Saturday, May 20, 2023

ventimaggiodiccempionsliiggs

il ventimaggionovantotto si giocò la finale di cempionsliiggs. era un mercoledì, com'è stato fino ad una quindicina di anni fa. io ero nel tratto finale del servizio civile, in quel della riviera. ormai avevo financo preso consapevolezza era stata un'esperienza ganza, fondamentale, sotto diversi punti di vista. ovviamente ne avrei fatto tesoro in parte, senza però assimilarne la portata per strutturare la mia autostima. ma tant'è. allora funzionava così, ed ormai è andata in quel modo. 

in quella finale la giuventus [che allora tifavo in un qualche modo] affrontava il real madrid. mica era come oggi, a quel giro le merengues madriliste erano i meno favoriti. per la giuventus era la terza finale consecutiva di cempionsliiggs.

piccolo excursus sulle due precedenti.

nel novantasei la vinse, battendo i lancieri dell'ajax ai rigori. vidi quella partita con due miei cugini. si viveva in quell'appartamento piano altissimo, a due passi dal dipartimento del politecnico dove di lì a poco avrei cominciato a lavorar alla tesi, che poi fu una delle più inutili della storia del DEI [dipartimento elettronica e informazione]. al termine dei centoventiminuti [1 ad 1] ero sfinito, come l'avessi giocata anch'io. il commento continuo irato-nervoso-ossessivo di uno dei cugini, ad ogni singolo passaggio della partita, per tutte le due ore di gioco, mi aveva provato. ai rigori mi ero detto: non me ne fotte più nulla, finisca come deve finire. i rigori li ascoltai, dal balcone, osservando il panorama vasto - si era in alto. la giuventus vinse. il cugino perse la voce con urla quasi guttuali di gioia [se si può definire così quella roba]. in complesso fu un anno di merda [compatibilmente come li vivevo allora]. quella vittoria un piccolo ricordo piacevole - per quanto faticoso. oltre a quello un altro paio. le elezioni vinte dall'ulivo, col pizzino con gli exit-poll che matreme mi consegnò al seggio, prima dell'inizio dello spoglio. la fine degli esami, con la consapevolezza che sì, evidentemente mi sarei laureato. tutto il resto un ricordo indistinto di una tristezza annichilente, savasanndiiir, legato alla mia ossessione para-sentimentale. se c'è stato un periodo, in cui mi sono azzerbinato con sconsolante continuità, fu in quell'anno. tra l'altro la peggiore e più triste vacanza mai fatta. poi uno dice che non ci vuol tornare al mare in abruzzo.

nel novantasette la perse, da stravorita, battuta dal borussia dortmund. i lancieri dell'ajax erano stati schiantati in semifinale, la partita di andata il giorno della laurea [e solo tre giorni prima il milan battuto a san siro 6 a 1. grande gioia. quando essere antimilanisti era la naturale conseguenza dell'essere antiberlusconiani. ah, che tempi. quasi da rimpiangere l'avversario politico]. la vidi nello stesso posto dell'anno prima, con lo stesso cugino. me ne andai senza nemmeno aspettare la fine del primo tempo, partita ormai compromessa, lasciandolo solo e catatonizzato dal risultato, silenzioso e sguardo perso verso la tivvù. incrociai, improvvisando l'appuntamento, l'amico emanuale: la serata svoltò. quando ci si vedeva organizzandoci al momento. ora ci vogliono settimane. lui è giustificato, essendo padre di due creature ed attento marito. quello fu un anno di passaggio. oltre ad essere zerbinato a tratti, in cui però ci misi del mio: tipo le logorree scritte, autocommiserative, cose che poi ovvio una si teneva lontana. doloroso ma funzionale [l'ho capito solo dopo]. ed oltre la laurea, il primissimo lavoro, anche andarsene a far il servizio civile in tutt'altro posto. perfetto sconosciuto, tutto da cominciare. cosa che aiutò ad alzare lo sguardo [anche questo l'ho capito solo dopo].

quindi, quel ventimaggio, la terza finale consecutiva della giuventus. l'avrei guardata assieme ad altri obiettori, nella sala comune, ultimo piano dismesso della casa di riposo del comune. nel senso che all'ultimo piano ci stavamo noi, gli anziani nei piani sotto. non era - fortunatamente - una caserma, e spesso ci raggiungevano amici, amiche, colleghe in quei mesi: loro collaboratrici del comune, noi serviziocivilisti. e le amiche portavano altre amiche. anche quella sera. in principio non badai molto a questa fanciulla mai vista prima, ero concentrato sulla partita. partita che non ci mise molto a mettersi piuttosto male. i blancos madrilisti segnarono abbastanza in fretta [in realtà, cercando la foto qui sotto, ho preso contezza del fatto segnarono nel secondo tempo. però la giuventus non entrò proprio mai in partita]. quindi una [limitata] tensione a seguire la giuventus alla ricerca del pareggio. a ripensarci adesso, quello che ricordo è che ad un certo punto mi trovai a parlare con questa fanciulla sulla terrazza - col fondo catramato, non era un posto incantevole in cui stare, ma in alcuni punti si intravvedeva il mare. con lei a raccontarmi della tesi che stava scrivendo, per laurearsi a breve in filosofia. una cosa legata alle nuove ermenutiche, le possibilità nel redarre testi, saggi, articoli, tesi, utilizzando strumenti di word-processing e - mai davvero accaduto prima - le informazioni dell'internette. che eravamo agli arbori, ma mica poi così tanto in ambito accademico. mi partirono delle psicopippe mica da ridere su quell'idea di fondo della tesi, intuendone vago il senso della necessità di indagare su quella svolta. ma soprattutto mi accorsi finalmente degli occhioni verdi ed il capello chiaro della fanciulla. e mi accorsi che - cazzo, cazzo, cazzo - mi piaceva davvero. poi vabbhè, un dettaglio mi ricordasse la primissima fanciulla per cui avevo perso la testa parecchi anni prima, ragazzino delle medie [l'occhio chiaro, il capello biondo, il viso acqua et sapone, deve essere un archetipo di bellezza che ho installato in testa. ne parlai con odg, una volta, era d'accordo]. però, accidenti, tornavo a sentire in maniera importante le farfalle nello stomaco. era un sacchissimo di tempo non accadeva. e soprattutto era un'altra fanciulla rispetto a quell'ossessione zerbinesca con cui mi ero fatto ottundere tutti gli anni dell'università, rari tratti di aria fresca a parte. [il compagno di corso parko, il giorno della laurea, l'aveva finalmente vista [c'era un sacco di gente a farmi compagnia quel giorno]. mi prese da parte, mi mise un braccio attorno alle spalle e con il suo tono schietto e gioiosamente contagioso mi disse: cioè, è quella lì? dimmi che non è così? davvero è quella lì? e tu hai rotto i coglioni [calcando il tono, tra il sorridente e l'ironico] a tutti noi questo tempo per quella lì? ti sei perso tutte le occasioni per quella lì? non ci credo!]. insomma, su quella terrazza provai di nuovo l'ebrezza di un colpo di fulmine, per un'altra. fu un'epifania, inebriante. poi vabbhé, non avevo dato troppo peso al fatto non mi sembrasse questa esplosione di vitalità [forse è timida, pensavo], né che avesse poi mostrato tutto questo interesse per me [forse è timida, speravo], né tanto meno avesse decisamente poche tette [quando gliele vedrò saranno bellissime, immaginavo]. insomma, quella sera ero l'unico giuventino in quella cittadina rivierasca ad essere al settimo cielo. già, perché nel frattempo la partita era finita, unoazero per il real, seconda finale consecutiva persa per la giuventus. partita persa per cui aveva perso tutto l'interesse ben prima terminasse. attenzione ed emozione verso questa fanciulla occhiverdi, che mi sembrava bellissima. andammo poi tutti assieme a prendere una birra all'atra virago [c'è ancora, ho scoperto]. mi ritrovai ad uno dei capi della tavolata, e ancora oggi ho ben presente quanto fossi tutto smosso garrulmente dentro, ad osservare con distacco tutti gli giuventini mogimogi. un paio di giorni dopo andandomene in stazione, stavo tornando per il uichend, sentii un colpo di clascon. era lei ferma al passaggio a livello in auto, panda verde metallizzato, mi aveva riconsociuto. gli ultimi metri li feci quasi in sospeso: ahhhh l'amourrrr, commentò il collega carlo che se ne tornava con me in treno.

poi, naturalmente, andò come doveva andare. cioè non se ne fece nulla [quindi non mai ho potuto verificare quanto eventualmente fossero belle le sue tette]. la volta successiva in cui ci incontrammo in gruppo, le cose si mostrarono per come se ne stavano nella loro obiettiva risolutezza. a partire dalla [non] esplosione di vitalità, proseguendo con il fatto non avesse tutto 'sto grande interesse nei miei confronti. situazioni in cui do il meglio di me, a non saper corteggiare una fanciulla. [posto che non credo di esserne proprio capace, corteggiare intendo. al netto delle situazioni contestuali. per fortuna è capitato di fanciulle che avevano già abbastanza scelto di loro, senza dovessi convincerle io, corteggiandole]. [peraltro, sembra che il collega carlo, poco dopo ebbe una quasi mezza pre-liason con lei. senza peraltro si fosse adoperato granché, da fidanzato qual era già. vitalità a parte, la bellissima occhiverdi, di interesse per altri sembrava averne a prescindere.]

quindi quella passione da farfalle nello stomaco durarono giusto pochissime settimane. però era saltato il tappo. avevo [ri]scoperto che il mondo era pieno di donne. ed era bellissimo.

e con naturale consequenzialità le cose proseguirono. lo fecerso come solo potevano proseguire. così cominciai a perdere la testa per un'altra fanciulla, di quel contesto. la conoscevo ormai da mesi. pensavo che essere andato oltre l'ossessione zerbinesca fosse sufficiente, ero pronto per altro. non avevo capito però che l'ossessione zerbinesca fosse un effetto, mica la causa che mi bloccava. le origini era il combinato disposto tra timidezza, insicurezza, facilità al romanticismo cervellotico, desiderio, inesperienza. quelle mica sparivano. difatti incasinai le cose con quest'altra persona. che oltre ad avere una particolare attitudine a scrivere delle sue sensazioni, financo sdolcinevoli, sembrava addirittura incuriosita da me. ci arrivai non immediatamente. però ci arrivai. e nella vertigine di quella sensazione a suo modo nuova, rovinai tutto come sapevo mirabilmente fare. con quella particolare capacità di ingarbugliare e spiazzare l'altra persona coinvolta. che così si ritrasse: dimostrando chi dei due stava comportandosi nel modo più sano ed equilibrato. allora la intuivo così: come fossi ai piedi di una montagna di asperità da superare. solo che ogni volta che capitavano occasioni, pensavo di cominciare ad affrontarle. però quelle asperità mi sembravano ogni volta più alte, con il senso di inadeguatezza che si faceva più marcato. il fatto non era che la montagna fosse più alta del previsto. il fatto era che in realtà scavavo. 

le cose andavano così, allora. ho perso lustri, occasioni, situazioni. sono arrivato tardi in troppi ambiti e per questo finirò irrisolto in molti di questi ed altri. però ormai son cose andate. ed è piuttosto inutile giaculare or ora. anche perché va bene riempire di post questo blogghettino cul de sac. però la soluzione passa dallo smettere di rimpiangere il passato. che giustappunto è passato, è andato. rievocarlo per le cose interessanti, al limite.

tipo appunto quell'epifania. perché, non ostante tutto, quel ventimaggio continua ad accompagnarmi con un bellissimo ricordo. perché sussumo la parte costruttiva di quel guazzabuglio da farfalle nello stomaco, per quanto vacue. 'stigrandisssimicazzi se parte del contorno era bacato. 'stigrandissimicazzi le conseguenze. però è stato un momento di svolta. per certi versi è stata la prima. ne sono venute altre, ne ho mancate almeno altrettante. però quello fu uno scartare di lato fondamentale. su quella terrazza dal fondo catramato, ignorando una finale di cempionsliiggs. quella fanciulla occhiverdi ne è stata l'inconsapevole agente [inconsapevole allora, figurarsi oggi]. ovvio non la dimenticherò mai.

[poi vabbhé, al ventimaggio sono poi legate altre due situazioni, passaggi importanti in questo contesto e di queste svolte. a loro modo importanti e significative. una non esattamente piacevole. l'altra coinvolgentemente intima [come è capitato forse mai più], piuttosto breve ma decisamente intensa. ma son tutt'altre storie. ed il post è già lungo di suo]. 




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