Sunday, May 29, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /10: europa e le ricorrenze [2/3]

siccome sono sul pezzo, questo è un altro pezzo di post sulla giornata del novedimaggio. comodo, neh?

non ci avevo mai fatto troppo caso. però le incombenze di questo inizio di nuova era ne hanno dato una certa eco. ed il fatto cui non avevo fatto troppo caso è che il novedimaggio si celebra sia la giornata dell'europa [in europa] e sia la ricorrenza della vittoria della grande guerra patriottica [in unione sovietica, prima, nella federazione russa e nelle altre ex repubbliche ora].

la differenza tra la giornata e la ricorrenza salta agli occhi, tipo tra bufalo e locomotiva. non foss'altro per l'epica estetica che le caratterizzano.

da una parte celebrazione compite di austeri funzionari, qualche bandiera blu con il cerchio di stelle in lustro, qualche riverbero in più del coro d'insieme della nona [i miei post psicopipponici non contano, ovvio].

dall'altra parate imponenti, truppe schierate, bella mostra di armamenti sempre più grossi e sempre più potenti tirate a lucido, poi uno non si chiede se sigmund non ci abbia preso alla stragrande. poi, vero, c'è anche un profondissimo sentimento popolare, l'amica viburna rimase colpita quando le accennai alla grande guerra patriottica, nel senso che fu colpita sapessi che là la chiamino così. non ricordo se le dissi che l'avevo imparato da un paio di romanzetti non esattamente da caposaldi della letteratura dei primi anni duemila. però il senso di quel sentimento in quei libri emerge. non fosse anche per lenire ciò che ha rappresentato resistere ai tedeschi ed alleati, e ricacciarli indietro. l'assedio di leningrado, i villaggi bombardati delle retrovie per fermare l'avanzata nazista, le carestie, le devastazioni, i milioni di morti. la viburna, che tutto è tranne che guerrafondaia, mi raccontò di cosa significa viverla, lì, quella giornata. e del trasporto emotivo con cui si è coinvolti, a prescinedere.

poi quest'anno, appunto, è finita al centro dell'attenzione mediatica, per le note vicende. che cambiano la storia. che ci affannano con variegazione. ma qui stanno.

ed ho pensato una cosa banale. che nella sua impalpabile retoricità la giornata dell'europa guarda al futuro. è una specie di concetto dinamico, come il limite. la ricorrenza della vittoria nella grande guerra patriottica è ferma a rievocare un passato, accaduto, congelato nelle cose che sono accadute, da cui ci si allontana ogni ricorrenza di più. un risultato statico.

non che, dal punto di vista antropologico, non abbia un senso profondo rievocare quell'evento - e quel trauma - collettivo. che occhei la bandiera rossa sul reichstag - e prima ancora la liberazione di auschwitz - ma quella guerra costò loro un'ecatombe di morti. e magari evito di stracciarmi le vesti a ricordarmi di come quell'evento, anche fondativo, serva a sostenere la retorica della grande potenza con una missione salvifica sul mondo, la grande madre russia [madre russia - Матушка Россия]. e come tutte le retoriche anche basta stracciarmi le vesti, le osservo con meno retoriche che ci abbiamo comunque dentro tutti. e provo a capirle [provo]. anche se quella retorica è supporto di nuove devastazioni, ingiustizie, guerre, fine della pace, punto angoloso della storia. 

e non che l'europa, in cui culliamo tanto migliori, non abbia di che migliorarsi parecchio. che siamo il pacioso e pacifico vecchio continente, occhei [vecchio... e la cultura estremorientale?]. ma in cui alberghino fottute disuguaglianze, ingiustizie, con i confini blindatissimi, dimentichi che il nostro benessere poggia, facendo finta di niente da qualche secolo, sullo sfruttamento di altri continenti. non che non si possa migliorare, neh? minchia se ci può migliorare. anzi: i versi di schiller, la potenza che ne da beethoven, dovrebbero metterci il pepe nerculo afarlo.

ma d'altro canto questo è quello che si può fare all'interno di un concetto dinamico, che guarda al futuro. che se guardi al futuro lo fai per migliorarti. mica per fermarti al risultato statico, rievocando la vittoria che fu, sperando di motivare solo con quello una guerra che sta nella visione delirante di pochi.

non è una questione manichea, buoni e scaltri noi, cattivi e servi del loro passato quegli altri. no. no. quelli studiati ce lo spiegano grandiosamente, quanto sia europea la russia e quanto l'europa debba alla cultura russa. si tratta di ripigliare schiller. si tratta che la pelle d'oca ad ascoltar la nona viene ben anche a loro. si tratta di considerare che siamo il risultato di un limite. tendiamo. dinamicamente.

 

[postilla a mo di post scriptum postico. mi son domandato: mammmmminchia, proprio tu scrivi 'ste cose che ogni venticinqueaprile spacchi le palle sulla festa più bella dell'anno? e mi son risposto così. che quella festa ricorda la fine di una guerra e la Liberazione. ma soprattutto la vittoria di un'idea che guardava e guarda avanti che levati. che poi sarebbe basta guerre e fascismi, le democrazia, giustizia e libertà. che l'idea stessa di europa unita germoglia da lì. proprio in virtù di dell'intenzione condivisa di andare oltre quella guerra fraticida e quello che la determinò. è questo quello che celebriamo. mica cotiche retoriche, pur senza missiloni ma fermi statici a quell'evento. che poi si sia pezzottato gran parte di quelle idee. che si stia in un tempo di riflusso, non inficia mica quella roba lì. è cosa a cui tendere. dinamicamente resistenti.]

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