Sunday, July 16, 2023

tutti i mondi sul tavolo delle novità editoriali, da immaginare quando non faccio girare la ruota

succede quasi sempre il sabato mattina. non è un caso. le ragioni sono parzialmente correlate. il sabato mattina è un momento che può essere delicato, da ormai centoquattromesi. non è sistematico, per fortuna, perché significherebbe oltre quattrocentoventi sabato mattina di merda.

il sabato mattina è un momento che può essere delicato, perché è il primo momento compiuto della settimana in cui non sono là dentro. come uscire dalla ruota del criceto e guardare fuori: roba che può essere disorientante. che scappano pensieri, che gli altri giorni - quelli della ruota - ricacci indietro perché concentrato a farla girare, la ruota. pensieri del tipo: ma che cazzo faccio? come sto lasciando correre questo tempo? come altro potrebbe essere? come altro dovrebbe essere? com'è distonico guardar fuori e pensare, immaginarsi, di altre millemila vite possibili. molte delle quali meno ossessivamente compulsate a far girar la ruota di là dentro. certo: potrebbe andare anche molto peggio, ci son stati periodi molto peggio. ma guardar fuori, con la ruota che non sta girando può essere disorientante. minchia se disorienta.

quando non sono qui [invero, i momenti più delicati del sabato mattina son ben più probabili quando son qui], bensì su , nella hometown, è al sabato mattina in cui vado in biblioteca.

è forse uno degli ultimi riti relazionali rimasti. ne avevo a bizzeffe una volta, quando tornavo su. quando tornare su aveva un altro senso e pienezza. persone da passare a salutare, come metter i nodi all'ormeggio. era rassicurante, nella familiare ripetività, che però era sempre un nuovo tocco di relazionarsi. ammonticchiarne pezzetto dopo pezzetto. ora mi sembra un tutto costruito sul vacuo, quasi il niente, considerato cosa è rimasto, che poi è anche cosa ho contribuito a far rimanere. però sarebbe disonesto non riconoscere fosse bello, coinvolgente, appagante. come le cose che danno senso. quei riti sono evaporati tutti. poi magari torneranno, neh? oppure ce ne inventermo di nuovi. tipo quello che mi son ritovato a compiere ad un certo punto. andare in biblioteca anche per salutare l'amico paolo. che è il mio bibliotecario preferito. una persona che è sempre coinvolgente incrociare. una persona che non si intruppa nella placida [stantia?] piccolo-borghesia-arricchita-frontalieristica dell'hometown. una persona che ha accompagnato i suoi genitori con una grazia filiale che mica è di tutti. uno che accoglie ogni anno la guendalina, 'ché la guendalina ha capito che le sue nidiate sono al sicuro. non ostante le compagne feline dell'amico paolo, che le gatte non vanno a star bene con lui: di più.

mi piace convesare con l'amico paolo. hai sempre la sensazione di aver dall'altra parte uno che ti capisce, almeno ci prova, che comprende la dissennata complessità psicopipponica, senza giudicarla. affetta considerazioni su altro. ed è gradevole, comunque, ascoltarlo quando dà fuoco alle polveri se quella persona o quella situaizone non lo convincono, a voler usare un eufemismo.

e poi l'amico paolo sta in mezzo ai libri. la biblioteca dell'hometown ne ha tantissimi. l'amico paolo non sa più dove stiparli.

per le nuove uscite ha imbandito due tavoloni, onusti all'inverosimile di libri, tutti foderati per proteggerli dall'uso condiviso. l'amico paolo comincia a prendersene cura così, prima di catalogarli: uno ad uno.

ed è entrando in biblioteca, con lo sguardo che subito volge ai tavoloni delle ultime uscite, che succede. quasi sempre il sabato mattina, ovvio. quella catasta di libri ha una sua armonia, nel contenere in maniera casuale tutto ed il contrario di tutto in termini editoriali. quella visione è una specie di cornucopiale fuga in avanti, in alto, in entrambi i lati, altrove. immaginatevi l'effetto che può dare, quando non faccio girare la ruota, e guardo fuori. di sabato mattina, appunto. è una specie di salto nell'iperuanio, potenziale. è la sensazione materica della promessa che sa darti la letteratura. lo spalancarsi [bulimico?] di una delle più commomenti citazioni di Eco, le vite che vive un lettore.

su quei tavoloni c'è l'invito a vivere le vite di altra umanità, per farcele scorrere dentro. c'è il memento che lo studio, la saggistica apre mondi nuovi, spalanca visioni che ne gemmano altre. ad intuire la vastita vertiginosa dell'umana intelligenza. è su quel tavolo, metonimicamente.

ed io l'osservo giù dalla ruota, quando guardo fuori. non mi sfugge sia una possibile via di fuga, per quanto solo mentale. aprire la porticina e salutare la ruota. possibile, che rimane nel dominio del potenziale. che tanto non farei comunque in tempo a leggere solo quelli che sono su quei tavoloni. fuga solo da scrittura creativa, che si impantana nel mio speculare, nel senso stretto del termine. che so che leggere di quelle altre vite, di quegli altri saperi è per metter da parte, solo per attimi, l'infilata di attimi senza soluzione di continuità che vivo facendo girare la ruota. mi potrei immergere nelle vite di quei libri, che vivrebbero nella mia testa di lettore potenziale. quella che invece vivo, smettendo di contarla su, non mi realizza, non mi completa: occupa il mio tempo ma non mi riempie. tanto che faccio girar la ruota per non pensarci troppo. ovvio che poi sembri roba gassosa, evanescente. le vite che potrei leggere lo sono forse ancora di più. ma è una sostanza che ha armonie, mica particelle che viaggiano a caso - appunto - come il gas.

su quella tavolata c'è un titillo, una promessa, un altro rispetto al solito compulsivo. un altro che sarà solamente quando leggerò. per poi tornare a far girare la ruota.

mica non lo so che è roba evanescente. e che, irrealizzato, non riesco a far altro che farla girare.

però mi piglio, comunque, stilla di piacere. per quanto sostanza fatua, potrebbe avere effetti anche reali. la percezione di star bene, financo solo attimi. l'intuizione la ruota da far girare è solo un di cui. e chissà cos'altro può essere. molto poco probabile, vero. con la mia inazione lo diventa ancora di più. però so anche non è ancora un mai. non si può dire.

per fortuna.

[updt. peraltro proprio in questo momento, domenica mattina luglio solitario chiuso in casa, sto mandando a meretricio cose. a dirla tutta siamo in due, che non ci si fraintende mai da soli. però intanto la frustrazione alimenta la rabbia, e viceversa. ed è pure caldazza. e domani ricomincio a far girare la ruota. il rischio di sbrocco è importante, che il carico in questi giorni non è indifferente. smetto di pensarmi e basta. mitigo vivendo vite d'altri. declinazione taumaturgica dell'aforisma di Eco].

1 comment:

Paolo said...

Continua a farla girare quella ruota, perchè dentro di te c'è un mondo meraviglioso che manco ti immagini...devi solo trovarlo, o meglio riconoscerlo, per regalarTI quella leggerezza dell'animo che la tua radicata razionalità intellettuale cerca di velare.
Ciao, amico Corrado...orgoglioso di come (immeritatamente) mi vedi.