la parte construens, quella oltre la specie di bordone di fondo delle cose che non vanno male. è stata così spesso camminando a piedi da solo. che è poi l'esperienza che sto vivendo adesso, in questo momento [anche se, invero, non sarei del tutto onesto a ommettere di scrivere che un po' di malinconia 'sta cosa me spalma addosso. dev'essere la sensazione atavica di attraversare - da solo - il limitare di un'esperienza andata, ed entrare in quella nuova. guarda un po' che strani scherzi che giocano gli archetipi. solo ci rimango tutte le sere, spesso nei uichend, ma è davvero molto diverso. solitudine diversa].
dicevo.
la parte construens camminando solo. e scoprire da me di avercela fatta. la spianata quel pomeriggio da odg. non c'è nulla di tangibile, nulla di concreto, nulla di esteriorizzato. ma sento quella sensazione che tanti nodi sono sciolti, e che gli ingarbugli di tanti anni passati è come se fossero lì, cime che se ne stanno paciose e dispiegate. ed è la sensazione dell'esserci andato oltre che, ogni tanto, ancora mi commuove. a volte la sento arrivare quando metto in fila ricordi spigolosi, e complicati, ma che sono roba andata. a volte d'improvviso, e magari nei momenti o nei posti meno indicati, tipo nell'intimità con una donna. e mi si strozza la voce in gola, tipo quando provo a cantare in contesti numerosi "bella ciao".
e poi c'è la parte construens camminando con altri. tipo i baci rimandati, rimandati, rimandati, e poi che sono arrivati, illuminati solo da alcune candele glimma; sentirsi accolti in una casa calda e lenzuola di flanella; il tramonto struggente nella pianura che se guardi con la città alle spalle davanti ci son solo campi; la schiena nuda mentre ti accomodi nel giardino interno di un cascinale che sembra roba di decenni fa, mentre è solo quindici minuti dal capolinea della cinquanta.
e poi gli amici che ti cercano e che ti fanno sentire accolto e coccolati a casa loro. i prosit ed i calici alzati. il terrazzino, che basta guardare il mare, che è sempre onda su onda, ma ogni volta è cosa diversa. o la coorte con le candele a rischiarare i visi e i muri antichi, l'amico che ti mostra tutto questo soddisfatto e garrulo, vellicando la birra, il cane che dorme sotto il tavolo dopo essersi quietata alla fine della perlustrazione nella casa che non conosce dove l'ho portata. la birra con le amiche un po' in daun, che però non capisci come ti escano quelle cose piene di buonsenso che sembrano quasi intelligenti, che forse la birra le fa scivolar fuori meglio. mia madre che nel viaggio verso l'hometown, quando ritorno, mi racconta le peripazie delle sue interlocuzioni sociali, che sembra quella che continua ad essere sul pezzo, ed io che quando ci entro, nell'hometown, non ho più quel senso di soffocamento. il ringraziamento di alcuni colleghi, o i complimenti che - comunque - continuano a mettermi in imbarazzo.
i sogni quando la luce del tramonto è struggente, e l'acqua è limpida.
e poi i libri, non così tutti eccezionali, ma quei due o tre che dici alla fine: uau, checazzodifottuto libro, tempo ben speso.
qualche post. che magari è financo venuto benino.

e quindi la storia del progetto. che se lo chiami progetto ha tutto un altro senso. che è punto di arrivo ed insieme di ripartenza: ambivalenza onda-particella. chissà se e quanto riuscirò a metterne in pratica un qualche pezzo importante. occorre provarci. anche perché è qualcosa da raggiungere, che è poi significa avere speranza [semicit]
ci provo.
mettendoci dentro quel quid, che sembrerebbe un'altra ambivalenza. invece è solo valore aggiunto: pensare ebbri, agire sobri. buttandoci dentro il proprio essere sempre più civili e sempre più cordiali.
neuroncini per l'intelligenza collettiva.



No comments: