Saturday, August 14, 2021

ma chi l'ammazza a questo

tra le tante millemila storture et contraddizioni che mi contraddistinguono c'è anche questa. ho idealizzato [ammmminchia] un sacco di persone. ho sempre trovato fastidiosa l'agiografia et santificazione retorica delle persone.

stamani il braga, alla radio, ha dedicato due terzi della rassegna stampa al ricordo di ginostrada. per scelta non ha nemmeno citato lo strame giornalistico della destra. ma anche in quelli di qua, qualche sensazione non esattamente piacevole l'ho percepita. quindi. figurarsi se vorrei a scrivere qualcosa che possa sembrare una cosa che gli si avvicini a quella roba là. va benissimo anche no. ci provo, correndo il rischio.

la notizia, ieri, mi ha colpito come non credevo. come se uno non se l'immagina che possa capitare. tipo quando mi chiamarono per dirmi che era morto l'ermi.

e poi invece capita.

e mi è tornata subito in mente una cosa. che poi è quella che vorrei mettere in questo post. che non mi riuscirà come mi piacerebbe scriverlo. anche solo per spalmare sulla carta diggggitale postica quello che mi riverbera dentro. però 'stigrandissssssimicazzi se non verrà come mi piacerebbe scriverlo. in fondo è una cosa scritta. tecnicamente con elementi psicopipponici. e in fondo è in coerenza con la cosa che mi è tornata in mente.

io l'ho incrociato, con una certa prossimità, solo una volta. per caso. o meglio: quasi. ero alla sede di emergency. mezzo pomeriggio inaspettato di libertà di un inizio ottobre. giornata tersa, che mette di buon umore. ho del tempo libero, che faccio? mi torna alla mente che colà c'è un incontro sui migranti, i flussi migratori, con un taglio sociologico, specie in italia. mi ci dirigo. là dentro mi sento in una situazione che percepisco come essere a casa. anche le persone che assistono hanno visi che mi rasserenano. forse idealizzo, lo so. ma mi godo il momento. l'incontro, gli interventi sono molto interessanti. è quella roba psicopipponica dove provo a capire se, sull'onda dell'entusiasmo del momento, posso metter su un qualche addentellato con il poter fare qualcosa. anche per provare a dare quella svolta alla mia esistenza mica tanto realizata. fare. mica solo trastullarsi a immaginare di qualcosa che è solo in potenza. da vellicarsi per sentirsi meglio un pomeriggio. ad un certo punto noto qualcuno al mio lato. realizzo sia lui, nel senso di ginostrada. arrivato come un uditore qualsiasi. come se nulla fosse. quasi imbarazzato, credo ben lieto del fatto nulla abbia modificato nulla di quello che stava succedendo. si siede non molto distante da me, ascolta. è alto, decisamente più magro di quel che mi aspettassi. un po' la televisione ingrassa. non sembra esattamente il ritratto della salute. noto un paio di tic. credo di cogliere negli occi un qualcosa che mette insieme un fondo di tristezza, ma anche di serenità. sono percezioni, ovvio. [tu sei ingegnere, cazzo vuoi capirne di relazioni umane. ci pensiamo noi umanisti per primi.]

cerco di non badare troppo alla sua presenza, mi rimetto ad ascoltare il relatore. però nel mentre mi sovviene nitida la convinzione: machillll'ammmmazzzzzzaaaqquesto? non sorriveda, come il guccio cantava di lemuele gulliver. però lo sguardo di chi non ha più paura del domani, quello sì.

machillll'ammmmazzzzzzaaaqquesto? che mica deve spiegare, predicare, raccontare, convincere, salmodiare, retorizzare, persuadere nulla e niuno. quello che doveva e voleva fare l'ha fatto. migliaia di volte. e avrebbe continuato a farlo. che poi sarebbe, né più né meno, il chirurgo di guerra. rimettere insieme i pezzi, guarire, intervenire su tutto un pezzo di umanità che non gode dei privilegi che ha invece un altro tocco - piccolo - di umanità, pochi altri in confronto. mi è sembrato tutto così essenziale, lineare: semplice, ma della semplicità che hanno le idee pietre miliari della storia dell'umanità. anzi, nemmeno idee. ma il fare che dà sostanza ad un'idea. e non un fare che giustifica sé medesimo. ma fare quello che ha fatto e che avrebbe continuato. ed in questo pur io, compulsivo nel ragionare, ci ho sempre trovato un qualcosa di incorruttibile. pazzescamente. specie nel suo essere scomodo, parlare scomodo, senza necessità di compromesso. financo nell'eloquio. immagino non gli sia mai fottuto 'sto granché risultare simpatico, coinvolgente, petaloso, maieutico. aveva in testa una sua visione del mondo. dove la guerra, sempre e comunque, è una cosa disumana. tanto radicale quanto semplice, quindi inevitabile. non doveva mica dibattere di 'sta roba. era così, nessuna possibilità di interloquirci sopra. per uno psicopipponico speculativo come me, figurarsi. avrebbe potuto essere qualcosa di arido, seppur istanza più che condivisibile. neppure un po' di filosofar sul perché? no. nessuna spiegazione. era roba assiomatica per lui. o dentro o fuori. anche perché aveva da operare qualcuno. salvare un altro pezzo di umanità. cazzo vuoi metterti a discutere sugli arabeschi di una cosa così essenziale e incontrovertibile, quando devi rimettere insieme i pezzi di un ferito, vittima di una guerra. c'è da perderci tempo con il piccolume umano e politico di chi gli dava contro? c'è da sprecare energie a convincere ad essere più coerenti chi, più o meno, sta dalla tua stessa parte, ma soprattutto sta dalla parte di chi la chiama misione umanitaria?

hai fatto. avresti continuato a fare. tanto da farti raggiungere una tale pienezza morale di cui puoi far finta di nulla. ti metti buono e silenzioso ad ascoltare, come uno chiunque. e poi forse quella pienezza manco ti interessa. sei già avanti, che tu ne abbia contezza o meno. e poi c'è da far qualcosa per emergency. ci sarebbe stato un qualche altro tocco di umanità da incrociare in una sala operatoria. per questo non era confutabile. per questo manco mi sembra verso se ne sia andato.

machillll'ammmmazzzzzzaaaqquesto!

[poi vabbhé. sarà venuto un po' retorico. ma strigrandisssssssimicazzi. sono una discretta pippa nel fare. e poi volevo mi ri-attraversassero le sensazioni di quel pomeriggio. e delle volte che l'ho ascoltato, inconfutabile. appunto].

[e poi, cazzzzous, come sarebbe bello arrivare in trenino nella stazione di milano gino strada [e teresa sarti]

[updt. e poi arriva il robecchi. e niente. gli bastano i pochi caratteri di un tuit.]

 


 

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