Sunday, November 20, 2022

post estemporaneo, anticausalità

ho provato ad officiare al meglio il rito di bookcity [ci arrivai per caso sei-sette anni fa, seguendo una suggestione di maurizio principato, un mostro di conoscenza musicale, andatosene troppo presto. raggiunsi il dal verme per ascoltarlo interloquire con un autore di un libro su un cantante che nemmeno ricordo troppo bene. e da lì cominciai a intercettare quanti più eventi possibili buucsittiani possibili]. i maschi alfa, quelli cinici ed anche un po' stronzi, collezionano seduzioni e scopamenti. ed ogni donna concupita è una tacca in più. io lo faccio con l'altro: tipo gli eventi dell'evento letterario condiviso e diffuso. i maligni dicono nacque per rompere i coglioni al salone del libro di torino. ed in parte ci è pure riuscito.

comunque.

stamani compulsavo il programma, spiluccando quel che avrei potuto seguire in giornata. con poco entusiasmo, però. più che altro sopraffatto da una stanchezza che non voleva lasciarmi. ed io a chiedermi: ma che cazzo me lo fa fare, sono stanco, ho freddo a prescindere, perché collezionare quante più figurine possibili? cresci, ed esci da queste ritualità.

per uscire sono uscito. però l'ho fatto per santificare la ritualità. per quanto stancamente ed in ritardo sul primo degli eventi che mi ero segnato.

sono arrivato alla casa della psicologia, accanto al castello, convinto di essere in ritardo. avevo già pronta la battuta per il volontario che mi avrebbe accolto con un "prego, di qua": siete Voi in anticipo, vero? in realtà mi ha guardato con un mezzo sorriso e mi ha risposto: no è in anticipo lei, mancano ancora dieci minuti. prego, di qua.

ah.

e insomma.

sono entrato in sala per la presentazione di questa cosa qui.

l'avevo scelto con l'idea di trovare - magari - indicazioni per una questione specifica, relativamente nuova per me. invece è stato abbastanza tutt'altro. il dispiegarsi di un proluvio di suggestioni che mi hanno portato ad essere turbato, coinvolto, titillato, rinfrancato, stimolato, affascinato, intimidito, grato, consapevolizzato. tutto assieme. in poco meno di un'ora. quando hanno chiesto se qualcuno avesse domande, si è percepito un momento di silenzio quasi ossequioso. per la serie: ma checccccazzzo possiamo chiederVi, dobbiamo ancora iniziare a capire da che parte cominciare e mettere in ordine tutto 'sto popò di roba. poi ne sono arrivate un paio: la prima di una che aveva capito una cosa per l'altra, la seconda di colei che ha voluto recitare la particina di una studiata, con tre citazioni, in altrettante subordinate di un unico periodo [tanto graziosa, caruccia ed imbellettata, quanto puntacazzista].

ad un certo punto, nel proluvio di considerazioni, stavo finendo di assimilare un concetto, così mi son perso la contestualizzazione di quello dopo. che provo a riassumere con le parole che ricordo distintamente. nel nostro stare al mondo, come essere interrelati, ci riconosciamo veramente solo nello sguardo degli altri, che precede il nostro giudizio su noi stessi, che a volte peraltro non siamo in grado di ammetterci.

e mi è sovvenuto cos'era la cosa che mi è capitata, sedici-diciotto ore prima, quasi lì accanto. passavo in bici, in maniera un po' improvvida per evitare la strada più trafficata, davanti all'ingresso della stazione di cadorna [gran figlio di puttana, il luigi, che dovrebbe essere l'onta dei verbanesi, altro che mausoleo sul lungolago]. un ragazzo di colore si sta rintuzzando nel suo sacco a pelo, accanto ad un muretto. avrebbe passato lì la notte, un cartone per materasso. il sacco a pelo azzurro. non è l'unico. qualcosa mi colpisce nel suo sguardo, che noto prima che lui noti me, mentre gli passo accanto pedalando. non riesco a smettere di osservarlo. anche quando si accorge di me e mi guarda. ed io sento un misto di cose. come un qualcosa che sta molto lontano dalla rassegnazione, unito a qualcosa di doloroso. come se coricarsi lì, in quel modo, gli costasse una fatica importante, che mette assieme il fatto sia una condizione, ed un gesto, che è costretto a fare e ma che lui non merita. percepisce la [contestuale] inevitabilità dell'ingiustizia che sta subendo, lì in quel momento. è uno sguardo duro. un orgoglio non [ancora?] domato.

ci ho pensato anche abbastanza turbato mentre pedalavo infreddolito. sapendo che da lì a breve sarei stato al caldo, con una cena frugale, ma fumante. e quindi un letto decisamente più comodo.

ecco. sì. in quel volto ho riconosciuto la mia dabbenaggine, per quando mi lamento [invero, sempre di meno]. oltre la mia incapacità [ancora] a non uscire da questo comfort un po' tossico.

io non posso salvare quel ragazzo lì. posto che magari nemmeno me lo chiederebbe. figurarsi se posso salvare tutti quelli che si coricano in quei contesti, con o senza quello sguardo.

però sì. il senso profondo di quella suggestione dell'evento di oggi pomeriggio è [anche] quello sguardo di quel ragazzo. non so che giudizio possa uscirne. e forse è anche una conquista non mi sia sentito del tutto una merda. però sì. siamo esseri interrelati.

spero di ricordarmelo, quello sguardo. e che qualcosa [mi] porti, prima o poi. ma ho la vaga sensazione che sì. qualcosa succederà.

o almeno lo spero.

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