Thursday, December 30, 2021

fallimentarismi, ma soprattutto ricominciamenti [et liberazioni]

ho conosciuto una bionda, virtualmente. è una fanciulla interessante. ha i capelli esplosi et forastici. peccato poche tette, ma 'sticazzi. non ostante mi faccia discretamente sesso dubito ci apparteremo mai in maniera intima. ma 'sticazzi. anche perché è appunto una fanciulla interessante. sa essere autoironica e con quell'understatement cazzaro delle persone intelligenti [deve essere questo, insieme ai capelli, che mi fa sesso, peccato le tette].

tra le varie chiacchiere - peraltro mi ha conosciuto forse in uno dei momenti più bassi et tendenzialmente depressivi. un paio di volte ho sospettato si fosse data perché sapevo di non essere 'sta gran attrattiva - ho provato a chiederle del suo essere tre volte madre, ora singol. ci sono miGlioni di cose che mi affascinano e mi incuriosiscono sulla genitorialità. ed in effetti non ne conosco mica poi tanti di persone - genitori - con cui raggiungere un certo livello di confidenza, o piacevolezza nel soddisfarle, quelle curiosità. sì, ci sarebbero tutta quella pletora figliante degli ecs oratoriani. di quelli lì, variegatamente pii et devoti et convinti o conformisti, senza discendenza siamo rimasti in pochini. ma soprattutto lo iato tra loro e me mica me le accende, le curiosità. a volte è più semplice con una praticamente sconosciuta, una volta confrontatisi che di tette, in effetti, poche. le curiosità sono verosimimente legate al fatto io quella cosa non l'ho vissuta. e probabile mi sarebbe pure piaciuto molto farlo. per quanto chissà i danni avrei combinato. e per quanto forse c'era una qualche eco di paradigma sociale da ottemperare, in maniera più o meno pedissequa.

ma c'è un altro aspetto, della bionda, che mi ha molto colpito.

forse è sovrastruttura, forse mica me la racconta tutta - sono pur sempre uno praticamente sconosciuto. però mi pare di cogliere sia stata capace di superare, di essere andata oltre il trauma della fine della relazione con il padre dei suoi figli. ribadisco: forse ho capito un cazzo. o forse è qualcosa per cui farle vivi complimenti. perché non credo sia così scontata quella specie di serenità che intuisco contraddistinguerla su quella fazenda. non ostante le difficoltà che immagino comporti essere tri-madre singol, tra l'altro di un figlio nel pieno della complessità adolescenziale ed una figlia furbetta. [cit.]

nel mio piccolo mondo fatto di cazzate ho la vaga sensazione che la fine di una relazione, con quella figliolanza, sia una declinazione importante del concetto di fallimento. che volendo, pur nel dolore e difficoltà, è un concetto financo asettico. preso così, da par suo, potrebbe nulla declinarsi sulle persone che lo sperimentano. fallisce una relazione. non significa lo siano le persone siano che quella relazione l'hanno fatta vivere. anche se, immagino, sia per un cazzo semplice andarci più o meno oltre, non farvicisi avvinghiare. ma intuisco sia possibile.

ci ho pensato proprio in questi giorni. quelli in cui viene ratificato il fallimento di quel progetto pezzottato che fu quella specie di aziendina. verosimile la scelta più sbagliata abbia mai fatto [ho ragionato anche se studiare ingegneria sia stata altrettanto sbagliato, se non di più. ma su quello ho decisamente sospeso il giudizio. ero troppo imberbe. e se dopo, accortomi dell'errore, non son riuscito a far altro che quello è perché son debosciato io, mica perché sia stato sbagliato iscriversi a quella facoltà]. quella che si chiude, fallimentarmente, non è stata solo un'aziendina. voleva essere un progetto di vita non solo lavorativa. qualcosa con cui ripartire dopo la morte di mio padre, per cui sarebbe stato fiero [per quanto sia sempre stato fiero a prescindere, non ostante non si sia mai riusciti a comunicarselo]. una scommessa che ero felice di fare, soprattutto perché me l'aveva chiesto una persona cui volevo bene, in cui avevo riposto fiducia in maniera spropositata. e fondamentalmente in maniera nevrotica, totalmente squilibrata.

in fondo non ci ha messo molto a venire un po' giù tutto. le macerie ce le trasciniamo da decisamente più tempo. e soprattutto per tanto, troppo tempo, ho masticato amarissimo. quando non revanscista e carico di risentimento. per la fiducia che sentivo tradita. per la dabbenaggine a fidarmi in quel modo. per la mediocrità ed il solipsismo che via via mi è parso di intravvedere. non sono mai riuscito, davvero ad andare oltre del tutto. ancora, almeno. con il travaso fallimentare che ho sentito ricolmarmi per un sacco di tempo. [poi uno dice quando ho cominciato a star là dentro, avevo paura anche della mia ombra. speravo che tre mesi di fattura forse li avrei inanellati, tanto poi ci avrebbero cacciati tutti. quando scoprii si stesse cambiando sede, ed il nostro responsabile aveva già preso accordi con chi di competenza per la nostra posizione logistica, chiesi: ma quando ci trasferiamo? settembre, mi risposero. ed io: ah, allora significa che non ci cacciano]. il fallito, insomma, ero io. consecutio inevitabile della scelta fallimentare fatta. per gli altri era stata mala sorte, contesto sbagliato, lobby impenetrabili, personaggi inaffidabili: tutti elementi esogeni.

da un paio di settimane, ogni tanto, penso che forse l'inibitore selettivo del ricaptatore avrei dovuto prenderlo prima.

quindi, quando nella bionda ho percepito l'essera andata oltre la sua relazione finita, mi sono interrogato. su quel suo traguardo. su fatto sia possibile.

poi, ovvio, intuisco che crescere tre creature ti distragga molto dallo psicopipponaggio su quanto si riesca ad essere pirla, a imbarcarsi in quella specie di roba. accudire tre figli stanca, molto più che scrivere lunghi post pieni di refusi ed avverbi, al netto rimanga poco tempo per farlo. ed è verosimile che la fine di una relazione di quel tipo sia fottutamente diverso che il fallimento di un progetto[ino] aziendale. [tipo che il mio amico figlio del franco è in situazioni cazzofottutamente più pesanti et complicate. io sono stato davvero un pischello, anche da quel punto di vista. poi su altre istanze penso abbia serenamente sbracato. ma è appunto altro discorso].

per questo, soprattutto, c'è un po' la prova provata - tra le tantissime, ovvio - che si può ripartire sempre e comunque. e soprattutto sul soprattutto, si possa lasciar andare. mollare. l'acredine incazzosa che per millemila mesi mi son portato dietro è stata zavorra faticoserrima [ti stanno a zavorrà, odi, mi disse la vibù il primo giorno. ma che stai a diiì? risposi. aveva ragione lei. anche se non sapeva quanto mi sarei fatto zavorrare io]. sono le scelte ad essere sbagliate. non le persone in sé. e per quanto sbagliate, martellarsi i coglioni serve fino ad un certo punto. forse solo a vivere nel cauterizzante senso di colpa. che il  moralismo cattolico, puoi anche abiurare, ma te lo porti dentro. o forse è il portato del bigottismo della parte più interessante e particolare delle tue origini famigliari.

e poi è roba che sta nel passato. passata. non serve intossicarsi il presente, che è il momento in cui vivi, minchiaz. gira la testa da quest'altra parte, cazzo. guarda davanti. che si va in quella direzione. sii misericordioso, laicamente, che si puote perdonarsi le minchiate. tanto più che abbiamo ricominciato un sacco di volte. i ricomnciamentismi è un pezzo di zavorra che si frantuma. e si è più leggeri. andiamo oltre, davvero.

chiudiamola qui. e non solo per quello che abbiamo ratificato oggi. che è stato solo un fallimento tra i millemiGlioni che affannano la variegata umanità. figurarsi se il mio è così importante. la levità non è preclusa per una qualche oscura fattura [da fattucchiera]. anche perché siamo scettici razionalisti, che provano ad esserlo da cazzari. con levità appunto.

tutto quello che potrebbe concorrere ad una fottutissima liberazione.

e comunque voglio parlarne con la bionda e confrontarmi. imparerò di sicuro qualcosa. e sarà interessante [e 'sticazzi per le tette].

 

[peraltro, ci sta pure la pizzica, della liberazione. pedddddire]

 



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