Friday, July 22, 2022

contronaturismi

i genitori non dovrebbero seppellire i propri figli. è contronatura.

leggo di una madre che lascia morire la creaturina, abbandonadola. che è due volte contronatura. 

e lo leggo in attesa, emotivamente intensa, di una madre e di un padre che seppelliranno il loro di figlio.

è la terza volta da quando è iniziato questo delirio pandemico. come una cadenza impietosa nelle fasi di questo delirio pandemico.

i genitori che seppelliscono i loro figli è contronatura. però è sempre successo e sempre succederà. che ci appaia davvero così insopportabilmente senza senso è per il privilegio che ci è toccato di vivere in questo pezzo di mondo realtivamente più sereno. in un periodo di straordinaria continuità di pace - da noi, ovvio. ma è un privilegio dei nostri tempi e del nostro mondo. avremmo ben tutti nonne e nonni, bisnonne e bisnonni, proziumi che ricordano, rimpiangono, fratelli, parenti seppelliti giovani. bastava una polmonite. un qualche malanno che oggi cureremmo senza fare un mezzo plissè. e i genitori seppellivano i propri figli. contronatura. anche se erano malattie che falcidiavano.

succedeva anche con le guerre. succede ancora con le guerre. grandissimi tocchi di umanità, grandissimi tocchi di genitori che vive più nell'ordine delle cose, che forse toccherà loro seppellire i propri figli caduti. un motivo in più, questo sì, per ricordarci quanto contronatura sia la guerra.

e succede per fame, e stenti in troppa parte di mondo. per troppi tocchi di umanità. e questo, oltre ad essere contronatura è insopportabile, urticante.

i nostri tempi, nel nostro mondo da privilegiati, hanno espuntato un po' di più quell'atto contronatura. lo hanno allontanato un pochetto. ed è come ogni volta fosse ancora più dura, sconvolgente, traumatica. non credo si possa mai essere pronti. noi lo siamo ancora meno. come fosse la peggiore delle maledizioni. il dolore più lancinante.

[stra]parlo, scrivo forse a sproposito. non sono genitore. quand'anche lo fossi non sarei stato madre. se può aver senso metterli in fila, forse, le entità del trauma più intenso.

non posso nemmeno provarci a pensare, di cominciare ad intuire cosa deve significare per una madre. che la creatura se l'è portata dentro. è qualcosa che al maschio - comunque - sfuggirà sempre in maniera ontologica. non ci provo nemmeno. però il pensiero corre spesso alla madre, più che tutte e tutti gli altri. più che la sua sposa, che avrebbe dovuto diventare suo marito tra un paio di mesi. e certo c'entra quel legame che c'è sempre stato con quella mamma, pur non vedendosi per mesi. e certo c'entra quella particolare sensibilità che non si può non intuire a prescindere.

non ci provo nemmeno. che la creatura abbia appena passato i sessant'anni, o che ne abbia nemmeno tre, o che ne compia oggi trentatre. credo cambi davvero poco. quel dolore che sento riverberare anche da lontano.

qualche post indietro scrissi sulla genitorialità mancata. c'è un non detto un po' paraculistico. o forse possibile passaggio comunque evitato. un mezzo pensiero che non ricordo distintamente se è salito, fino a condensarsi in una considerazione conscia e consapevole.

io non sarò verosimilmente mai genitore. non mi capiterà di vivere forse la più intensa dei coinvolgimenti emotivi duraturi. certo che mi è mancato. però so anche aver evitato quel punto angoloso assoluto. non seppellirò mai i miei figli. non è una consolazione, ovvio. però so che, di certo, non passerò attraverso quella roba lì. contronatura. non mi fa né migliore né peggiore. né più fortunato né più sfighinz. non succederà. punto.

i genitori immagino rimuovano quel pensiero. intuisco sia la paura più grande che può soffocarli. è un meccanismo psicologicamente sano, di autoprotezione. ci si mette al riparo dalla cosa più contronatura.

domani abbraccerò qualcuno che, con questa cosa, che non si augura a nessuno, dovrà conviverci per sempre. non sarà per nulla semplice. ma è il mimino che si debba fare.

e un brandello di senso, nel non senso contronatura totale e paralizzante, si può intravvedere in lontanissima trasluminanza. se può anche avere un senso provare a cercarlo. ed è il fatto che qualcuno, chissà dove e chissà chi, potrà vivere una vita un tocchettino migliore grazie alla donazione degli organi. è il paradosso di questa dualità. morte e vita così intrecciati. roba che sinceramente un po' mi stordisce. se c'è ricevente, c'è un donatore. da una parte un nuovo vivere. da una parte il dolore contronatura. non so se e come possa servire, specie proprio ora, ai genitori, a tutti coloro che stanno vivendo questo. ma è una specie di respiro di aria fresca, nell'apnea di un buio che può sembrare senza più fine.

ma è come il seme. muore, per portare frutto.

ciao Michele.

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