Sunday, February 6, 2022

cazzi e teleologie e ottimismi

ho letto un libercolo abbastanza flesciante. l'ho visto in biblioteca e non ho potuto non portarlo meco. si intola "un cazzo ebreo". pensavo fosse la storia di un cazzo ebreo, nel senso della capacità che costoro hanno di auto-percularsi, magari celiando sul quell'elemento precipuo: del prepuzio la mancanza [che poi, 'sta cosa, dà una mano ai tachiorgasmici?]. invece è la storia di un cazzo ebreo, nel senso di tensione di farselo aggiungere. segnatamente ebreo, senza il prepuzio. son cento paginette. ma belle intense. nel senso che devi impegnarti a non perdere il filo. per questo ne ho lette, distratto, trenta in una settimana ed ero lì per mollarlo. e, serrato, settanta in poche ore per rimanerne flesciato. è una specie di flusso di coscienza lieve. mettiamola così, è tipo una trentina di questi post, solo che:

  • non ha refusi;
  • ha periodi con una struttura che determina una leggibilità decisamente più alta;
  • sottintende un plot totalmente inventato [immagino].

[anche] per questo katharina è considerata un talento della letteratura tedesca, io imbratto post in un bloggggghettino cul de sac.

ma non è stato questo ad ispirarmi il post.

è che ad un certo punto, la protagonista, nel suo flusso di coscienza butta lì una doppia cosiderazione quasi banale, che è in potenza un piccolo paradosso.

  • la tenerezza ed il moto di cuore che subitaneamente suscita una donna incinta. "potevo chiedere alle persone di portarmi delle cose per la semplice ragione che, come diremmo in tedesco, stavo portando un'altra vita sotto il mio cuore. untern herzen.";
  • che tutto questo non sfugge alla quasi implacabile legge probabilistica che "sapevano bene tutti che non c'era alcun motivo per ritenere che questa nuova vita sotto il mio cuore si sarebbe rivelata meno banale di quella di chiunque altro".

c'è qualcosa di intrinscamente ineluttabile, roba contrapposta. la meraviglia [commossa, per taluni] di una nuova vita che sta per venire al mondo. e tutti i cazzi et complicazioni et difficoltà che il mondo regalerà alla nuova vita adveniente. che poi si sa ben tutti come va a finire. anche perché finirà in polvere anche il marmo del david di michelangelo [cit.]. e non solo quello.

il paradosso, quasi ovvio, si scioglie nel senso dell'esistenza di ciascuno. tutto l'alfabeto che sta in mezzo al momento alpha e quello omega. anche se c'è ben più la probabilità di creature che diranno: eh, ma quale sarà stato il mio di senso. specie se non si ottempera alla prosecuzione della specie. che ci sarà tutta la sovrastruttura delle umane genti, e le gioie della prole, e le discendenze più numerose della sabbia del mare [cit.]. quella roba lì, per capirci. ma la prosecuzione della specie serve appunto alla specie, come una specie di intuizione geniale evoluzionistica. una teleologia base, tipo livello fisico dello stack tcp-ip. però immagino ci sia anche altro, e ci mancherebbe. con sterminate pareti, anche si considerassero i soli tomi che ha senso preservare, siano stati scritti a riguardo. per quanto con idee del tutto e del reciproco contrario. quando ho letto di "un'altra vita sotto il mio cuore. untern herzen", mi è venuto in mente che forse abbiano tutti questa specie di speranzosa intuizione. molto probabile senza rendercene conto. ed è la conferma che quella creatura sarà un neuroncino. che contribuirà all'intelligenza collettiva dell'umana gente. proprio come l'autosimilarità dei neuroncini che stanno nel nostro cervello. che poi è la macchina più complessa di cui si ha conoscenza. [parentesi divagatoria. intelligenza e consapevolezze: che è tutto quell'intrecciarsi complesso che fa ciascuno di noi l'unicità che è. anche ad essere una colossale testa di minchia. c'è un tocco che spiegano la neurofisiologia e le neuroscienze: neuroni, assoni, circuiti che si istanziano, sostanze biochimiche come portanti ai segnali che ci viaggiano in testa. e con queste si arriva ad un certo punto. e poi ci sono le scienze psicologiche che provano ad inquadrare l'unicità della persona, che poi sarebbe l'altro tocco, che parte da un punto diverso. e c'è un bel po' di non contiguo in mezzo a quei due tocchi. il confine è cosa che sta tipo in una dimensione frattale. e chissà se mai lo individueremo. fine parentesi divagatoria]. sono due tipi di intelligenze autosimilari. entrambe evolvono. una nello spettacolare volgere di pochi anni, un battito di lustri, l'altra da qualche decina di secoli, chissà da quando. una si esaurisce, inevitabile, nel volgere di qualche decennio. l'altra prosegue, chissà per quanto. e l'intelligenza collettiva ad un certo punto è più o meno base di partenza per l'intelligenza personale, almeno su alcuni capisaldi. e a me sta autosimilarità mi affascina e meraviglia. per quanto, si sa, quanto io sia facile alla fascinazione verso inutili psicopippe.

insomma. la creatura che viene sarà un neuroncino. per le relazioni che costituirà farà evolvere l'umanità. tantino o pochissimo. con la meravigliosa opportunità della pagina bianca. che se atterrisce chi scrive o crea, in questo caso no, perché qualcosa verrà scritto: inevitabile. così c'è una scintilla di possibile meraviglia. che in potenza tutto può venire. non ostante la probabilità ci ricordi sarà una cosa [apparentemente] banale. qualcosa che assomiglia allo stanco augurarsi il buon anno: che leopardi ci aveva già cazziato sia illusione. solo che un conto è quel che abbiamo abborracciato noi. un conto quello che può abborracciare la creatura, nuova nuova con il suo foglio bianco. che qualcuno che può assomigliare ad una scheggia di un pezzo di unghia del david ce n'è in giro. la maggior parte si è noi pulviscoli di polvere attorno. che hanno un loro senso, neh? che poi io sia il primo a non capire il mio è un dettaglio. e che magari in alcune circostanze possano portarti a far tenere buoninibuonini i ricaptatori, è un epifenomeno del dettaglio. anche se è un epifenomeno financo faticoso ed a tratti doloroso. però se allargo un po' lo sguardo, oltre i tratti di disperanza - invero più radi, grazie al fatto i ricaptatori se ne stanno buoninibuonini - sono ragionevolmente convinto che sono neuroncino pure io. che è stato una fenomenale pagina bianca, oltre al più sgamato degli spermatozoi. poi le cose capitano. e si scrive in un certo modo. magari in maniera poco coincisa, quindi poco addentellato sul pragmatico ed i risultati conseguenti. per non dire dei refusi e significati intorcigliati dalle circonlocuzioni. ovvio non venga fuori un successo di pubblico. però 'sticazzi.

è la questione del neuroncino pagina bianca, ogni creatura che cresce untern herzen. sono abbastanza certo sia questo che renda interessante ogni donna in stato interessante. e che se ne riconosca uno stato di alterità, di grazia. è un privilegio che è concesso solo a loro. che credo si meritino tutto. e quella importanza che hanno appunto costoro è una specie di ottimismo sul divenire. che ci sarà qualcuno che farà progredire questa umanità un po' provata. e contribuirà a suo modo nel farne evolvere l'intelligenza. non importa quanto. qualcosa si farà. è un moto che ci abbiamo dentro. anche se abbiamo fatto figure variegatamente magre e, quasi sistematico, non all'altezza di quello che si pensava all'inizio. però ci si è provato. è una bella sventagliata di ottimismo, in un contesto di inevitabile finitezza. che non è essere pessimisti. anche perché per fortuna siamo limitati. non ci sarebbe spazio e risorse per gli altri. e poi mica lo devo scrivere io che il pessimista è l'ottimista che ha fatto esperienza. no?

untern herzen c'è l'ottimismo della pagina bianca. ovvio le si ceda volentieri il posto sui mezzi [se poi non lo fai non sei stronzo. sei da compatire. che non vuoi osservare la scintilla].

[chiosa finale con polemicuccia da sassolino. per questo, ragionando psicopipponisticamente su quel passaggio di katharina, mi sembra - se possibile - ancora più pezzottata la posizione della mia quasi ecs-socia. che asseriva che lei mai avrebbe messo al mondo un figlio. e lo giustificava parlando di precise motivazioni filosofiche, che aveva fatto sue durante l'università, e che peraltro mica mi aveva dettagliato. per quanto allora ne fossi [masochisticamente] affascinato [a proposito di refusi belli grossi] era una cosa che non mi ha mai del tutto convinto. non avevo gli strumenti filosofici per confutarla. non mi sarei mai sognato di pensare di farlo: dapprima per rispetto succube, poi perché non mi ha più fregato condividere alcunché, figurarsi i dubbi. probabile sia supponente e la faccio tranciante, come quello che vorrei rimanesse di quel relazionarsi. si ammantava di motivazioni filosofiche. era la versione didascalica e cordiale di un solipsismo che molto ottunde [forse pure senza teleologia].] 

 



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