credo di essere nel bel mezzo di un momento depressorio. niente di che, neh? una buchetta. se ne verrà fuori.
gran grosso boccone, del pasto che sta consumando questo momento, credo sia il rinculo per quel tentativo di storia deragliata in un mezzo amen. pensavo fosse arrivato il cambio di paradigma. ci ho creduto. talmente tanto che non ho intravisto i segnali. meglio: li ho intravisti, ma gli occhi a forma di cuore han fatto sì li ignorassi. e quindi un bell'investimento emotivo per qualcosa da costruire con una delle persone meno adatte. i segnali, appunto, c'erano, te non cacarli, e così succedono cose in un mezzo amen. e comunque prova te a ragionare con la chimica e le nevrosi quasi ossessive.
tant'è. dopo un po' è arrivato il rinculo. nemmeno il tempo di iniziare il chiodo-schiaccia-chiodo. o meglio, prodromi non esattamente scintillanti.
e dentro il rinculo, tiro su a trascico le nequizie che accadono. enormi ed epocali, come quelle più vicine. differenze di scale e di prossimità importanti. ma tutto si tira appresso, e il velo di malinconia sembra un fronte perturbatorio ampio e persistente. per quanto è serena malinconia. però lo strascico tira dentro tanta roba. e si fatica. e naturalmente non voglio tirar il fiato. e quindi, dice, che cazzo ti appunti cose, che tanto lo sai già come si rimane nella buchetta.
e vorrei tirar fuori tre appunti. veloci. anche se tanto si sa, tanto veloci non saranno. appunto.
venerdì ero in ufficio. ascoltavo la rassegna stampa mentre mi avviavo al dispenser per l'acqua microfiltrata. il piccolo rito mattutino è quello di riempire la borraccia, bersi il mics di accccuaCasssataENaturaleAgaggganelle, quindi riempirla di nuovo e tornarsene alla postazione. il buon mattia, alla radio, stava leggendo l'articolo su mohammed, bimbo di diciottomesi di gaza, notizia in principio riportata dal daily express. pelle color di vecchio, colonna vertebrale più che sporgente, pancia gonfia, viso inespressivo e occhi sbarrati. "Apre e chiude la bocca, cercando nell’aria il biberon che non ha. Non è un pianto quello che emette, è piuttosto un lamento rivolto alla coscienza del mondo che assiste inerte a tutto questo.". mi mancano - letteralmente - le forze. mi siedo su quella specie di seduta cool arancio-grigia. bevo dalla borraccia, da seduto. non riesco a farlo in piedi. ascolto e mi sommerge un senso di angoscia. un misto tra rabbia ed impotenza. un po' spero che l'articolo, la sua lettura, giunga a conclusione. come a smettere i cazzotti nel bel mezzo della panza. un po' vorrei non lasciar andare quell'immagine, quel simbolo. sono seduto e bevo, lentamente. nel frattempo sbucano dall'ascensore fieri dipendenti di là dentro. stanno andando alla loro postazione, convinti che anche oggi saranno fondamentali e determinanti a immaginare progetti nuovi per là dentro, o roba raffinata, per l'ordinario ed oltre, a garantir il funzionamento della baracca. non so se sono contenti, praud. se si sentono importanti e ben pronti ad alimentare parziali sovrastrutture, l'impiegato che va al lavoro nel posto fico e cool. con quella specie di sedute arancio-grigie vicino al dispenser dell'acqua microfiltrata. ti ci puoi sedere, mentre ti fai un goccio. tipo quello lì con le cuffiette nei padiglioni auricolari, con le spalle un po' curve. dalla postura del corpo non sembra in formissima. li guardo passare, mentre sto moderatamente di merda. chissà che cosa stanno pensando. chissà quali preoccupazioni. chissà quale contezza di certe nequizie. chissà quanto interesse. chissà quanto pensiero solo alla giornata lavorativa che va a cominciare.
cose così.
ieri sera spettacolo pirotecnico sul lago. mi interessa il giusto. ma almeno mi costringo ad uscire di casa e far due passi sul lungolago satollo di turisti e autoctoni. prima volta in questa stagione. passo davanti l'oratorio. è ancora una stilettata. come se lì dentro si fosse formato un ganglio di irrisolto. almeno per me. ci sono i manifesti dei campi-scuola. roba che mi tornano - ancora - alla mente le sensazione di condivisone fuori dal mondo ordinario, che si viveva in quei giorni. sui manifesti ci son foto, ed in quelle foto c'è il prete, ovvio. mi fa un effetto strano. potrebbero toglierli, penso. stamani lo condivido con matreme. la sua risposta è breve quanto significativa: eh, l'oratorio deve comunque andare avanti, ed ai ragazzi, ai bambini bisogna comunque pensare.
già. il tutto deve continuare. e se deve, può. è che son solito fermarmi nelle mie buchette. le cose devono proseguire. come durante il covidddddì, la gente ha continuato a sposarsi. per fortuna c'è il mondo fuori dalle mie buchette.
oggi ho camminato in mezzo al bosco. sembra faccia bene. probabilmente non è solo una questione che, in modalità sciamanica, ti rammentano come un'ovvietà pattuglie di gniugeisti, nelle più lisergiche declinazioni. potrebbe esserci qualcosa di provabile. tipo fitotrasmettitori e recettori, che le piante utilizzano per comunicare. non dissertazioni sui massimi sistemi. elementi funzionali alla loro sopravvivenza. e sembra che immergervisi faccia bene. confermo. sarà poi quel po' di sforzo fisico, la dopamina che si genera. sì. funziona. non è che esce dalla buchetta, neh? però meglio che starsene in panciolle a rimirarsela, la buchetta. camminando in mezzo al bosco ho attraversato terrazzamenti, quel che rimane. piani, artefatti, che si inseriscono nelle asperità del versante di mezza costa, naturale. sono le vestigia di quel che era lo sfruttamento di quei terreni. si coltivava, si viveva di quello. economia di sussistenza e poco più. e lì non c'era bosco. tutto sgombro, per sfruttare gli appezzamenti, pascere il bestiame. il bosco è tornato quando l'uomo da lì se n'è andato. qualcuno li osserva con una certa nostalgia: come sarebbe interessante tornare a quei versanti curati, che erano così capace di darti da sopravvivere. appunto. sopravvivere. sono in un momento depressorio, non soverchiato da nostalgie passatiste, luddismo allo stato di superplayer. per millemila ragioni. e poi il bosco è biomassa, tra l'altro da captazione di anidrite carbonica. e sono alberi che continueranno a cibarsene, per ridarci ossigeno. certo. molti muoiono, marciscono e magari te li trovi sbarrare il sentiero. ma è elemento organico che rientra nel circolo. humus che concimerà altri alberi. il bosco può inquietare, per alcuni archetipi che ci portiamo dentro. il bosco può rigenerare. che grandi chiacchierate devono farsi, gli alberi, con i loro fitotrasmettiri-recettori. e noi che ci passiamo in mezzo.
anche senza per forza uscire dalle buchette. però meglio che non farlo.