Tuesday, December 14, 2021

opere d'arte e neurorecettori

sono stato ad una performance al PAC. PAC [uau, ogni tanto qualche maiuscola] sta per padiglione d'arte contemporanea. l'arte contemporanea è tra le cose più lisergiche in cui mi piace infilarmi a fruire. poi magari ci capisco poco un cazzo, ma tant'è. mi piace. ed ho scoperto che mi piacciono molto le performance. che poi sarebbero quella forma d'arte in cui è l'artista che sostanzia l'opera d'arte. che magari ho capito poco un cazzo, ma tant'è. però mi piace pensare che è la donna e l'uomo che sono in potenza un'opera d'arte. che va bene, potrebbe non essere un'idea così originale. ma è un pensiero che si porta dietro una sacralità laica che mi soverchia, emotivamente. d'altro canto questa cosa qui dovrebbe fare un'opera d'arte. emozionare, no? poi ci saranno opere d'arte che fanno cacare, figurativamente ovvio. ma questo non significa, per forza, che manchino d'essere opere d'arte. tutto questo è molto psicopipponico, mi rendo conto. forse per questo mi coinvolge così tanto.

vabbhè.

la perfomance cui sono stato al PAC era intitolata "dopamina. uno studio visivo sugli ormoni dell'amore. performance sulla gestualità dell'affetto. il primo appuntamento". la cosa ancora più interessante, con la sua peculiarità artistica, è stato il fatto fossero anche i fruitori della perfomance a dovervi entrare a far parte, come condizione necessaria. sì insomma, solo pubblico fruente e non ci sarebbe stata perfomance, quindi opera d'arte. mentre quando qualcuno del pubblicao smetteva di essere solo fruente, diventava perfomance, quindi opera d'arte. anche questa non è un'idea originalissima, oltre che molto psicopipponica. però 'sticazzi. si è trattato di otto possibili interazioni tra performer: quelli propriamente detti ed i fruitori. otto diverse interazioni per sviluppare altrettanti esercizi per stimolare l'innamoramento. detta così capisco possa non essere molto efficace. ma d'altro canto non è proprio semplicissimo descrivere un'opera d'arte. soprattutto che non c'è più, che si aggrappa solo ai tocchi della memoria, per quanto recente. in ciascuno di questi otto esercizi un performer - propriamente detto - si interfacciava, interloquiva, entrava in comunicazione con chiunque volesse provare: fruitori/creatori dell'opera d'arte stessa. con fottutissimi e diversissimi risvolti. nelle reazioni di costoro - quello che prima erano fruitori- in maniera a volte molto evidente. immagino anche reazioni negli otto performer - propriamente detti - alcuni di questi con disabilità nemmeno troppo banali.

vabbhè.

ed il fatto è che io, tanto per cambiare, non ho fatto, ma ho osservato, per analizzare e provare a capire. sono rimasto nei pressi di due esercizi/perfomance: lo scimmiottamento - imitare i movimenti dell'altro - e lo sguardo - guardarsi intesamente negli occhi pensando a che tipo di persona si pensava di aver di fronte. non sono riuscito a vincere la ritrosia, come bloccato da qualcosa di paralizzante ex-ante. nel senso che proprio non ci ho nemmeno pensato di dare un contributo a quella perfomance. però mi sono giustificato provando ad accontentarmi del succedaneo: gli altri perfomano, io osservo speculandoci intellettivamente - tipo anche pensando che ci avrei potuto scrivere un post. che poi è il paradigmatico metter in arte la personalissima declinazione del mio essere in questo periodo. speculazione in loco dell'azione. come essere sempre più eterei, così da sentirsi tipo carta velina sbattacchiata anche dai refoli che nemmeno bavetta, specie quelli del mattino, quando ogni tanto mi chiedo come farò ad arrivare al pomeriggio. poi il pomeriggio arriva e trovo qualche punto di ancoraggio rispetto al completo smarrimento. con sempre il dubbio di cosa potrebbe essere, dovesse tirare un vento un po' più sostenuto. o cattivo.

vabbhè.

non ho fatto ma ho osservato molto intensamente. che poi è la versione pacifica/costruttiva del ne ho prese un sacco, ma quante cazzo gliene ho dette. ed è stato a suo modo emozionante, tanto per cambiare. anche ragionando sul fatto, in quel momento, che quelle reazioni così toccanti, che percepivo in maniera molto vivida, di un vivido bello, erano gli epifenomeni di fluttuare di neurorecettori secreti e riversati in costoro. anche il mio emozionarmi, il vivido bello e la sensazione di piacevole appagamento, era determinata da interazioni endocrine omologhe. probabilmente un mics di adrenanalina, ossitocina, dopamina e serotonina, e chissà quali altre ina mancano o chissà quale ina è messa qui a cazzo. ragionavo su questo, osservando gli altri e provavo una qualche forma di sottilissimo piacere. che poi non è molto dissimile a quando a volte scrivo queste psicominchiate. a volte [a volte, nel senso di la sensazione che provo sottile, non il fatto siano comunque psicominchiate]. [che poi a volte questa specie di understatement un po' ossessivo, che forse sfocia quasi nella sindrome dell'impostore, potrebbe essere regolata da un qualche abbondanza o carenza di un qualche neurorecettore]. ora. capisco che questa visione possa apparire, e forse scadere, nel meccanicismo-determinismo: le emozioni come banale effetto di un qualche ormone proteico o neurotrasmettitore. forse è una specie di riflesso pavloviano da materialista disperante quale - forse - sono. non mi stupirei che qualcuno possa stigmatizzarlo, quale altro tributo ad una visione fideistica alla scienza [di fatto, lo scazzo più profondo, verte su quello: solo che forse il meno fideistico sono io. vabbhè.]. però. però. la perfomance d'arte ce l'aveva nel titolo un neurorecettore: dopamina. forse è proprio questa la spettacolarità dell'essere umano. il suo essere opera d'arte. che basta una qualche cozzaglia di ammionacidi combinata opportunamente per farci vivere quelle cose lì. anche quelle mica tanto belle, ovvio. d'altro canto se fosse tutto sempre bellissimo non capiremmo la differenza di quando è bello. e mantenere elevata in continuo la tesione erotica non solo è faticossimo, dal punto di vista metabolico, ma è inutile, non funzionale. e le emozioni negative - paura, tristezza, rabbia - hanno dimostrato, anche nei manuali che trovi nelle patatine, sono state fondamentali per la sopravvivenza dell'uomo delle caverne, quindi dell'umanità. forse è proprio questa l'opera d'arte: il salto quantico da quei fondamentali di chimica organica alla complessità che riusciamo a racchiudere con questa specie di leva vitale che sono - appunto - le emozioni. anche fruendo di qualsiasi forma d'arte, qualsiasi cosa significhi. per i più fortunati anche creandola. o forse nemmeno i più fortunati. forse tutti. performanti o meno.

cose così.

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