Wednesday, September 21, 2022

dei saluti alla propria mamma

la mamma dell'amico Omar se n'è andata. non è stata una cosa improvvisa. non è stata una cosa complicata - anche se vai a sapere tu cos'è semplice e cos'è complicato in quei frangenti lì. sono mesi e mesi e mesi che percepisco l'amico Omar come riverberante di una malinconia straniante. anche senza vedersi da molto tempo. come se avesse cominciato a cogliere quello che stava arrivando, prima che ancora si acclarasse. o forse non ne ha mai parlato. in questa specie di bolla, come giona nella balena. lo capisco. è quello che accadde a me, anni fa, in quel mese di consapevolezze cui passai in mezzo, che sapevo avrebbe cambiato tutto per sempre.

conosco l'amico Omar da quasi un quarto di secolo. siamo sempre meno giovincelli, ma ha un suo fascino anche questo. per tutta una serie di coincidenze, incroci del caso, è grazie a lui se ho cominciato una carriera, la mia carriera lavorativa, e tutto quello che n'è venuto dopo. di rimbalzi in rimbalzi e di indirizzamenti in indirizzamenti. anche il fatto sia finito là dentro è anche perché sapevo avrei incrociato lui. oltre al fatto che con serena pacatezza mi suggestionò: se non accetti e non vieni a lavorare qui sei un gran pirla. sarei stato un gran pirla, sì. non ostante tutto, che ancora stia contando i mesi, anche ora che sto finendo il novantaquattresimo.

diventammo amici in corridoi della bicocca industriale che ora nemmeno esistono più. lui era un collega che si stagliava altro e diverso rispetto a quella pletora di cantinari, nerds, frustrati, imboscati. intravvidi una sensibilità e capacità emotive che il resto proprio sembrava giocare in un altro campionato. pensavo di stargli sui coglioni. ed invece si scoprì pian piano. non ostante un brianzol-cinismo che a volte mi spiazzava. ma allora ero un verginello imberbe.

fu l'unico collega che continuai a frequentare dopo quel primo lavoro. fu il primo cui dissi me ne sarei andato far l'ingegnere - e che andassi in un'azienda triste me lo disse facile lui [allora continuavo ad essere un verginello imberbe]. aveva ragione lui. ma fuori da tutto ciò, ci fu una cosa che mi colpì da allora. il fatto che non nancondesse le sue piccole-grandi difficoltà. i suoi piccoli-grandi dolori. come se li attraversasse con una maturità che stavo cominciando a strutturare. ricordo, come fosse ora, la sera che mi accompagnò in stazione, me ne tornavo a sixth-saint-john dopo una cena a casa sua. mi raccontò delle traversie stesse attraversando. e la volontà di venirne fuori, e di accompagnare con una determinazione incantevole chi attraversava quelle stesse traversie. la fatica e la decisione di uscirne. come chiamata inevitabile, pronto a non mollare costasse quel che costasse. una declinazione dell'amare che ho visto poche altre volte. fu una cosa struggente. e che mi segnò.

l'amico Omar è sempre stato bravo a raccontare gli altri. come se ne fosse un narratore inconsapevole. così è stato anche per la sua mamma. l'ha sempre tratteggiata con un'ammirazione mai banale e a suo modo cazzara. che da una parte me l'immaginavo con una assertività e tenacia da mettere tutti in fila. come mi son sempre immaginato chi cucina in una mensa scolastica. che devi saperti muovere, senza troppo titubare, per sfamare un sacco di creature. probabilmente era così anche fuori dalla cucina attrezzare: a tener testa, o forse surfare attorno, le indicazioni delle sue due creature così capaci e studiate. e nipotanza varia.

quando lo conobbi, l'amico Omar era già orfano di padre da tempo. e mi sembrava una cosa così a me avulsa. che capita. ad altri, peraltro. da verginello imberbe qual ero. non ci è voluto molto tempo acciocché ci passassi anch'io. meno degli anni da quando sono là dentro, per dire. ora l'amico Omar passa attraverso quest'altro varco, stretto e straniante. che non dirà più a nessuno: mamma. non sono più così sbruffoncello. e quindi so che quel varco arriverà anche per me. prima o poi. per questo mi sembra così più vicino, quasi empatico, questo dolore, questo passaggio, questo commiato che, almeno, non è contronatura: qui è il figlio che accompagna la madre nell'ultimo saluto. ma saluto sempre struggente rimane. ed un rapido pensiero è andato a quando mi capiterà. anche se per ora so di essere un mezzo privilegiato.

e quindi, per l'amico Omar, ci sarà l'elaborazione, la presa di consapevolezza, farsi abbracciare da questa nuova realtà. non si è mai sottratto a ri-guardare e re-intepretare le cose meno liete, che l'hanno attraversato e a cui è passato attraverso. immagino che questa non sarà semplice. affatto. ma sarà sempre un germinare di cose, pensieri, emozioni che non lascerà svaporare perdendole come fossero passate invano.

che la terra sia lieve. e chi rimane inceda con altrettanta levità. il fatto sarà complesso non significa che non possa venir fuori qualcosa per cui esserne financo lieti. specie se lo si farà portandosi dentro il ricordo e la presenza di chi se n'è andato. e so che l'amico Omar sarà speciale anche in questo.

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