Saturday, August 12, 2023

MM ed il mio bias, gli affetti e le relazioni che immaginavo [o sognavo] [disclaimer: post sgradevole]

michela murgia ha un bellissimo sorriso.

che poi a me, michela murgia, stava discretamente sui coglioni. soprattutto a ragione di un bias. roba scatenatasi quando la incrociai ad un evento bookcity. prima di quel momento non ne avevo letto una sola riga. per quanto avessi già letto di lei. che a sputtanare uno come salvini, financo in maniera ragionata, puntuta e inconfutabile, ovvio che comunque della simpatia te la suscita.

poi in quell'incontro sputtanò mostri sacri della letteratura, umanamente. raccontò che, quel che si era conquistata, le aveva dato la possibilità di incontrare gente, e che gente. ma che pessimi incontri ed incroci ne erano usciti. roba da non voler più passare nemmeno attimi con costoro. ed io pensai: è esattamente quello che stai suscitando in me, nei tuoi confronti. raccontò tutto con la sua cifra stilistica, [quasi] poi sempre ritrovata: eloquio pazzesco, lucidità e ragionamento velocissimo, e la necessità [percepita] di essere schiettamente urticante, fino al fastidioso. la forma che [mi] offusca la sostanza, ne rende la visioneaberrante, nel senso ottico del termine. mi diede delle pessime vaibs. ne uscii piuttosto provato.

poi ne ho letto qualcosa. non mi ha mai fatto dire davvero: vuau, che ssstoria. paradossalmente quello che ho trovato più interessante è stato ave mary, il libro sulla ragazza che fecero divenire madonna. però il grande vuau, ecco, no.

forse è stato anche il bias, roba del tipo: visto che ti poni così, dimostrami di essere davvero tanto avanti. così come son certo che il bias non me l'ha fatta sussumere appieno, quando la ascoltavo in tivvù. c'era sempre l'atteggiamento che mi coglievo ontologicamente incazzoso. e molto del resto, che era comunque mai banale, ne usciva disturbato.

non mi è mai sfuggito però un pensiero altrettanto disturbante. se n'è sempre stato in un cantuccio, e lì l'ho confinato. però ieri i ricordi e le testimonianze che si sono moltipilicati, dopo che se n'è andata, lo hanno fatto deflagrare. [roba disturbante al termine di giorni molto, molto, molto faticosi al lavoro [che a maggior ragione mi piace ancor di meno]]

a lei son riuscite - bene - una discreta serie di cose che sognavo [mi illudevo] di fare io, venti-venticinque-trent'anni fa. al netto delle notorietà. proporre idee e suggestioni della realtà che la attraversava, per poterla raccontare, dire, suggerire, ragionare. una specie di filtro poliedrico e policromatico. intellettualità che si fa anche arte e pungolo. occasioni, situazioni, incontri, che ti si offono per poi farne altri spunti. e così via. io mi illudevo. lei lo ha fatto.

senza perder di vista la cosa obiettiva. a lei, alla ragazza, non è stato regalato nulla - nulla - e tutto quello che si è conquistata è stato merito suo. ha fato svariegati lavori e da questi ha tratto ispirazione per quello che ha restituito dopo. e da lì è venuto tutto il resto, e gli effetti moltiplicativi delle reti relazionali.

io mi son baloccato a studià una facoltà che - sapevo nel profondo - mi interessava poco, che non era la mia. e facevo il bravo ragazzo oratoriano, in quel bozzolo uterino dove ero quello sui generis così amico del prete. e mondi giravano solo nella mia testa. così sublimavo la realtà, oltre che i mattoncini con cui stavo costruendo la mia non-risoluzione.

la ragazza aveva un talento fuori dal comune, questo lo si capiva anche con il bias. lei era capace, tanto capace, e 'sticazzi la cifra stilistica urticante. mi arrogo però la sicumera di pensare che avesse una obiettiva consapevolezza del sé, una certezza del proprio valore e capacità, una fiducia dei propri mezzi. e tutto questo stesse in magnifico equilibrio. niente di egotico, sbracato, solipsista: quella è tutt'altra specie, e si sgama facile. questo equilibrio le ha fatto investire in modo pazzesco, i suoi talenti. e tutto quello che ne è sbocciato è qualcosa per cui provare gratitudine. e la notorietà la propaga lontana quella gratitudine.

io non so quanto sia più limitato il mio di talento. probabile si giochi in campionati diversi. di certo so quanto riesca ad arrivare - a tratti - a disprezzare la mia consapevolezza del sé, sia aberrata la certezza del mio valore e delle mie capacità, quanto sia evaporata la fiducia nei miei mezzi. e tutto questo stia in un discreto disordine e disequilibrio. e la compulsione a far girar la ruota del criceto li faccia aumentare. e mi giustifichi nel mummificare i miei [pochi?] talenti. la compulsione che alimenta e produce bozzolo soffocante. e immagino sia comunque uno spreco: importa poco sia grande o piccolo.

mi piacerebbe averne un solo tocchettino di quella fiducia in sé che aveva la ragazza. per quanto sia una frase senza senso.

e poi c'è la faccenduola della condivisione della sua malattia. non so dove finisca la sua propensione a rimettere in circolo quello che la realtà le proponeva, quand'anche fossero tabù, per ragionare anche su quello. né so dove inizi una specie di ipertrofia di quella sicurezza nei suoi mezzi, che rischia di diventare pure quella disturbante. posso intuire - da molto lontano - che una persona, cui diano pochi mesi di vita, non si ponga nemmeno il problema. son questioni che si fanno bazzecole. nemmeno perderci l'attimo di porsi il dubbio, visto che gli attimi si stanno esaurendo. e sarebbe di viverseli tutti al meglio.

tra le molte suggestioni di questa sua condivisione, mi ha colpito il fatto se ne sia andata tutt'altro che sola. circondata la sua famiglia queer. sintesi di quella che deve essere stata la sua rete sociale, affettiva, intellettiva. con tutte le interlocuzioni che la vivificavano. quella roba che da senso ad una gran fottia di roba. quello scambio che al contributo di ciascuno aggiunge smpre qualcosa: altre armoniche, nuance, linea melodiche a giustapporsi. ed il brano che ne esce è sempre più ampio della somma del contributo dei singoli. un'esperienza bellissimamente non lineare. credo che la murgia se la sia costruita pezzo e pezzo, meritandosela tutto. probabile lì non mostrasse quella cifra stilistica, da cui il mio bias. raccontano fosse molto simpatica, non c'è motivo a non creder loro.

credo l'abbiano circondata e accompagnata nel migliore, affettuoso, amorevole dei modi si potesse fare. son certo avranno fatto anche di più.

nel mio infantile sognare di allora, quello che avrei voluto realizzare venti-venticinque-trent'anni fa, c'era anche questo. non necessariamente l'idea di una famiglia queer [dovevo comunque ancora distaccarmi del paradigma piccolo borghese]. quella che mi avrebbe accompagnato nel momento in cui te ne vai - ovvio, allora ti senti ancora piuttosto immortale. però c'era l'idea, l'intuizione, la sensazione della necessità ed il desiderio ex-ante, l'essere circondato da persone che collaborassero, fossero sostanziali nel realizzar quell'illusione mal sognata. quella rete di coloro non mi facessero sentire sui generis, come in quel fare oratoriano, uterino, così amico del prete. coloro che avrebbero contribuito a metter giù i brani, il cui confronto sarebbe stato bellissimo ed entusiasmante: dare e avere non lineare. molto anni dopo ho [ri]ascoltato il termine happening creativo, ecco, quello. ne avevo già avuto l'intuizione. allora mi venivano alla mente l'amica elisabetta e paola, l'amica monica, l'amico daniele: tutta gente piuttosto sconosciuta a vicenda. ma che sapevo ci saremmo capiti, nel modo avrei voluto essere capito, e viceversa. e da lì ne sarebbero arrivati altri. tutta una rete di persone da cui trarre spunti e suggestioni.

era tutto nella mia testa. mentre mi adoperavo, quasi a mia insaputa, acciocché le cose andassero in altro modo. con il pensiero lisergico di avere a disposizione il tempo di quattro-cinque esistenze. poi capita che altre cose ti succedano, quando sei impegnato a programmarne [o sognarne] di tue: si chiama vita [semicit]. e mo son qui nel bozzolo asfittico, a consumare, anzi sprecare, altro tempo, che diventa sempre meno.

il tempo di michela murgia è terminato. lei l'ha adoperato in maniera pazzesca e con una discreta capacità di realizzazione [eufermismo]. è talento anche questo. anche con l'eco dei suoi modi urticanti, che non scendono a compromessi. sopravviverà anche per quello. e se l'è conquistata pezzo a pezzo, meritata ogni singola emozione riuscirà a far riverberare negli altri.

bias o non bias.

[e che mi ritorni addosso la sensazione di irrisolto fallimento è solo una personalissima coincidenza]

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