Sunday, July 3, 2022

post psicopipponicamente, irrazionalmente, genitoriale

quando era giovane, onusto di belle e conformistiche speranze, ero convinto sarei diventato padre. non poteva che andare così. volevo tre femmine. non avrei disdegnato due gemelle - primo o secondo parto della mia futuribile moglie, indifferente. così come del tutto non contemplante di quanto deve essere fottutamente complicato un parto gemellare. tre femmine. non so dove finisse il voler sfruttare il complesso di elettra, e dove iniziasse la paura inconscia di non combinare gli stessi involontari casini che patreme compì con me. invero ben supportato pure dal mio puntacazzismo.

un po' fuori dal conformismo sociale degli anni dell'adultità, le cose sono cambiate un tocchettino. però il desideio di essere padre non si è consumato del tutto. così, se ripenso agli ultimi undici-dodici anni, mi vengono in mente due fanciulle, come risposta alla domanda: ma tu con chi faresti una figlia? due fanciulle. ovviamente in maniera sequenziale, con discreta soluzione di contuità tra le due: mica in contemporanea. c'è un limite a tutto.

la prima è diventata madre pochi mesi fa. e pensarla mamma mi emoziona. allora avrei dovuto essere più centrato, più convinto, più cinico a provare a far andare in maniera diversa una relazione, la sua per intenderci. quella che ha portato a questa bellissima creatura. provarci non avrebbe significato riuscirci, ovvio. ma sarebbe stata condizione necessaria. doveva andare com'è andata. con quella creatura sorridente, e l'emozione di quella madre. che tanto [mi] significò allora.

la seconda non mi risulta sia madre. ed ho la totale irrazionale sensazione sarebbe [stata?] una mamma che mi emozionerebbe allo stesso modo.

queste le fanciulle per cui negli anni dell'adultità, in maniera variegatamente irrazionale e sequenziale [con discreta soluzione di continuità], ho perso la testa. per quanto non ci sono relazioni belle e coinvolgenti come quelle che non hai vissuto. e in cui non hai condiviso il calzino lasciato in giro per la stanza [la prova del calzinismo, diceva la mia amica viburna]. o quando ti svegli con gli occhi cisposi al mattino, ci si trova nello stesso letto. arrancando col mondo.

fanciulle [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] accumunate solo da due tratti. fisico asciutto. ed una delle due con meno tette dell'altra, che ne ha poche. non è solo una considerazione trivio-estetica. è che sono un tettista convinto, qualsiasi cosa significhi. però delle tette della madre di nostra figlia non potrebbe fregarmene di meno. è solo un buffetto nella totale irrazionalità della risposta a quella domanda: con chi avresti fatto una figlia?

già, irrazionalità.

perché se ripenso alla risposta alla domanda, e perché avrei risposto lei [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità], non c'è moltissimo che riuscirei a circoscrivere in una qualche razionalizzazione. ci sarebbero un sacco di cose che deborderebbero oltre i bordi di ogni ragiovevole tazza [cit.]. e fin qui, niente di così eclatante o così originale. mica puoi razionalizzare l'innamoramento, lo stordimento dopaminico, per cui si saltella come gli astornauti sulla superficie della luna. solo che i saltelli li si fa dalla superficie rugosa del principio di realtà. e quindi in grandissima prevalenza, un pensiero che erompe senza pensarlo è: facciamo una figlia [vabbbhè, oppure un figlio, via]. che è come se fosse l'unica cosa ovvia e fattibile. bel marchingegno ha messo in pista l'evoluzione. che per sicurezza la riproduzione sessuata l'ha affinata con una buona dose di capacità di riuscita.

che se ripenso all'irrazionalità della mia riposta, ora, mi vien da domandarmi: ma sulla base di cosa? con queste due fanciulle ci hai avuto [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] a che fare così abbastanza da dire: sì, con lei sì, una figlia ce la farei? che poi mica non lo sappiamo che non significa farlo e basta. che "per far un uomo ci voglion vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore" [cit.] [un'oraaaaaaaaa? spero sia una licenza poetica. che ho i mie crucci di inadeguatezza. poi dice: eh, se ascoltavi 'ste canzoni a quindici anni]. una figlia, un figlio significa tirarli grandi. o avviarli a. e vivere in presa diretta empatica le sue gioie, e soprattutto i suoi dolori. per tutta la vita. deve essere cazzo faticoso. deve essere uno delle sfide più emozionanti ed importanti. ma cazzo emotivamente faticoso.

e quindi. ripensando all'irrazionalità della mia risposta, so che ci sarebbero state probabilità non indifferenti che qualcosa avrebbe potuto andar storto. tra la madre della creatura e me. specie per il fatto quella risposta non poggiava poi tanto sull'esperito di una relazione propriamente provata, e più o meno collaudata.

è una risposta che mi sarebbe venuta  [sequenzialmente, con discreta di continuità], senza ragionarci troppo sopra. senza valutare l'opportunità. quanto poco  pat-pat alle spalle del principio di realtà. che per un tedioso rompicoglioni razionalista come me, non è proprio robetta.

o forse è proprio questo il bello. o il senso. che certe spinte intuitive, totalmente irrazionali, ti trascendono perché vanno ben oltre a te. e le tue tediosissime speculazioni razionali. financo le tue banalissime paure. ed anche il principio di realtà: sei simpatico et necessario in gran parte dell'esistenza di una creatura, caro principio. però bisogna ogni tanto bisognerebbe derogare. e quello che conta è che l'ovulo fecondato si impianti [ricordati, nei momenti di maggior depressione e scoramento: una volta sei stato lo spermatozoo più fico et forte et capace di altri millemila]. che la nuova creatura è più importante dei casini dei suoi genitori. delle loro inadeguatezze. e loro testacazzismi. che avranno pure tutti i casini, le inadeguatezze e i testacazzismi. fin a riuscire ad essere quanto più disadattati. ma c'è la possibilità che la creatura, gran balzo di reni, vada oltre tutto questo. e contribuisca a suo modo. potrebbe non essere così semplice, quel balzo. potrebbe essere molto complesso, anche alla luce della parziale merdosità di mondo stiamo lasciando loro. ma non significa a priori che non possano riuscirci, in quel balzo. che per fortuna le nostre inadeguatezze paurose non saranno per forza le loro.

e non è che non conosca situazioni incasinate di genitori minchioni [pur con tutta la loro buona volontà]. relazioni che saltano, anche senza deflagrare. non è che mi sfugga la difficoltà di quando si smette di volersi più o meno bene, e si usano come clave emotive le creature. non è per nulla escluso che le creature ne patiscano. però non per questo è improbabile possano diventare i loro bei neuroncini dell'intelligenza collettiva, con assoni e sinapsi che sapranno farsi da loro. non ostante il minchionismo genitoriale.

questo è un post psicopipponico. ovvio. ed è decisamente molto probabile io non sarò mai genitore. anche se quelle risposte ex-post [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] forse continuerebbero a sgusciarmi fuori. in modo del tutto irrazionale. sapendo che potrebbero non essere la risposta [più] esatta.

però quella riposta mi sarebbe venuta [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità]. ed è un dato di fatto che non so spiegarmi. ma proprio per questo va benissimo così. e di cui intuisco, a tratti, il senso insensato.

come una specie di obnubilante, inevitabile, prorompente necessità. come la piccola morte di un orgasmo. e tutto il sacrificio che potrebbe discenderne. che poi ci pensano le creature a viversi la loro vita. e che tu abbia [sempre?] avuto una fottutissima paralizzante paura, fottesega all'evoluzione e al contributo all'evolversi dell'intelligenza collettiva. al limite tu ne rimarrai un po' fuori.

appunto.

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