Wednesday, May 25, 2022

del perché sono [in parte importante] quel che sono anche grazie alla magistrini [ecstendiid version]

io dovevo studiare ELETTRONICA, mica troppo altro.
quando lessi che nei libri di terza c'era anche l'edizione didattica della divina commedia mi prese male. e smoccolai.
quando entrò in classe, con quei capelli cresposi e riccissimi, con quegli occhiali così spessi ed il mezzo ghigno da "mo vi faccio vedere io" fu anche peggio. con lei non ci passa più, mica cazzi. come se quelle peculiarità estetiche - non era esattamente la professoressa più bella ci fosse lì dentro - dovessero portarsi dietro chissà quali altre sciagure per quella masnada di maschi, ammassati nell'aula 57. come si è banali a volte.
poi tenne la lezione sul Cantico, gemma importante della prima letteratura italiana. ci inserì dei collegamenti fascinosissimi al prologo di giovanni, per cui mi ero intrippato, a tener a bada i miei complicati riti apotropaici. ed ho ricordo vividissimo di me, che mi vedo da fuori, osservarla incantato ad ascoltarla. dopo non fu più la stessa cosa.
cominciò così. capire quanto fosse fottutamente bella la letteratura. una folgorazione che pensa un po' te. come se di colpo si spalancasse un mondo che percpivo esserci da qualche parte. ma che non avevo colto del tutto ancora. o per cui bisognava un po' far finta di nulla. la necessità di sondare l'interiorità che riverberava eco, fottutamente inebrianti. e portarci un po' di quelle fiammelle lì. a fruizione di tutti. fruire, come la sezione del guglielmino-grosser che scelse come libro di testo - come al classico, scoprii dopo.
il primo tema lo feci su amadeus - nel senso del film di milos forman. un po' soggiogato dal monito: un solo errore ortografico e metto l'insufficienza. nel trascrivere la bella lo rimpinguai parecchio [giusto per andare del tutto contro la pratica ottima di ridurre, in riscrittura. sembra lo facesse anche carlo emilio gadda. solo che lui generava letteratura]. rimase colpita. un po' perché da pianista non poteva rimanere indifferente. un po' perché la colpii per come ero rimasto colpito dall'ossessione del personaggio con talento, rispetto alla genialità assoluta [e qui, secondo me, i prodromi delle nevrosi li avevo messi su carta. erano lì, da rintuzzare con la sua penna rossa]. mi mise settealllotto, un votone per lei, specie in terza.
al compito in classe su Macchiavelli mi mise cinque - la mia unica insufficienza del triennio. era quasi costernata: hai risposto magnificamente alle domande aperte, ma hai ciccato clamorosamente quelle a scelta multipla, non capisco che ti è passato in testa.
al compito in classe su Galileo mi mise nove [per lei una tacca sotto l'empireo]. ci avevo infilato dentro alcune considerazioni sulla relatività galileiana e ardito qualche raffronto su ciò che avevo capito di quella einsteniana [il compagno di classe pozzo si lamentò: ehhh ma che ne sappiamo noi di 'ste cose prof, mica sono nel libro! ripose: leggi un po' di più, e vedrai che poi le sai anche tu]
la varianza dei voti nei temi era piuttosto alta, quelli del compagno di classe bragnuolo molto più bassa. una volta mi disse: o me li fai da sei e mezzo, o me li fai da otto, com'è 'sta storia? e comunque i periodi sono troppo lunghi. tagliali. [difatti, basta leggere alcuni post]
aveva tutto un modo suo di essere maieutica. cinestesica nell'esporre, probabile per quello alcune cose mi si sono impiantate dentro, fisse e ferme. la didattica non era seriosa, anzi. forse perché una cazzara dentro pure lei [non ostante fosse coltissima. o forse proprio perché coltissima]. forse era per spiazzare, o tener testa, quei testosteronici studenti che, la quasi totalità, vedevano come un corpo estraneo didattico le sue materie. così lontane dal corpus di quella specializzazione. ed io invece ne ero ammaliato che levati. difatti mi sentivo a volte un corpo estraneo in quella classe.
e mi ricordo di come raccontò la grandezza assoluta di dante, e di come l'inferno sia la cantica di gran lunga più divertente. delle frustrazioni di coorte dell'ariosto, che poi la sera si rifaceva scrivendo quello che ha scritto [in miliardesimi, parecchi post dei vari blogghe son venuti fuori così. non stavo a coorte. frequentavo degli stronzi inconsapevoli]. della genialità del macchiavelli e dell'elemento disruptivo che fu l'illuminismo, e l'importanza di andare oltre l'oscurità supportati dalla ragione, anche per poter affrontare il principio di realtà [quello però l'ho capito tardi]. la struggenza del foscolo, e l'imago della fatal quiete. assieme ai lampi di eternità che si accendono quando ti si impianta nel cuore chi lascia eredità d'affetti [i sepolcri sono un inno alla vita, e pace per la povera upupa, che è un rapace con aspetto curioso, mica lugubre]. la solitudine geniale di leopardi, che morì d'indigestione, che non potevi non amare, pessimista un cazzo: guarda quel che riesce a fare la ginestra. la paciosità fondativa del manzoni [maccché divina provvidenza. per rivolvere ed uscire dai casini che han messo in piedi gli uomini, deve arrivare la peste, che riazzera, rimescola e per cui si trova la sistemazione alla vicenda dei due promessi. e mica solo quella]. la considerazione per pirandello contro la retorica fascista quando vinse il nobel. la risposta un po' superiore quando le chiesi se de gregori fosse ermetico, come avevo letto di lui: non mi pare proprio sia ermetico, per me è chiarissimo cosa scrive. ah!
era socialista, lo si sapeva, per quanto ne capissimo noi pre-nerd elettronici [io avevo già capito che craxi mi stava sui coglioni. non sapevo ci fossero socialisti non craxiani]. l'unica volta che lo acclarò fu quando morì Pertini. entrò in classe visibilmente provata, e ci raccontò quando aveva orgogliosamente accompagnato Sandro [mi colpì lo chiamasse per nome, come un vecchio zio], al palco di un congresso del psi.
eravamo in quinta, a pochissimo dalla maturità.
già. la quinta superiore. che anno. tutto sembrava concorrere a combinarsi in maniera da magnifiche sorti e progressive. come se a quel punto stessi rullando in principio di una pista di decollo. e nulla dovesse andar storto, come se la storia si fosse messa d'accordo per finire. in realtà non avevo capito quasi un cazzo. e se avessi fatto davvero mio il senso di quello che la lettere ci raccontano avrei dovuto quanto meno sentir puzza di bruciato. ma ero anosmico [figurativamente], giovane ingenuo, e onusto di inebriante trance agonistica. studiai quasi solo letteratura, e quel po' di telecomunicazioni per rimaner [azzz] affascinato dal dominio delle frequenze [è stata questa la sfida intellettuale che mi ha traviato]. però il furore estatico con cui confrontavo concetti, suggestioni, nozioni, oltre il guglielmimo-grosser, cazzo se me lo ricordo.
a bragnuolo e me disse che, per il programma di letteratura, non avevmo nulla da invidiare a studenti del classico, per quanto e come fossimo preparati.
le telefonai agitatissimo dopo aver pensato di aver sbagliato il tema letterario, la sera del primo scritto: sei mica un critico noi hai sbagliato proprio nulla. durante l'orale, ovviamente prima materia letteratura, mi strizzò l'occhio, come a dire: stai andando bene. ed io capii di avercela fatta, in quella che in realtà fu una specie di contesa tiratissima con il professore pignolosissimo, durata qurantacinqueminuti [a quello di telecomunicazioni ne rimasero quindici. mi chiese cose cui risposi ad intuito, e che capii a fondo solo nei corsi degli ultimi anni al politecnico. 'stttttusstrunz.].
insomma. è stata tutto questo. e non solo.
però soprattutto è stata lei ad instillare il dubbio che il mio daimon mi chiamasse da tutt'altra parte. e che invece che ELETTRONICA avrei dovuto fare il classico.
difatti poi ho scelto ingegneria.
e quel tarlo dubbioso è un pungolo con cui faccio pace, per poi scazzarmi di nuovo intensità alterne. e a volte è financo faticosetto. non so mica se riuscirò mai a uscirne.
però se sono quel che sono [nella parte bbbbuona] è anche grazie a Lei. per come mi ha fatto amare la letteratura e dintorni. ed anche per quel fottuto seme del dubbio instillato. sono comunque le sue più preziose eredità. uno dei modi di onorare al meglio la missione di insegnante.
[e probabilmente mi cazzierebbe per qualcosa anche di questo post. chissà che voto mi avrebbe messo].
che la terra sia lieve Prof.

1 comment:

Anonymous said...

Un fiume in piena di affetto e riconoscenza, grazie Prof per aver coltivato la "parte" buona dell'autore!