Sunday, July 2, 2023

[ri]mettere in circolo [post buonista. per quanto, buonistiuncazzo]

l'altro giorno l'amica angi [pron. /ˈeɪn.dʒii/] ha rimesso in circolo, regalandomi uno scorcio non dislluso e non disperante.

[parentesi sull'amica angi. l'amica angi è una delle poche persone che, là dentro, mi viene di chiamare amica. mi ricordo la prima volta incrociai il suo sorridere radioso, con gli occhietti che però sembrano dirti di un fondo di malinconia. uno dei primi colleghi, in quei mesi iniziali, se ne invaghì. la cosa non mi meravigliò. ho sempre avuto la percezione fosse una persona con cui sarebbe riuscito il capirsi. quando capitò il suo punto angoloso ne ebbi una triste [per lei] conferma. la capii subito, lei capì avessi capito e condividemmo, come la cosa più naturale che va a compiersi. come se in quel comprendersi sparisse il concetto di tempo: non c'è bisogno di anni perché quella cosa lì si manifesti. cose così. un paio di anni fa ci sentimmo per una questione di lavoro. senza soluzione di continuità quella situazione si rivelò per quello che il caso ci aveva apparecchiato. trovarsi assieme in quel posto e in quel momento. per quel che mi riguarda come stare nel posto giusto al momento giusto. da lì poi tutto il lavoro l'ha fatto lei, e credo lo abbia fatto ben più che discretamente. è capitato di tornare a parlare di quella telefonata. e di come fu l'ennesima conferma che, tra le poche cose che ha senso in questo esistere, una è dare una mano a qualcun altro, esserci se e quando serve. oltre al paradosso che, da lì a un paio di giorni, cominciai a scivolare verso il basso io. un nesso solo temporale, ovvio.]

dicevo di quello che mi ha regalato l'amica angi.

ad alcune persone sto donando libri appartenuti al mio nonnetto putativo, che hanno donato a me. li scelgo abbastanza rabdomaticamente, i libri per le persone intendo, 'ché appunto le persone so bene come sceglierle. è capitato lo abbia fatto anche con chi lavora là dentro, tipo l'amica angi. ad ognuno, che lavorino o meno là dentro, spiego il perché di quel gesto. sono convinto che tutte e tutti lo abbiano inteso. mica per altro: mi piace aver a che fare, in un certo modo, con persone di un certo spessore. c'è così poco tempo, condividiamolo al meglio.

ecco. l'amica angi il suo libro lo ha [anche] letto, e l'altro giorno mi ha chiamato per dirmi l'avesse terminato. ma soprattutto nel condividerlo ho avuto la sensazione avesse capito esattamente il senso di donare quei libri. precisamente come ce l'avevo in testa. anzi: la precisione ex-post l'ha definita lei per me. che mi ha spiegato e distillato cosa mi frullasse dentro, in maniera impastata, quando mi venne l'idea e cosa ci stava fin giù nel fondo. che poi sono le cose fondanti, i fondamentali, appunto. non è cosa necessariamente da verbalizzare. sono percezioni che passano dalle pause tra le parole, dal metaverbale, dal suo sorridere che si intuisce anche solo ascoltandola con le cuffie.

e non serve nemmno che lo scriva qui, quel senso fondante. che qui le parole son peraltro senza metaverbale.

sono convinto, appunto, che tutte e tutti abbiano inteso il senso di quel dono. e magari qualcuno il libro lo ha pure letto.

è che l'amica angi ha condiviso quello che ha suscitato la mia condivisione. lei forse è stata "solo" la prima. ma soprattutto lo ha fatto. ha agito. si è presa il tempo per. ha [ri]messo in circolo. e guarda caso il caso, lo ha fatto una mattina di ufficio con una sottile disperanza, disillusione a velare più o meno il tutto, tipo il cielo ingrigito che osservato fuori le finestre e parlavo a voce bassa - ero pur sempre in ufficio. disillusione e disperanza che vanno e vengono, neh? però in quel momento erano venute.

e mentre scendevo le scale per andare a pigliarmi un caffè da solo [son pur sempre para-sociopatico, ed in ufficio bisogna far le scale per andare a pigliarsi il caffè] pensavo che comunque vale la pena [ri]mettere in circolo.

che tanto, che vadano o vengano, disperanza e disillusione sono comunque discrete rotture di coglioni. che c'è ben di peggio nel divenire, neh? meglio tenerlo sempre a mente. però son discrete rotture di coglioni. ma che vadano o vengano [ri]mettere in circolo è roba scorrelata. e fa comunque bene: che lo sforzo è davvero mimimo, ma quel che può suscitare negli altri sai tu cosa e quanto può essere? in positivo, ovvio. e 'stigrandissssimicazzi la disillusione e disperanza nostre: non è ragione di buon senso non farlo, non [ri]mettere in circolo. quelle magari rimangono, ma [ri]mettere in circolo è meglio che tenersele.

che poi è uno delle declinazioni di quella gran bella pratica: quando capitano le cose belle, facci caso.

che poi [ri]mettere in circolo magari la manda un po' avavavanintouccouuulo, la disillusione e la disperanza. ma non è nemmeno questo il punto. che invece è guardare oltre il proprio ombelico, per quanto più o meno disperante e disilluso. è pensare a tutti i tocchi di umanità che stanno oltre a noi. e produrne effetti, anche se mica si sa se, quando, dove, come ci saranno. può essere capiti, magari no. ma importa poco. poiché soprattutto, importa il perché, cioè perché siamo tocchettini di umanità tutte e tutti. meglio starsene connessi in qualche modo. la probabilità, il caso, faranno il loro. però bisogna dargli una mano. [ri]mettendo in circolo. tanto di più, tanto meglio.

cose così.

[poi le mie connessioni sono più tantissimo pensate che agite. ma è un altro discorso. guarda un po', connesso con la disperanza e disillusione, che vanno e vengono. che dovrei pensare meno ed agire, mica non lo so].

 



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