Friday, December 31, 2021

cose meno bbbbuone e cose bbbbuone [e cose su cui non distogliere lo sguardo]

'sta storia delle aspettative disattese l'ho scritto un paio di post addieetro a questo. quindi nulla di così nuovo. figurarsi di originale. la storia del clangore cacofonico che genera, dico. ed il riiiibaund conseguente.

quindi, chetttelodicoafffà, quanto cazzo ci si aspettava da 'sto duemilaventuno, così dispari e così quasi primo [suvvia, divisibile per quarantatre et quarantasette, a loro volta primi]. che gli era toccato di venire dopo quel funesto duemilaventi. con tutte le speranze che vi si riponevano, ovvio gli sia venuta l'ansia da prestazione. così ha fatto abbastanza casino. e soprattutto si è un po' qui che mediamente si ha la sensazione che abbia fatto un po' cagarella pure lui.

povero duemilaventuno.

naturalmente lo sappiamo benissimo che non è andata proprio così. e che noi, mediamente col culo al caldo, si gode di qualche vantaggio in più rispetto a dodici mesi fa. anzi, mica qualche: parecchio vantaggio in più. poi non lo cogliamo forse appieno, in battuta, per il semplice fatto c'è il carico dell'effetto accumulo - un altro anno piuttosto complicatino - e l'effetto aspettativa, appunto. specie quelle così elevate che in tutta serena speranza ci si augurava. quindi non è proprio colpa del duemilaventuno. è che le cose vanno, a prescindere dagli anni, da 'ste fottute tappe simboliche, che è sempre un andare senza soluzione di continuità. la cagnolina maya, domattina, si sveglierà alle settetrenta e ticticiticticticticticchiccherà sul parquet ikea della stanza di matreme, che vorrà magnare. esattamente come le ultime decinaiadimesi. nulla sarà cambiato. poi è appunto sempre speranza. o quanto meno intuire il dominio dello spazio del possibile. 

che probabilmente il discrimine è appunto questo. quando smetti di vederlo il possibile là davanti. ci son stati dei tratti in cui questa cosa mi è mancata. per tuttuncomplessoecose. per lo stillicidio della pesantezza di quello che è accaduto e [molto meno pesantemente] è accaduto a me. per piccoli traumi affettivi o di atti mancati - molto desiderati ed anelati, nello spazio immaginario - e poi puffff, niente: mancati. e di amicizie che non so come saranno. il figlio del franco, su tutti. e la tristezza diffusa, spaventato impaurimento, che aleggia e si sussume in maniera impercettibile ma pervicacemente costante. è stato faticoso. è faticoso. e se ne sono stato risparmiato dall'acme [e ringrazio da laico il cielo o quella roba lì], ne ho colto ed accumulato il riverbero. granello dopo granello. un blandissima sindrome da stress post traumatico: quello di questa parte di mondo col culo mediamente col culo al caldo.

però ho camminato. però ho avuto a che fare con persone, importanti e andate. però ho guardato il mare. ho percorso sentieri nuovi, sudato pashmine, madidato t-shirt. ho goduto di viaggi parte della meta. ho alzato calici. ho provato ad ascoltare lagrime altrui, più o meno sostanziate. ho abbracciato e massaggiato piedi. mi è riuscito di scribacchiare, qua e là. ho pedalato senza fretta. ho potato e raccolto. ho letto pagine da uau!. ascoltato ritmi a volte irresistibili. per non dire della pelle d'oca alta un metro, o il groppo in gola che non era perché stavo scartando di lato, che poi va bene anche il groppo in gola perché stavo scartando di lato. mi sono fidato delle persone, mi sono fidato della scienza, che è tempo, metodo, dati [ri-cit.]. ho intravisto lo spazio del possibile.

intravedo lo spazio del possibile.

ora.

duemilaventidue come numero mi piace poco. troppo pari. ma poi in fondo 'sticazzi. anche basta con 'ste menate numerologiche da manuale che si trova nelle patatine. poca ansia da prestazione. poca aspettativa. se non la sana richiesta: stattene buono e tranquillo. al resto proviamo a pensarci noi. evitando quelle promesse, che dopo la prima settimana ci si è già dimenticati.

però un pensiero sì. suvvia. proviamoci. lo rubo da un editoriale di domani, nel senso di quotidiano che ha un nome geniale.

che noi siamo col culo mediamente al caldo. occhei. mediamente però. ed in questi due anni la varianza è fottutamente aumentata. le disuguaglianze si sono ampliate. chi ha perso il lavoro e chi non ha perso un'ora di lavoro [io]. chi ha visto ridursi drasticamente le possibilità economiche e chi le viste aumentare, anche per il fatto vi siano state meno possibilità di spenderle nel non strettamente necessario [io]. chi se n'è stato in panciolle a guardare serie tivù a far pasasre il tempo in case comode [parzialmente io], chi ha condiviso in spazi stretti numerosità complicate. 'sta cazzo di pandemia ha colpito in maniera quasi uniforme. ma non siamo tutti sulla stessa barca. siamo su barche diverse nella medesima tempesta. chi ora può pagarsi i tamponi decine di eurI, chi no. e se i tassi di letalità sono molto diversi per fasce di età, forse lo sono stati anche un pochino per censo. che poi, a proposito di tasso di letalità, quella dei migranti che hanno provato ad attraversare il mediterraneo è di circa duemilacinquecento morti su meno di settantamila che ce l'hanno fatta. gli ultimi dell'anno, come titola oggi il manifesto. che noi appunto siamo quelli mediamente col culo al caldo. mediamente però. ecco. le disuguaglianze. siamo il paese dove il 10% della popolazione detiene il 48% della ricchezza. con sperequazioni dovute alle rendite di posizione, mica il lavoro e l'impegno. siamo una repubblica fondata sulle disuguaglianze. ecco. il domani scrive che questo sarà il chiodo fisso per questo nuovo anno. può essere un bell'inizio. ed uno sprone. anche per cambiare qualche banale abitudine di lettura. non so se e quanto riuscirò a dare il mio minuscolissimo contributo. però, se proprio proprio uno vuole fare dei buoni propositi, mi pare cosa stimolante. da controreazione negativa, quella cosa che tende a stabilizzare i sistemi. non è che uno vuol la vita comoda. è che i sistemi non stabili possono dar fuori di matto. e tanto ancora di più c'è chi prenderà più mazzate di altri. e poi perequare è semplicemente una cosa giusta. da articolo 3, che forse è uno dei più belli della Costituzione.

 



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