Saturday, November 22, 2025

verdiano

se n'è andato anche l'aldo. se ne stanno andando tutti i coetanei di patreme. è il naturale svolgersi delle cose. è patreme che - per una volta - è stato molto in anticipo. tra tutti costoro, l'aldo che se ne va, è quello che mi ha colpito di più. non è ovviamente una cosa casuale. per quanto la cosa interessante, forse controintuitiva, è il contesto relazionale tra l'aldo e me. perché l'aldo ed io non ci siamo mai presi. anzi. non so se solo per una proiezione del rapporto aveva con patreme, per quanto credo si stimassero, a modo loro, per i tratti che serviva. non so se anche per il mio essere impacciato e intimidito da una figura che mi appariva spigolosa e burbera.

però l'aldo è stato la persona che mi ha insegnato la musica. è stato il maestro della banda in cui ho suonato. per quanto forse l'abbia lasciata anche a causa sua. credo sia stato così per molti, una figura importante dico. perché ha insegnato la musica a tantissime persone. e tantissime persone hanno suonato in banda con lui come maestro. e forse l'hanno lasciata anche a causa sua. chissà se tra coloro che variegatamente scazzarono con lui, in banda, ora prevale la riconoscenza o altro.

perché l'aldo era sicuramente un talento musicale. fosse nato in un contesto più favorevole, avesse potuto studiare da subito la musica, chissà cosa avrebbe potuto e saputo fare, chissà dove sarebbe arrivato. avesse avuto un po' altrettanta empatia relazionale chissà che direttore di banda avrebbe davvero potuto essere.

non era una persona facile. un po' la bizzarria dell'artista. un po' il replicare un modo di porsi da uomochemaidevechiedere. però poi mi son chiesto se 'sta roba qui non fosse una specie di corazza per difendersi. perché son piuttosto convinto dovesse avere una sensibilità ed una delicatezza interiore che, forse, voleva, doveva dissimulare con atteggiamenti più conformi. perché sensibilità e delicatezza interiore, credo, siano condizioni inevitabili per poter vivere la musica, come di certo la viveva lui.

per questo ne subivo un certo fascino. perché capivo, più o meno conscio, come la musica gli fruisse dentro. come forse fruisce dentro di me. molto probabile meno talentuoso di lui. quindi cercavo di sussumere il viverla e possederla, la musica. sussumerlo là dove e quanto vedessi affiorarla 'sta cosa. quando non mi facevo allontanare da quell'aspetto del porsi che mi intimidiva, e anche un po' mi infastidiva. cercavo riferimenti. era il contesto ed il porsi che mi intimorivano.

credo mi stimasse, musicalmente intendo. me lo buttò lì, senza lasciarsi andare ad altri fronzoli il giorno che mi accompagnò a comprare il flicorno, lo strumento che aveva scelto per me quando si studiava per entrare in banda. fu un viaggio in cui per tutto il tempo stetti stretto in una sorta di tensione imbarazzata. nella sede della "rampone e cazzani", quarna sopra, quando mi porsero lo strumento, il mio strumento, lui, mossa fulminea, lo prese a sé e lo suonò: un paio di scale, qualche salto di terza. solo allora me lo consegnò: al và ben, tegnel ti, provel. lui doveva essere il primo, come servisse una sua ratifica per dare il la - mai più calzante il la - a tutto il resto per la vita di quello strumento. ius primae sonata.

ma non sarei del tutto onesto se non riconoscessi che ne subivo, in un qualche modo, il fascino. per l'autorità musicale che incarnava. per quanto sempre un po' a disagio con l'autorità e con lui, ma era l'arte di cui era messaggero a coinvolgermi. un hermes spigoloso, che incarnava un certo paradigma: ma vuoi mettere il messaggio?

per questo mi colpì la sera della serenata della banda a sua figlia, il giorno prima del matrimonio. mangii, fioe, mangii. quasi affettuoso nei confronti dell'ultima nidiata di bandisti, noi quattordicenni. 

per questo mi sentii po' spiazzato quella volta che mi sentii quasi in sintonia, con quel percepire il fruire della musica e come ci inonda. fu durante la pausa di una scuola di musica, mentre provavamo i pezzi del concerto. tra i quali "jesus christ superstar", nel senso di una riduzione per banda di alcuni brani. come punto di chiusura di un tema, prima di quello successivo, un paio di misure con una sequenza di accordi di conclusione, molto coinvolgenti. quella sera mi accorsi di quanto fosse bello quel passaggio. durante la pausa volli andare a cercarlo, sullo spartito del direttore, quali note, chi suonava cosa, quali intervalli. si accorse del mio sbirciare sulla partitura. venne a chiedermi, incuriosito. gli spiegai il perché, volevo vederli quegli accordi. e lì ebbi l'impressione che lui colse appieno il senso profondo di quella mia curiosità. come intuisse il mio cercare la sintassi, il tracciato razionale dell'emozione che quell'armonia di suoni può produrre. che poi è un modo quasi sinestesico di farsela fruire, la musica. è tutta una questione di rapporti armonici, scansioni temporali, ancoratissimi nella precisione della matematica. che poi ti genera dentro quel mondo che ci riempie e scatena le sensazioni più disparate e coinvolgenti.

per questo credo amasse così tanto giuseppe verdi. un per formazione musicale sua, il musicista più importante della storia italica. perché la sua musica è così potentemente delicata, sublime nel suo essere travolgente. io me lo vedo l'aldo, che scruta l'evolvere della partitura a realizzare quelle arie eterne. come si strutturano armonie così d'impatto. come compaiono note a realizzare quegli accordi verdiani così definitivi. di nuovo: la sintassi di quelle pietre miliari della musica. me lo vedo a vivere quella gioia intima di capire come questo si realizzi. che poi è un modo per possederlo. come afferrare anche solo per un attimo la fiammella che intuisci appartenga ad una specie di eternità, che fruisce da sempre e fruirà per sempre. io credo che tutto questo lo vivesse. e deve essere una cosa bellissima da vivere. per cui ci vuole una certa sensibilità e delicatezza interiore. non mi meraviglia si premurasse tanto di mimetizzare.

anche per questo ha composto delle marce per banda. erano una specie di sintesi di quella variegata complessità. un sacco di bemolli in chiave, alterazioni tipo mascolinità sul pentagramma. gli strumenti del controcanto - flicorni tenori, baritoni, tromboni - con ruolo principale e vigoroso. insomma lui, suonatore di trombone per cominciare, baritono anche [quello che suonavano i suoi figli maschi] che così marziale e risolutivo talvolta voleva mostrarsi. quanto meno le prime composizioni.

non so come poi sia arrivato alle ultime che scrisse. molto più morbide, bilanciate, a tratti delicate. addirittura in do maggiore [per gli strumenti in sib, ovvio]. ormai era troppo tempo che ci ignoravamo, anche solo incrociandoci per strada. però lì dentro ci deve essere stata una specie di evoluzione. o forse la corazza meno necessaria da indossare, il mimetismo meno ostentato, gusci più sottili.

questa sera c'è il concerto di santa cecilia. per me è sempre un po' faticoso. non solo per l'aspetto emotivo del ricordo. anche per una certa spocchia snob, stratificatasi con gli anni [sono anosmico, ma l'orecchio di è raffinato col tempo. e si è fatto molto più puntacazzista]. penseremo a lui, all'aldo. tutto quello che ha significato e rappresentato. 

il fatto non sia stato semplicissimo stargli accanto, non rimuove l'eco di quanto sia stato importante per un sacco di bandiste e bandisti. anzi, forse rende la cosa più complessa, quindi più umana. come l'armonia, complessa e umana, di un accordo verdiano. 

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