Sunday, November 27, 2022

paradigmi [o paradigmamenti immoti] [è quasi più lungo il post che la storia narrata]

il risotto pere e zola avanzato non l'ho buttato. e non solo perché era venuto davvero bene.

che cambino o non cambino i paradigmi ci son cose che non si fanno, tipo buttare il cibo. appunto.

a 'sto giro c'era davvero la sensazione qualcosa di nuovo e di bello si stesse approssimando. qualcuna per cui valesse la pena immaginare di cambiare il paradigma: si può anche smettere di essere single, cominciare a pensarsi in una relazione. lo sapevano solo l'amica paola ed odg, cui l'avevo buttata lì, quasi per caso: ah, dimenticavo, sto inziando a frequentare una personsa. ad altri, cui voglio bene, ho buttato lì mezze frasi quasi casuali, in modo più o meno mimetizzato: forse ci sono novità, sto cercando di vivere questi giorni con un rinnovato entusiasmo, sto davvero bene. cose così.

l'ho conosciuta col mezzo più sfighinz del deiting. quello del signor feisbuch. mi aveva colpito il riferimento a certi desideri, con valori, ideali, speranze simili a quello per cui credo valga la pena battersi. poi sì, ovvio, mi sembrava caruccia. son sempre un banale maschio.

mi ha risposto dopo un bel po' di tempo. tanto che quasi non ricordavo di averla contattata. ne abbiamo impiegato molto meno a decidere di incrociarci, peraltro proposta venuta da lei. doveva essere passeggiata al parco nel uichend. e invece le ho proposto anche un'occasione prima: un incontro alla radio con un partigiano. erano due anni e mezzo che non mettevo piedi nell'auditorium. guarda caso il giorno del compleanno di fratteme. genetliaco che peraltro è un po' di genetliaci suoi che mi scuote, come da post.

e quindi ci siamo conosciuti, senza scriverci eccessivamente prima. che è il modo più efficace che ho di autosabotarmi, scrivere intendo.

ero imbarazzatino, agitatino, ma nemmeno tantissimo. dopo l'evento alla radio abbiamo peregrinato un pochetto, cercando un posto per bere qualcosa. pioveva. lei molto più a suo agio di me. e quindi si è parlato da subito un sacco. tutto sembrava uscire con molta naturalezza, ascoltare e suggestionare. ci hanno praticamente cacciato dal locale, mentre noi due discorrevamo ed intorno ritiravano tavoli e sedie. tempo volato. pioveva ancora più forte e lei mi si è abbarbicata al braccio, come la cosa più ovvia, scontata. era bello sentirla così vicino. chi ci ha incrociato avrà sicuramente immaginato fosse un gesto consueto fra di noi.

quella con l'auto era lei. sotto casa le ho chiesto se potevo vellicare la sua mano, già sapeva non sentissi gli odori e memorizzassi col tatto.
- eh, ma indosso i mezzi guanti.
- ah, allora nulla.
- beh, li posso togliere.
- ah, occhei. 

gliele ho sfiorate velocemente, come spiazzato. quindi me ne sono sceso quasi fuggendo. ho avuto la sensazione - ma potrei benissimo sbagliarmi - di aver intravisto una piccola delusione per il fatto non l'abbia baciata. dai, ci vediamo nel uichend.

la mattina dopo le suggestioni sono arrivate subito da lei.
- ah, a proposito, mi sono abbonata alla radio.
- ah! non ho osato suggerirtelo. ma sono contento l'abbia fatto anche grazie a me.

lì, tra l'altro, ho capito che qualcosa poteva cambiare. perché il panico non mi ha avuto. non ho provato il desiderio di fuggire [figurativamente] altrove. non si è scatenata la coazione a ripetere del cercare pregi e soprattutto difetti della ragazza, valutando i pro e i contro, anticipando pensieri tossici di cosa avrei potuto non poter far più, delle piccole difficoltà ed imprevisti ad uscire dalla zona di comfort.

vediamo che ne vien fuori, mi son detto. nessun aspettativa di chissà cosa. nessuna pretesa di situazioni magnifiche ma molto immaginifiche. è una persona accogliente, intelligente, fuori da comune. e su molte cose è molto più capace ed abile di me. non può che farmi bene frequentarla. ne avrò sicuramente da imparare.

ero stranamente sereno. forse addirittura pronto. anche quando il giorno dopo mi ha invitato ad una cena improvvisata a casa sua, con degli amici. ma per quella sera c'era già da ascoltare mauro pagani. ho declinato. avremmo avuto altre occasioni.

poi sì. qualche pensiero di ubbia mi è venuto. e se poi avvampo come un fuoco di paglia? e se poi qualcosa non va? e se poi la deludo o mi delude? e se poi questa cosa si infrange addosso ad un'altra versione di fallimento? è una madre divorziata con creature che sta crescendo. non combinerò qualche casino? non è che rischi di pigliarla in giro?

per un attimo ho tergiversato. ma giusto un attimo. ci ha pensato poi lei, in una luuuuunga passeggiata al parco, con la cagnolina che scorrazzava qua e là, a fugare molti dei dubbi. mostrandosi ancora più interessante, strutturata, centrata: un occasione che il caso o il destino sembrava volermi regalare. con il sottotesto: sarai mica così pirla da lasciarla andare, vero? anche quando mi ha raccontato un'altra parte della sua storia. di come stia provando a fermare una sorta di tradizione complicata famigliare. di come stia affrontando situazioni complesse, che abbatterebbero la stragrande maggioranza delle persone. cose che hanno devastato, a loro modo, la mia famiglia materna, con tutti i riverberi che ormai ho capito esserci stati, fin giù ad incasinarmi un certo modo di strutturarmi, parecchi lustri fa. per lei è il quotidiano, gli affetti di oggi. lei raccontava. da una parte mi sentivo in soggezione per quella sua capacità di farsene carico, un po' avevo voglia di abbracciarla, per la sola ragione di abbracciarla.
- è tutto dentro un racconto che ho scritto.
- mandamelo, lo leggo volentieri.
- però ora sono andata anche un po' avanti rispetto a quello.
- bene. ragione di più per leggerlo.

racconto che poi ho letto. e quindi ho capito che era davvero incredibile. tutto stava capitando velocemente ed in maniera così improvvisa. che vai a pensare una cosa simile l'inizio di novembre. che son giorni pregni di ricordi, questi. ma poi è il caso. o il destino. che forse son la stessa cosa. vivere 'sto potenziale cambio di paradigma proprio adesso.

anche il fatto ci siamo baciati il giorno in cui se n'è andato patreme. un po' l'ho voluto, con un banalissima scusa, per incrociarla sotto casa durante la passeggiata serale con la cagnolina. non mi decidevo. mi sentivo tanto pirla quanto desideroso di. pensavo: adesso la bacio, ma più ci pensavo e più mi sentivo impacciato e ridicolo, con la paura sottile di non aver capito e/o di lasciarmi scappare quel momento architettato. così ci ha pensato lei. i quindici-venti minuti successivi ho la vaga sensazione faticherò a dimenticarli.

ci siamo dati due appuntamenti. 

ci saremmo visti il martedì dopo, a cucinare assieme risotto pere e zola. la prima persona ospitata nel nuovo appartamentino, che non era ancora del tutto sistemato. avrebbe fatto lei da catalizzatore per terminare le cose in sospeso.

quindi il uichend, successivo [questo] che lei avrebbe avuto libera. sarei dovuto tornare al lago, per il sabato, ma sarei potuto ripartire la sera stessa o la domenica mattina presto. il giorno del compleanno di patreme [oggi]. mi sembrava l'ennesima coincidenza che rimetteva in prospettiva il mese di novembre. un caso, ovvio. ma per fortuna che c'era.

così mi sono messo ad attendere il momento. godendomi alcuni eventi di bookcity. alcuni scelti pensando a lei. oppure quello sulla resistenza delle donne [grazie amica roby, che bellissima intuizione avesti], che mi sono gustato con l'emozione del momento che andava anche a lei, così attenta a certe istanze. mi è venuto naturale, dopo, fare una cosa che solitamente non faccio: il firmacopie, chiedendo a benedetta tobagi di dedicarlo a lei, glielo avrei dato con calma. tempo ne avremmo avuto.

ed è stato davvero un uichend strano. ad ascoltare gli autori a bookcity, le loro suggestioni stimolanti. oltre al fluire di pensieri, di considerazoni, di [nuove?] intuizioni, che sembravano sgorgare zampillanti e copiose, cui faticavo a star dietro. con l'idea di condiverderle [anche] con lei. mi è sembrato di essere un'altra persona. ho smesso di osservare le fanciulle con un piglio interessante, che son così frequenti a quegli eventi. ho scambiato battute con sconosciuti. come se qualcosa si fosse sbloccato, ed avesse [ri]cominciato a girare in un certo modo. mi sentivo meno incerto, come aver smesso i panni dell'impacciato che, con degli estranei, sembra aver paura della propria ombra.

tipo una cosa che si rimette in moto. e di colpo provare il desiderio di vivere assieme a qualcun altro alcune cose. va bene aver fatto pace con la solitudine in una moltitudine. ma farle in due diventato, d'improvviso, più interessante, più coinvolgente. roba che ha ancora più senso viverci dentro. mica non lo sapevo fosse [anche] un effetto della dopamina. ma sticazzi, che cazzo di bell'effetto.

erano anni che non provavo il desiderio di baciare una donna senza l'obiettivo precipuo, oltre qualche corollario para-edonistico, di trombarmela [che penso sia meno trivio di scopare, ma fare l'amore è un'altra cosa]. già fare l'amore. cosa peraltro suggestionata da lei, all'interno di un incontro un po' fantasticato, un po' comprensivo di altre intimità.

avrei voluto scrivergliela, 'sta cosa del bacio senza secondi fini diretti, intendo. me la dici a voce - mi ha risposto - lì è condivisione più piena.

poi è arrivato il martedì, e il risotto pere e zola da preparare. ero tanto desideroso, quanto sereno e contento.

già dalla telefonata in cui mi diceva stesse arrivando ho percepito una nota stonata, tanto breve quanto distinguibilissima. e la sensazione di rapidissimo brivido lungo la schiena.

salendo le scale è arrivata la cagnolina, che si è infilata in casa come sapesse esattamente dove andare. un attimo dopo lei, anche se mi è parso stesse arrivando un'altra persona. tipo una controfigura. un filo di trucco e molto impaccio. come si trovasse lì un po' a sua insaputa, o controvoglia. unico dettaglio coerente la bottiglia di barbera importante, di cui mi aveva detto. buona che lo capivo anch'io. al brindisi: a questa inaspettata svolta del 2022, gli occhietti hanno riluciuto in maniera diversa dalla volta precedente, tra un bacio e l'altro sotto casa sua.

il risotto è venuto bene. ma c'era qualcosa che non girava altrettanto. con quella naturalità serena, complicità crescente come le volte prima. i discorsi ad immergersi in un mood asettico, se non a tratti annoiosi, per poi ripigliarsi un poco, ma senza decollare davvero. il linguaggio del corpo ad allontanarsi. quando l'ho invitata ad abbracciarmi lo ha fatto con naturalezza, ma con trasporto etereo. mi ha chiesto di un dettaglio sul suo racconto, quel che le ho detto non l'ha soddisfatta, come fosse una considerazione non azzeccata. altra luce delusa negli occhietti.

niente coccole sul divano, ma una passeggiata con la cagnolina fino alla sua auto: non voglio correre, voglio conoscerti meglio, abbiamo tanto tempo davanti.

non doveva succedere nulla, per forza, quella sera. ma non immaginavo di sentirmi d'un tratto fuori sincrono, fuori percezione, fuori posto. come se avessi sbagliato non so bene cosa: detto/fatto/suggestionato quel dettaglio che decretasse, improvviso: pecccccccaaaatoo, risposta errata, sei fuori! così a dare quella svolta che non ti aspetti. come se tutto quello che ci aveva portato lì fosse una riuscitissima, didascalica, messa in scena. il plot un romanzo che è quasi banale possa proseguire in un certo modo. e tutto che si manifestava con il concentarsi di un freddo improvviso, a scorrermi lungo la schiena.

l'ho accompagnata all'auto con dentro tutto uno scoppiettio di dubbi, di titubanze, di perplessità. non avevo capito un cazzo? rischiavo di combinare qualche casino? sarebbe finita con una nuova versione di fallimento?

di nuovo mi ha baciato lei. ma con il coinvolgimento di una coppia che è lustri che vive assieme. l'ho abbracciata. già sapevo sarebbe stato l'ultimo, anche se non me ne ero ancora reso conto.
- ti do uno strappo fino a casa?
- no, grazie. che se salgo sull'auto poi sarebbe ancora più complicato scendere.

mentre mi passava accanto salutandomi ho provato, all'inzio, una specie di sollievo. quanto meno quella serata sbagliata era finita. avrei avuto il tempo di ri-organizzarmi le idee, di ragionarci. fatti pochi passi però ho capito: quello era stato un duedipicche. inaspettato. ma mica serve che uno se lo aspetti, acciocché sia un duedipicche in piena regola. e non capivo quanto fosse più delicato oppure quanto più perculante.

nei pochi attimi successivi nel rientrare in casa mi è salito un moderato incazzo, oltre la stanchezza che di colpo presentava il conto, con il rebound che mi sussurrava nell'orecchio: vedrai domattina quanto starai di merda.

già. il mattino dopo. mi sono visto girare nei primi momenti della nuova giornata, quelli difficili a prescindere, di nuovo immerso nel paradigma immoto, con i resti della cena, la cucina in disordine, abbastanza piena di roba che nemmeno era stata sfiorata. così ho deciso di sistemare e rassettare tutto subito, non ostante il sonno e la delusione. in maniera tale non rimanesse più nessuna traccia del passaggio, reliquio della sera precedente. ho sparecchiato, lavato, riordinato. via pure l'orma della sua scarpa, appena visibile accanto a dove era stata pervicacemente seduta: scopato per terra, nel senso di passare la scopa sul pavimento.

il risotto pere e zola avanzato non l'ho buttato. e non solo perché era venuto davvero bene.

che cambino o non cambino i paradigmi ci son cose che non si fanno, tipo buttare il cibo. appunto.

infine c'era la bottiglia di vino, davvero buono, ancora piena per un terzo.
- te la lascio, così la finisci e l'apprezzi tu. [mi aveva detto. uau: che gentile concessione, ho pensato].

è stato liberatorio svuotarla nel lavandino, quasi con veemenza, senza troppo titubare, quindi scendere le scale per buttarla nel contenitore del vetro.


tre considerazioni finali [tanto ormai, se avete letto fino a qui], oltre alla numero zero, che sarebbe che andrò a cancellare chat e contatti.

  1. il libro con la dedica pensavo, almeno, di leggerlo. poi ho cambito idea. lo lascerò al bookcrossing sotto casa. che vagoli secondo la fantasia del caso. qualcuno ne sarà suggestionato, ne son certo. e tutto quello che di bello si propaga fa sempre bene al pensiero collettivo. che poi ci si sia una dedica, fatta pochi giorni prima, sarà la fantasia di chi la troverà a suggerire cosa c'è dietro: disfarsi di un libro pensato per qualcuno. forse immaginerà un'innamorata scaricata o un'amica delusa da chi lo ha donato. sono i romanzi più ovvi, quelli. che poi è più o meno ciò che mi è parso di vivere in queste tre settimane;
  2. sono abbastanza convinto di non aver fatto grandi minchiate a 'sto giro. autosabotatorie o meno. che sono più pronto di quel che pensassi, se ne val la pena. e so che può aver senso immaginare che il paradigma non sia per forza immutabile. anche se forse lo sarà, ugualmente. ma ha poco senso arrovellarvisici adesso;
  3. ora la sensazione è come pensare ad un banchetto pantagruelico, nel mentre di un bell'attacco di nausea: ma credo ci sarà un'altra persona, là davanti nel divenire. al netto di cosa ne sarà del paradigma. e può anche essere avrà pure le tette più grosse.


 
[img: guarda a volte le suggestioni iniziali...]


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