Thursday, December 7, 2023

sant'ambroes della minchia [però non facciamone sineddoche]

tre vite fa omaggiai il [suo] parentado venuto dal napoletano. volevo loro bene, arrivai da sixtsaintjohn quasi felice, allora abitavo là. mi trovai a giocare le nipoti, con improbabile manuale per realizzare gli animali coi palloncini gonfiabili. proprio non ci riuscivo, e quella sottile sensazione di essere l'amico [utile idiota], usato alla bisogna.

infatti.

due-tre anni dopo, con l'aziendinadellaminchia nata da pochi mesi, arrivò la conferma del primo progetto da sviluppare. aggggggratiss, ovvio, ma vuoi mettere la visibilità ed il prestigio che ne sarebbe conseguito. poi magari avrebbero venduto gazziGlioni di cidddddì, qualcosa sarebbe arrivato anche a noi. la conferma il giorno di sant'ambroes: ci intravvidi uno [scaramantico] buon segno. il primo passo verso cose fantastiche e piene di soddisfazioni. come andò quel progetto? mi feci un grandissimo culo per imparare a svilupparlo, quindi realizzarlo. i ciddddì finirono imboscati dietro altra roba del bookshop del museo. grandissimo culo, zero guadagni, lustro che si presero altri. toh: quello che sarebbe successo per altri anni a venire.

recidivo.

qualche sant'ambroes dopo stavo ormai là dentro. quel giorno uscì dall'ufficio a metà giornata, una delle rarissime volte accadde in quel primo anno. mentre me ne tornavo, sulla lilla, capii di avercela quasi fatta: i primi dodici mesi, e la vittoria sulla tentazione di scappare o farmi cacciare. me ne tornavo, sulla lilla, anche incuriosito dalla storia della prima diffusa. avevo deciso di seguirla in triennale, con tanto di letture buzzatiane come antipasto. roba tutta molto milanese. fu una folgorazione. come trovarsi, d'improvviso, a condividere un qualcosa di emozionante, e financo scorgerci un senso di appartenenza. un po' sapiosecsual-elitario sì, ma appartenenza. lo condivisi con una foto della sala piena e immagine sul macsischermo, prima scena della giovanna d'arco. lo condivisi gasatissimo via uotsapp. lei non colse il riferimento e tanto meno l'entusiasmo: che cazz'è quella macchia chiara in mezzo al buio? e s'intavolò la discussione che poi finì in uno scazzo chattico. un po' lei in sbadta per la festa del compleanno del figlio, i mille modi di vivere ansie da prestazione.

solinghitudine.

un paio d'anni dopo, non lo immaginavo, ma fu l'ultima volta che la vidi. in ecestramis ci incontrammo compiutamente. poi lei tornò nella sua di città. la colazione in stazione centrale, un po' malinconica, un po' imbarazzata. il pomeriggio era la prima con l'andrea chenier. lo vidi in fondazione feltrinelli. alla fine del tutto inebriato da alcuni passaggi, un'altra fanciulla mi fece sapere: "ehh, ma poi alla fine c'è 'st'esplosione di amore eterno strappalagrime, che roba ovvia. e melensa". ah, ma eri anche tu a vederla alla prima diffusa. dove l'hai vista? a saperlo potevamo incrociarci.

[anti]profetico.

un paio d'anni dopo stavo andando al pacta teatro, lì avrei visto tosca. attendevo la cinquantotto, il sole cominciava a declinare, intanto mi avvolgeva e mi scaldava. e pensavo al progetto che mi attendeva l'anno successivo: comprare casa, mettere le basi poi per cambiare lavoro e vita. un progetto da realizzare: che bellissima sensazione. di nuovo un qualcosa di coinvolgente e vivificante. provai quella cosa inebriante et insolita che ero quasi felice. l'attimo fugace dove s'intuisce quell'acme, si è sul pezzo e ci si fa caso. volli condividerlo con odg, le scrissi un messaggio rapido. il concetto di progetto me l'aveva fatto intuire lei. ed eravamo giunti alla conclusione che la terapia fosse verosimilmente terminata. per il resto bisognava solo svoltare nel duemilaventi, e prendere la rincorsa.

appunto.

lo scorso anno, a sant'ambroes, scrissi l'ultimo messaggio a colei con cui sentivo si fosse avvicinato il cambio di paradigma, poi tutto era andato ammmminchia. ero in attesa ci facessero entrare dell'auditorium del mudec, da lì a breve il boris godunov. mi pregustavo il piacere della prima, a mitigare fossi rimasto deluso, sì. anche dalle altre interlocuzioni che si erano nel mentre vaporizzate. però pensavo che sì, fuori c'era sempre il sole, e la sensazione di aver capito come non sprofondare. poi si alzò il sipario. e comunque fu una cosa bellissima a vedersi.

illuso.


questo sant'ambroes non sono giornate facilissime. un po' mi sento sprofondato. tuttuncomplessodicose, deluso da persone più o meno a loro insaputa. pure con la percezione di essere uno stronzo, a pensare di biasimarmi intendo: considerato cosa cazzo succede vicino e lontano il mio ombelico. solo che il freddo non mi passa. la fame di luce è importante. e l'idea di non riuscire a scollarmi di dosso tutto questo. pensiero ed inazione. ora vado al pime, a guadarmi il don carlo. proverò a ricordarmi di non fare sineddoche di queste sensazioni, in questo giorno di rito, molto intimo, cerebrale, solitario. se è così oggi, anche oggi, non è necessariamente per sempre. forse sì. ma non necessariamente.

[nonvorreifossetroppoessere]fiducioso. [però che fatichina]




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