Saturday, December 31, 2022

è sempre il tempo della riconoscenza. e sono grato non mi sia così complicato riconoscere il rinoscerla

occhei. occhei. non c'è dubbio che gli inibitori dei ricaptatori serotoninergici abbiano fatto il loro. però pure io mi son messo di buon buzzo, e ne è venuto fuori un lavoro financo più che discreto. anzi no: più che buono. e il fato, il destino, le congiunzioni cosmiche, il caso che è un niente spostare due lettere che diventa caos, hanno fatto il resto. così, davvero, non posso che essere riconoscente a questo annettocosìpari ed evocativo di variegati centenari. non è che è solo una questione che quando le cose non vanno poi così male - anzi per nulla male - allora va bene. è che significa ridurre lo iato tra il vivere il momento e la contezza sarà un ricordo caro, quando non anche lieto. se riduci quella latenza si coglie quanto prima e quanto meglio tutto quello che capita per cui essere grati. è cogliere quell'attimo. è sfrondare da qualsiasi sovrastruttura, in qualsiasi modo si sostanzi. sfrondare, sfrondare, sfrondare: così trovi l'essenza. anche da cui ripartire, come il ciclo dell'azoto, la biomassa prodotta assorbendo luce e anidrite carbonica, assecondando il giro delle stagioni. tipo il kiwi, potato ad intuito, con attenzione e vivendo il paradosso che gli si toglie tantissimi rami, rimane spoglio. e poi lui ricomincia. le foglie, le gemme, i fiori, il frutto. per arrivare a donare che è un piacere.

forse è una specie di trasmigrazione del lavoro di patreme. nel senso che non è una questione di solo lavoro. è che si capisce comunque sempre troppo tardi.

i cattolici, la sera dell'ultimo dell'anno, intonano il te deum. mi innamorai del primo anelito [ora so: in modo nevrotico] mentre la sapevo due banchi dietro di me, in quella celebrazione particolare. io che vistosamente mi confrontavo con matreme sul significato di ogni verso di quel canto in latino, capire se capivo e traducevo. matreme un po' abbozzava, ma a me interessava che quella regazzina dietro di me capisse stessi cercando di capire e che intuissi financo il latino. pensa te come pensavo di far colpo. era il mio modo di immaginare qualcosa di benaugurale a me medesimo e la storia d'amore ne sarebbe nata [ovviamente avrebbe avuto senso spiegare, alla storia d'amore ne sarebbe nata, di nascere anche fuori dalla mia testa e immaginazione romanticadellaminchia]. il senso del te deum è altresì, appunto, ringraziare per l'anno appena trascorso. loro hanno il loro dio. io non ce l'ho, ma ne colgo il senso sempre più distintamente. ed anche questa cosa è affare che se ne starebbe ben benino nell'immanente di ogni creatura. poi ciascuno ringrazi come e chi vuole, nei modi che più si confanno. però aiuterebbe lo si facesse in quanti di più possibile: mica serve essere credenti.

che poi mica mi sfugge sia facile riconoscere riconoscenza quando ti gira - tutto sommato - bene. comodo far i gheicorculodeglialtri. ben più complesso per chi attraversa le peggiori nequizie, chi convive con guerre, miserie, povertà, dolori e patimenti che nessuno merita. e chi assieme a questo non intravvede lo spazio del possibile. mi è capitato, in milleventiquattresimi, di non vederlo più, e già non è per un cazzo una cosa da augurare. e che non confondo con le robe lontane e più vicine. drammi epocali e di popoli e dolori lancinanti di persone vicine. ci sono un sacco di lacrime, e molte non riescono ad essere asciugate. è il mimimo essere grati che ai nostri occhi non sia toccato versarne.

di nuovo. non è questione di sfighe mancate. è prendere atto che ogni giorno lieto è qualcosa da far fruttare al meglio, che un modo c'è comunque.

che poi io non sempre ci sia riuscito è un dato di fatto. ma ho smesso di sentirmi in colpa, che è un modo un po' peloso di giustificarsi. e poi son sempre meno convinto che una pedagogia di umiliazione sia così efficace. anzi: è decisamente una stronzata.

che è con il paradigma opposto che si innesta il circolo virtuoso.

nei post dei fine anni passati dividevo la pars destruens da quella construens. però, come già sproloquiato, anche basta con questo specifico latinismo, che l'imparai da anche basta costei. che lasciamo giù le cose tossiche. sfrondare, sfrondare, sfrondare. però, appunto, facciano che è solo un volo rapido di gratitudine, al limite temperata.

temperata, ad esempio, da quelle persone che sono un po' uscite di scena. o che non è più così immediato, ovvio, scontato, re-incrociare. che c'è un po' è del mio, ci sono ancora degli effetti dei due anni precedenti, con un po' di regressione sociale. sapere che ci sono 'sti effetti, è il primo passo per cominciare a ritornare dalla regressione. temperata dalla mia necessità di sbronzarmi di lavoro. che è un ottimo modo per non pensare troppo ad altro. che va bene la fatturazione, va bene dare una mano agli altri. ma è capitato fosse una specie di rifugio potenzialmente tossico. temperata dalla difficoltà di fare, che a rinviare, postporre, ragionarci sopra sono bravissimo. temperata dalle occasioni perse, che tanto ce ne sarà un'altra: che magari è vero, però quella l'hai persa, perché a volte si ha paura di prendersi le cose e viversele, come si avesse paura si esaurissero. temperata dalla paura di fallire, che così non ti butti abbastanza mai, e molto passa e se ne va e mica è detto che torni.

però poi c'è la gratitudine, a non so bene chi o cosa, forse al nulla. ma io che la sento sgorgare ci sono eccome.

la gratitudine per quella svolta che è stata solo sfiorata. con la malinconia intensa sia sfiorita così improvvisa. però ho imparato un sacco di cose, [ri]vissuto emozioni sopite, [ri]provato sensazioni che pensavo ormai essere oltre il mio orizzone degli eventi, per sempre. non ho fatto allllammmmore quest'anno. credo che alla fine sia uno spreco. però sono grato non lo viva più come una minorità e rejezione erotica-affettiva-sentimentale. e comunque certi baci sono state le cose più intense da quel punto di vista.

la gratitudine per le suggestioni delle persone che mi vogliono bene. con tutti i loro modi variegatissimi di comunicarlo. che so bene c'è. a volte non è così semplice prendersele serenamente, le suggesioni altrui. è cosa su cui devo lavorare ancora. ma non sarebbe corretto ignorare tutto il lavoro già fatto.

la gratitudine per aver condiviso l'emozione e quel momento dell'amichetta, che non pensavo di emozionarmi così. che l'amichetta è una delle declinazioni del fatto che nessun luogo è lontano. tipo quando ci siamo rivisti alla stagione di brignole e l'abbraccio ha raccontato tutto, ed i suoi occhiali appannati. che condividere con lei è stato un ripartire anche quello, che sapevo sarebbe successo anche quando non la vedevo così semplice, 'ché mi mancava appunto lo spazio del possibile. l'amichetta ha acceso un attimo la luce, ed ho visto quello che sarebbe successo qualche tempo dopo: questo grazie a lei. la gratitudine per le nuove conoscenze di quest'anno. che cito l'amica chiara, come epitome per dire di tutte. amica chiara che chissà se mai incrocerò dal vero. che sa riconoscere come ci sia da guardarsi e guardarsi. che è molto più profonda, più capace, più intelligente, più acuta che bella, oltre ad essere bellissima. che come mi disse: per gli occhietti cangianti - con una luce malinconica nel fondo - lei non ha fatto nulla. mentre io intuisco che invece, per diventare quel che è, ci ha messo tanto del suo, che è già tantissima roba.

la gratitudine per quelle cose in cui, tanto o poco, mi sono dato per qualcun altro. che poi quello che ti torna indietro è sempre di più. sentirsi d'aiuto per altri fa stare meglio. anche se l'ho fatto col culo comodo ed osservando il mare.

e poi ci sono i dettagli e le nuance del momento che fugge. il colore del cielo che dopo un attimo è già passato. i calici alzati. il camminare lento. le mostre ed il bello che è lì che aspetta solo lo si colga acciocché possa inondarti. le strade solcate senza fretta che il viaggio è parte della meta [e chissà se mai ci ritroveremo, con l'amico daniele]. alcune canzoni spuntate d'improvviso e che scopri di un bello che levati. il fiore al partigiano. "ohio", nel senso del romanzo, una roba corale che a tratti è disturabante, in altri commovente. financo il lavoro che, quando non tossico, non è che mi sia venuto a piacere, ma ha smesso di nausearmi: e soprattutto è grazie alla interlocuzione con alcune persone là dentro.

poi è vero. questo è l'anno delle destre al potere. e della guerra. che putroppo, è solo un'altra guerra [e mai come in questo caso "solo" suona perfido e lancinante]. un po' più vicino, roba che ci destabilizza tanto o poco. che serve, ce ne fosse bisogno, a ricordarci di quanto sia una devastante porcata. c'è sempre stata. e con noi ci sarà ancora. forse riusciranno chi verrà molto dopo di noi ad espuntarla dalla storia dell'umanità. ora è la riconoscenza di quanto sia fottutamente preziosa e forse caduca la pace, o qualcosa che le si avvicina di molto.

e poi c'è stato il momento di quel pomeriggio di fine febbraio. quando d'improvviso ho [ri]scoperto che io potevo acquistare un appartamento. perché no? una cosa possibile farsi e sapere potessi: come una specie di epifania. dopo mesi a sostenere, per raccontarla a me e agli altri che sì, il progetto casa nuova era in divenire. ma in fondo la percepivo come cosa ormai lontana da me. credo sia merito anche dell'amico ermanno, che tanto mi ruppe a sospingermi qualche giorno prima: ora tu devi comprare la casa, ed osa anche un po', non fermarti a quello che in battuta ti sembra abbastanza, poi sarai soddisfatto di averlo fatto. quell'attimo è stato un momento pazzesco, bellissimo, rigenerante. un altro spazio del possibile riconquistato.

la guerra e la mia casa nuova [che mica neppure ho re-iniziato a cercare, ma che so piglierò] sono tecnicamente scorrelate. però forse anche no, nel mio intimo. perché da lì, dalla casa nuova credo che si passerà, per un pezzo di altro progetto.

gratitudine ex-ante.

vorrei tanto che anche in questo che sta per arrivare, non mi sia così complicato riconoscere la riconoscenza: per qualcosa ci sarà comunque gratitudine.

siete in tre-quattro a passar per di quivi. e quindi anche per Voi, molta possibilità di riconoscenza. io ne sarò comunque garrulo.

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