Sunday, March 14, 2021

non è tanto la zona rossa in sé, ma la zona rossa in me

non è andato tutto bene. proprio per un cazzo. a guardarla con occhio disincantato era già più che chiaro più o meno un anno fa. l'autocolonna dei mezzi militari il diciottodimarzoduemilaventi, a bergamo, lo ha ratificato iconicamente. cantavamo dai balconi, applaudivamo alle 18.00. era un succedaneo di solidarietà condivisa, per la prima volta eravamo tutti davvero sulla stessa barca. ho la sensazione fosse soprattutto un modo per esorcizzare la paura. più o meno consciamente ci stavamo cacando sotto. peraltro con ragioni più che giustificate, riassunte nella paura arcaica della malattia. le epidemie ci hanno decimato fino ad uno sputo di decenni fa. ovvio che abbiamo l'eco di quella paura nel cervello rettile, di prima ancora scendessimo dagli alberi.

io, tanto per cambiare, ero dicotomico. da una parte rimuovevo il problema di fondo e quel tempo nuovo significava che - finalmente - potevo lavorare non andando fisicamente là dentro. una specie di pausa, che mi aveva quasi ringalluzzito. dall'altra ho avuto paura, sì. non me ne rendevo del tutto conto, ma ho avuto paura. più che per me, per tutti. nel senso che ho temuto potesse venire giù tutto: ospedali bloccati, logistica globale saltata, disordini. ed il tutto chiuso in un appartamentino piano basso, da solo, in una città di cui si diceva si sarebbe dovuto vincere la battaglia più importante: che se attechiva lì, sarebbero stati cazzi. a distanza di mesi ci ho ripensato. ho avuto paura. anche di tutta la difficoltà che ne sarebbe venuta fuori. il tener a distanza le persone. l'unica prospettiva attendere il vaccino [ma se va bene è roba per l'estate prossima, qualcuno non ha smesso di ricordare]. guardavo la circonvallazione vuota e mi prendeva il magone. un po' la vertigine, un po' la percezione di chi stesse veramente in difficoltà. ho scritto un po' in quel periodo. ogni tanto leggo di quel che c'è indietro. quelle settimane le salto. oltre la cifra stilistica intricata so ci ritroverei il peso di quei tre mesi. mi trastullavo fossi in pausa da là dentro, pur lavorando quasi più di prima. ma avevo paura. e dal mio punto di vista la questione infettivo-pandemica non si è mai esaurita. anche quando taluni blateravano di virus clinicamente morto - e qualcuno dovrebbe rispondere per quell'affermazione scellerata - non mi sono mai sentito del tutto fuori dal delirio. ho abbassato un po' le difese in alcuni contesti relazionali - pochi, pochissimi. ma sapevo non se ne era fuori. seconda e terza ondata, nulla di imprevisto. non avevo invece previsto di sbroccare. cosa che in effetti è capitata sul finire della primavera.

ora.

può essere che questa sia veramente l'ultimo sforzo. ci si richiude perché qui la situazione non è bbbbuona [cit.]. e che forse si sia già svoltato per l'ultimo strappo, grazie ai vaccini. già i vaccini e la campagna di vaccinazione di massa. sulla zona rossa non è che a me cambi 'sto granché, in questo contesto, a lavorare come un pazzo da questo soppalchino che è arroccato e dà un gran senso di protezione. non è la zona rossa in sé. è che gli stati di prostrazione ciascuno si assomigliano tutti, ognuno poi è stanco nel suo personalissimo modo [semicit.]. quindi può essere che sia un rigurgito, da zona rossa e che - com'era? - l'ora più buia e quella che precede l'alba, o una retoricata simile. ma sto vivendo decisamente con grandissima amarezza la questione della cagnara e della canea che ognuno - si fa per dire - vorrebbe vaccinare con un ordine che sta nella sua capa. segnatamente che prima viene lui. poi gli altri. è un'iperbole, ovvio. ma è rappresentativo dell'iperbolico personalissimo giramento di coglioni. le precedenze vaccinali scecherate. dai furbetti, che le parole sono importanti, quindi costoro bisognerebbe definirli per quel che sono: infami. alle categorie variegatissime con pretese lisergiche. dal punto di vista simbolico il nadir e lo zenit sono rispettivamente il guappo vinny, presidente della campania [non governatore, la campania non è il wyoming - cit luca bottura] ed il PdR. il primo che salta la fila il giorno in cui si inaugura il piano vaccinale in campania, che è con lo sguardo ed il suo grugno che acclara con arroganza che lui è lui e gli altri non sono un cazzo. il secondo è la più alta carica dello stato che, come un signore ottantenne qualunque, si mette in fila il giorno in cui arriva il suo turno, ed attende assieme ad altri vaccinandi [parentesi: sembra che lo staff abbiano volutamente rinunciato alla photo opportunity [pessimo inglesismo] nei dintorni la vaccinazione. quindi. o sono molto distratti. oppure sapevano che una qualche foto con il PdR in attesa sarebbe stata scattata in maniera non troppo professionale, quindi diffusa, con tutta la potenza iconica che ne sarebbe venuta fuori. e che ne è uscita. la comunicazione efficace, se si è capaci, la si può fare anche solo sussurrando]. il fatto che si stia provando a derogare all'elenco: prima chi cura, forze dell'ordine e insegnanti [con tutti i distinguo dei casi], quindi le persone davvero deboli e per età in ordine inverso. si va in ordine inverso perché viene prima chi ha più probabilità di lasciarci la ghirba, quindi finire in terapia intensiva, quindi intasare i reparti degli ospedali. è un principio morale ed una questione di buon senso: inestricabilmente legati. ma è anche un patto di solidarietà condiviso, che sta alla base del patto che dovrebbe farci cittadini. è il sostanziarsi del cantare l'inno di mameli sui balconi, che senza quel patto diventa un banalissimo ed apotropaico toccarsi le palle - mi scusino le signore - senza ce ne si renda conto. e invece qualche categoria che rivendicano, loro, l'essere più importante di quel patto. che siamo tutti uguali, ma c'è qualcuno di più uguale. quando non l'idea indegna del: prima chi fa più pil, con l'accordo con le aziende di assolombarda e chi ci sta ci sta. che non so se son peggio le balle oppure le facce che riescono a fare [guarda un po' se uno deve arrivare a citare ligabue]. indegna perché è come mettere esplosivo dentro le crepe di una situazione già di per sé a privilegi differenziati. è mettere a principio che le disuguaglianze non siano da mitigare, ma da accentuare [toh, la destra economica]. è un'idea a controreazione positiva, che son quelle controreazioni che i sistemi li fanno saltare. è roba che declinerebbero in una gran bella serie di contraddizioni. ad aberrazione variabile. tipo - ad esempio - un trentenne sano, con contratto a tempo indeterminato in una grande azienda, avrebbe la precedenza su una sessantenne - magari con problemi di salute - che è diventato precario in un'aziendina che magari quell'accordo non riesce a stipularlo. oppure - altro esempio - un dipedente di banca, che lavora da casa sì, un tassista no. e ci potrebbe sbizzarrire, con un sacco di altri esempi esilaranti. più ci penso e più mi sembra una cosa che ha in nuce la deriva di cui è intrisa "la strada", di mccarthy, che è un libro potentissimo quanto un pugno nello stomaco. lì non c'è più nemmeno la legge della giungla, si è oltre. è il salto distopico del mors tua però dopo che hai dovuto rinnegare in maniera revanscistica il prima donne e bambini, e sei ancora più spietato.

ora.

questa reazione, quasi itterica, a queste istanze che sovvertono, o vorrebbero sovvertire, il principio di mutua solidarietà condivisa, potrebbe essere un effetto da ipersensibilizzazione da zona rossa [in me] con l'effetto accumulo che ci si porta dietro tutti. forse coloro che han saltato la fila, sono stati percentualmente una minoranza davvero esigua. una irriducibile graniglia statistica della sciatta furberia italica. tanto pochi tanto quanta l'eco mediatica per il meritato: stronzi, andatevene afffffanculo, e magari un po' di dissenteria - suvvia, non troppo: il giusto. un riverbero di sdegno proprio perché c'è la stragrande maggioranza che crede in quel principio di mutua solidarietà. i rappresentanti delle categorie che dicono: prima noi, o i governanti che pretendono prima chi fa pil sono davvero mica tanti [vero, ci sarebbe la quisquilia che sono in posizioni più o meno apicali, che hanno effetto leva pragmatici non proprio indifferenti]. comunque saranno le disposizioni centrali - che sono pure Costituzionalmente più coerenti - quelle che daranno i tempi e i modi. e gli altri si adegueranno. ci hanno provato. ma gli ha detto male. sono mossi da princîpi stronzi, ma son stati fermati in tempo. quindi potrebbe essere che a guardarla con meno isteria da fighetteria radical chic debosciata faccia un po' meno impressione. non che non sia tecnicamente indegno. o che possa scriverne solitario, rivendicando i miei di princîpi. in questo sì rasserenato: non devo mica più giustificarli a nessuno, non mi servono per dare una mano a strutturarmi o identificarmi [non questi almeno].

non si diceva solo: andrà tutto bene. proprio per un cazzo. si diceva anche che ne saremmo usciti migliori. posto che non ne siamo mica ancora usciti. e ce ne vorrà. però su questo provo a non pensare già da ora: proprio per un cazzo. ne usciremo diversi. chi è peggio avrà dato il peggio. gli altri avranno fatto quel che potevano: che tanto o poco. molti avranno dovuto fare anche la parte di pochi, o viceversa. che è ovvio che se ne usciamo lo faremo solo se lo facciamo assieme. e ci sarà pure qualche fenomeno che pagaiava dalla parte sbagliata, e magari alla fine si convincerà pure che lo faceva dalla quella giusta: visto che si è fuori e lui lo faceva in quella direzione. e magari stracasserà li coglioni per ribadirlo. non so se saremo necessariamente migliori, dopo. sicuramente saremo diversi. la cosa migliore sarebbe se si imparasse da tutta 'sta situazione. sul cosa e come ci sarebbe da ragionarci, discutere, confrontarsi per gazziGlioni di bicchieri di vino - figurativamente. io sarò di certo diverso. so che un brivido di vertigine mi prenderà quando si tratterà di fare le cose per cui credo di aver capito valga la pena adoperarsi, o che mi sono mancate, o la combinazione lineare delle due cose. un brivido di vertigine perché gli spazi aperti possono disorientare, all'inizio. e poi non ci sarà più da ragionarci, o pensarle o peggio ancora idealizzarle, ma fare, appunto. ecco. siamo tutti variegatamente scoglionati e provati. quando chi non colpito in maniera variegatamente pesante. e dopo tutta questa fatica, collettiva e privata, sarebbe davvero uno spreco non aver imparato nulla. e almeno provarci, ciascheduno, ad essere pezzi di umanità uno zic migliori: qualsiasi cosa significhi, qualsiasi consapevolezza implichi. ma fare assolutamente in modo che questo infarto della storia [cit] non sia venuto invano. per chi, invece, in caso contrario: serenamente, pacatamente, senza giudizio alcuno: andatevene pure affanculo.

 



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