Sunday, March 12, 2023

miglioramentismi [la prendo larga][post che sarà genetliacante]

qualche giorno fa sono tornato là dentro. erano quasi tre mesi che non ci mettevo piede. un po' sembrava ieri l'altro. un po' sembrava esserci passato in mezzo tanta di quella routinaria ripetività, nel guscio uterino del compulsare lavoro nella zona di comfort, che levati. non ho avvisato nessuno. un po' perché avrei voluto andarci quasi in incognito. un po' perché mi piace comparire quando non sono atteso. quasi a fuggire la scontatezza delle cose programmate. difatti si vede quanto e cosa son riuscito a metter in pista, lasciando andare, per veder poi che succedeva [c'è un po' di ironia amarognola, se non si era capito].

sono entrato là dentro con una consapevolezza ed una autopercezione piuttosto nuova. quasi che mi venisse da dire: ehi, tu banca che stai là dentro, nuntetemo, anzi: forse te ci hai pure un po' bisogno di me per stare in equilibrio. non tantissimo. ma un pochino sì. di certo molto più di una discreta messe di persone, peraltro abbastanza sovrastrutturate.

sono entrato là dentro e speravo di incrociare qualcuno. due o tre persone. i primi quindici-venti minuti non sono stati semplicissimi. non sono più abituato a star in mezzo a persone non sconosciute [starmene per i cazzi miei, in moltitudini cittadine, è facilissimo]. è stato un sovraccarico relazionale che mi ha un po' stonato. alcuni mi hanno incrociato e fatto finta di nulla. altri sembravano davvero contenti di rivedermi, compatibilmente ovvio. un paio li ho abbracciati con grande piacere. anche per suggellare l'effetto sorpresa. specie a me: mica era certo li avrei trovati.

l'amico massimo mi ha redarguito col ghigno. maccccazzzo, ti avevo detto di avvisarmi saresti comparso qua dentro. beh - avrei voluto rispondergli - il caso ha voluto capitasse, la pragmatica passa come se avessimo organizzato. certo. un po' lo sfidato il caso, per quanto il non annunciarsi si possa considerare una sfida. e potrei anche tener bene a mente di come ci voglia poco, pianificando, a tirar fuori certevolezze, meno da suspance di quel che può offrire il caso, ma molto più rinfrancanti.

comunque niente, l'amico massimo l'ho incrociato e l'ho abbracciato. era una delle persone che avrei voluto ci fosse. solo per quello è valso la pena muovere il culo.

avevo promesse caffè per far due chiacchiere ad almeno quattro-cinque persone. la mia gastrite mi avrebbe chiesto il conto. e non avrei lavorato quasi per nulla. anche alla luce del fatto mi pare di rendere molto di meno a star là dentro. quindi nulla: un solo caffè. e naturalmente non poteva che essere letterario, nel senso di caffèletterario. anche se ne è venuto fuori un caffèparaesistenziale.

mentre salivo al quarto piano, a recuperare l'amico massimo, per poi scendere assieme all'area relacse, mi si è sbloccato un ricordo. una considerazione che l'amico massimo fece quando là dentro cominciarono a spuntare adesivi, cartelli, indicazioni collettive di vanto: ehi, noi siamo amici dell'ambiente, siilo anche tu. e l'amico massimo arguì: volete farlo consigliando di far le scale e non pigliar l'ascensore, oppure menandovela perché non si usano i bicchieri in plastica? tutto qui? volete fare qualcosa di davvero sostanzioso? favorite il fatto si possa sempre più lavorare anche da casa, per ridurre gli spostamenti. era ben prima della pandemia. ed io pensai a questa suggestione come fuori dall'orizzonte degli eventi, quasi inimmaginabile. e provai stima e invidia. era davvero avanti l'amico massimo. e cazzo, quella cosa avrei voluta pensarla io.

la cosa interessante, notavo mentre salivo le scale per andare a pigliarlo per il nostro caffè è stata: quella cosa quasi inimmaginabile è ormai una realtà ormai incernierata nei fondamentali di là dentro, e l'amico massimo continua comunque ad essere avantissimo.

mancavano un paio di gradini per arrivare al piano. e mi si è spalancato una specie di paradigma nuovo, col corolloraio: come ho fatto a non pensarci prima. e cioè il fatto che le intuzioni da pensiero laterale dell'amico massimo non devono imbarazzarmi. e devo lasciar da parte lo stordimento, da compulsivo perfezionista, che non solo mi bagni il naso. di più: vivere con gratitudine anche quando mi spiazza, quando se ne esce con cose che io nemmeno avevo immaginato. mettere da parte il senso di minorità che mi scatta[va] di conseguenza. che è un inchino deferente alla paura fottuta di non percepirsi all'altezza, con il panico a seguire se si osserva solo un pezzo. e non si coglie, non si impara, non si sale quel gradino di consapevolezza, che invece è lì a disposizione. per uscirne quel po' arricchito, qualsiasi cosa significhi. credo sia un effetto, nemmeno troppo collaterale, di un rapporto non esattamente solidissimo con l'autostima. ed è un peccato, nel senso che si rischia di perdere la possibilità di crescere un pochetto. e l'amico massimo sa essere prodigo di pioli per salire quella scala.

forse non è così casuale che la cosa mi sia spalancata arrivando al quarto piano quel pomeriggio. credo sia correlato al modo con cui mi son percepito, entrando là dentro, tre ore prima. con questa specie di consapevolezza, magari non nuovissima. ma tipo un dato di fatto: davvero assodato e nel volgere della sostanza delle cose. come il fatto il giorno dopo avrei lavorato a centocinquanta chilometri da là dentro. roba che solo una volta era inimmaginabile. può essere, invece, che ad essere non più immaginabile sia l'imbarazzo per i miglioramentismi che l'amico massimo ti butta lì. che anche quando parla di calcio puoi trovarci cose che ne trascendono parecchio.

anche perché è successo, parlando di calcio. ed io ho fatto un mezzo casino. e la cosa peggiore è che l'amico massimo, 'sto casino, un po' l'ha subito. e mica se lo meritava. mi dispiace di più adesso, forse. poco dopo, allora, lui ne è uscito da signore, mettendomi davanti al fatto compiuto di quanto sia stato pirla. mettendomi tra me e me intendo, mica che lui volesse acclarare la mia pirlaggine, ovvio.

tutto questo ragionamento sull'amico massimo, nonché il contrimento de noartri è scaturito anche da un fattarello. perché l'amico massimo ha voluto immortalare il caffè esistenzial-letterario, il primo dopo più di tre anni, con un selfi. in realtà nella sua testa era anche quello di condividerlo con una persona sopravvalutata. ma in fondo stigrandissssssimicazzi. quando mi ha girato le foto ho pensato subito di metterlo sul feisbuch. poi ho cambiato idea. per evitare di trovarmi, in potenza, nella spiacevolissima situazione di - ipotizzo neh? - rivederemi di fronte a questo caffè un domani, dopo un eventuale scazzo con l'amico massimo - ipotizzo neh?. i ricordi che son suggeriti, a volte, sono una specie di tafazzata che il signor feisbuch si è inventato. che scurdammoceopassato'nabeataminchia. e ti ritrovi lì, sorridente, con uno che magari ora manderesti a cagare. per non dir di amori passati [io almeno questo no], felicità svaporate, lancinamenti che avrebbero dovuto affogarsi nell'oblio.

ora.

ho smesso di idealizzare le persone. ed ormai dalle persone non vorrei aspettarmi più nulla. tutto quello che di buono arriva - e ne arriva - è grasso che cola. tutto il resto può capitare, o non capitar più nulla. questo vale, ovviamente, anche per l'amico massimo. però mi sarebbe dispiaciuto ritrovare il ricordo di questo particolare caffè-esistenzial-letterario con un affetto, un portato emotivo, un'eco diverse da quelle gorgoglianti meco nel mentre della pubblicazione. magari uno struggimento da cosa andata. ma turbamento per rapporti inariditi no. proprio no per uno come l'amico massimo.

avrei voluto scrivergli una cosa da tiiiinnneger, prettamente di femmine [ma in fondo, lui ed io, abbiamo componenti femminili elevate. anche se lui ha scopato in modalità esercizio ginnico molto di più me [e ha fatto bene]. e comunque ci vuole decisamente poco a far meglio del mio palmares cinico-scopatorio]. una cosa del tipo: però promettiamoci che non scazzeremo maiiisssssimo, che non voglio trovarti di fronte, suggerito da quello stronzo del signor feisbuch, e masticar amaro.

ovvio che non gliel'ho scritto. che merita ben altro l'amico massimo. ed in fondo ne è uscito anche questo post. che so che meriterebbe anche ben altro, oltre che un post può lasciar il tempo che trova. e poi, appunto, credo che il punto sia fondamentalmente un bachetto nella mia testa. che so che l'amico massimo sgamerebbe, e non solo per deformazione professionale. che cioè le mie incompletezze possono farsi insicurezza, cui si può far fronte in vario modo. a volte da pirla. mentre si puote far sì che le incompletezze, che non completerò mai del tutto, non tracimino in altro. ed esser pronto a farsi stupire et spiazzare dall'amico massimo. anche quando può essere che sentirò un pungolo che salta fuori da dove magari non te lo aspetti.

pungoli, stupori e spiazzamenti son roba che ci abbiamo a disposizione abbastanza tutte e tutti. che nessuno è così onusto di saggezzevolezze da non averci qualcosa da imparare da chiunque, tanto o poco che sia. si dona e si riceve anche qui. e con grande onestà intellettuale prendersi tutto lo spunto ai miglioramentismi. sfruttare ogni difficoltà che è anche un'opportunità [cit.]. che potrebbe sembrare una frase di quelle minchiomotivazionali. però se la contestualizza l'amico massimo vien fuori per quel che davvero è. che la sua ermeneutica è fintamente cazzara. che ci ha sotto una struttura ed uno spessore che nemmeno il più compatto macadam per costruirci sopra strade per andare. ed andare è sempre uno  scoprire percorsi nuovi. anche se li hai battuti e batutti e battuti.

è anche così che ci si migliora. si impara dagli altri. che qualcun altro poi lo imparerà da noi. e quando c'è di mezzo l'amico massimo di roba da imparare per migliorarsi non ci hai che da star lì a sussumerla. e vellicarsi le suggestioni. che è atto e volontà anche il salire un piolo di quella scala. l'amico massimo ti escirà un piolo anche quando non te l'aspetti. un bellissima surprais.

e quindi nulla. ce lo metto qui, il selfiii. anzi. i selfiiiisss. al primo caffeletterario dopo un bel po'. anche solo dopo aver imparato una volta di più che non c'è nulla di scontato. se poi son cose belle è financo meglio. come meglio ci si diventa, vicendevolmente.

anche per questo gli voglio augurare il felice genetliaco. in maniera eterodossa più di una settimana prima. ma poi lui lo leggerà solo al momento giusto. un'improvvisazione anti-causale.

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