Tuesday, January 3, 2023

pacifismi che non t'aspetti

l'amico emanuele mi ha condiviso un podcast. "è tornata la guerra in europa", intervista a vittorio emanuele parsi. io, il parsi, già lo conosco un pochetto. ogni tanto è intervistato alla radio. l'ho ascoltato presentare l'ultimo libro della mannocchi, a casa sua - sua del parsi, intendo - alla aseri della cattolica. che non mi stupirei se qualcuno della nuova classe dirigente uscisse anche da qui.

il parsi, di fatto, presentava/raccontava/promovueva il suo libro, il posto della guerra, invero interloquito per bene dal conduttore - voce molto radiofonicamente attizzante. il podcast dura quarantacinqueminuti, è bello pregno. un sacco di cose interessanti, schiettamente interessanti. roba che forse impiegherei quattrocentocinquanta post per concentrare quei concetti. d'altro canto parsi fa il parsi, io sono uno che vagola a capire bene che fare della sua esistenza.

quello che ha colpito l'amico emanuele e me, in maniera indipendente, è la questione un po' intricata tra il pacifismo e questa situazione puntuale [l'aggressione della russia di quel figgghieeandrocchia ad uno stato indipendente e democratico, non ostante le pezzottature interne del paese democratico e le minchiate internazionali a corollario [perché per la mia mente semplice c'è un aggressore ed un aggredito, anche se 'sta cosa mi è stata un po' maramaldeggiata, ma me ne farò una ragione]]. questione che peraltro io non sono ancora riuscito a risolvere del tutto, inteso come presa di posizione serena e definitiva. che di per sé non è nemmeno una questione così cogente. credo possa pensare lo stesso l'amico emanuele. perché si dà il caso che, né lui né io, si sia chiamati a decisioni fattive di gestione politica, con implicazioni internazionali. però è pur vero che tra il construtto delle nostra educazione sentimentale, e la tensione a certe prese di posizioni, un qualche elemento interlocutorio interiore lo generi. per non dire, se penso a me, a come [ri]collocarsi nel comune sentire di realtà, associazioni, situazioni che magari - magari - potrebbero eccepire. che da una parte potrei mostrare il palmo della mano e suggellare un 'stigrandissssssimicazzi. però l'elemento intimo-interlocutorio mica evaporerebbe, sccciufff, così d'amblè.

ascoltando quel podcast mi è sovvenuta un'immagine ed una similitudine. roba abbastanza variegata.

l'immagine: un arabesco di guano [o merda, se si vuol essere più intensi] ad arabescare un prato. e provare a prendere posizione, topologicamente, significa attraversare quel prato a trovare una posizione, appunto. con dei piedoni grossi, che comunque ti muovi, dovunque cammini, del guano [o della merda] la calpesti. inevitabile.

la similitudine: il concetto di giustizia, coerente con meravigliosi ideali, è come la misura della lunghezza della curva di von koch. e il ragionare intellettivamente onesto prova a misurarla, ma è capace di farlo in soli due modi: o considerandolo come segmento monodimensionale, oppure come superficie nel piano. in un modo è lunga infinito: quella linea può articolarsi ad libitum per autosimilarità, non ce la fai a misurarla tutta. nell'altro misura zero: è un segmento, non una supercifie chiusa. la misura finita della curva di von koch 'sta in una dimesione frattale, bello. mica pizzaetfichi.

capisco che il guano, forse, arriva prima, come figura. e sono arzigogolato nel semplificare con le similitudini. d'altro canto, ho ben quattro lettori. oddio, forse tre.

perché appunto cammino con i piedoni nel giardino arabescato, oppure tento di misurà 'sta curva di von koch. quindi pesto guano e non riesco a tirar fuori un numero.

perché nel pacifismo e nella non violenza [almeno anelata] io ci ho davvero sempre creduto. anima bella che se cerchi degli ideali, punta in alto. poi mica ci riesci del tutto, ed è probabile che i modelli per la maggiore della società ideale ti perculino: ma tant'è. ci credevo, anche se era funzionale a strutturar il mio essere, per quanto l'ho capito solo ora. e non mi sfugge quanto fosse un po' banalotto quel fulgore che in fondo ostentavo.

però al colloquio per andare a costruire i radar ho convintamente deciso di non recarmi. poi magari manco mi avrebbero preso, neh? però saran pure state tra le cose più fiche si era studiato, ma quei cazzo di radar li montavano sugli aerei da guerra. va bene il titillo, poi però c'era un po' il senso di coerenza.

quindi figurarsi come mi rasserena la storia della fornitura delle armi all'ucraina. con tutto il gran ballo delle ipocrisie che gli girano attorno. l'europa [ie l'espressione di alcune cancellerie dei paesi più importanti] che si fa prona della nato e degli steits, e quindi manco ci prova a farsi parte terza: la condizione necessaria per promuovere negoziati. che difatti si è nelle mai dei turchi [ie, del suo satrapo] e dei cinesi [ie del suo satrapo e del comitato centrale] che provano a far i volonterosi della pace. pigliare il gasssse dalle navi container che arrivano dall'altra parte dell'atlantico, oppure pacche sulle spalle alle satrapie del golfo, di colpo così amiche [dando del criminale al figgghieeebuccchine, che è come far gli scandalizzati davanti al bue dicendo: visto quell'asino quanto è cornuto?]. per non dire di tutti gli arsenali pieni di roba un pochino desueta, che cosa c'è di più comodo che una guerra da far guerreggiare - toh, ce n'è una nel cuore dell'europa - per svuotarli ed avere l'occasione per riempirli di nuovo.

e poi mica mi sfuggono le contraddizioni. una retorica guerrafondaia per speculazioni politiche. la banalizzazione che l'ucraina sia la culla di una società libera, aperta, all'avanguardia sui diritti, a partire dalle classi dirigenti. che lo scontro è forse anche di civiltà: tra democrazie liberali e autocrazie reazionarie. ma in fondo è roba di contrapposizione economica e ridefinizione delle sfere d'influenza. e, di nuovo, il gran brindare delle lobby che producono i sistemi d'arma: che chissà che panettone e che spumante per natale al nuovo ministro, per quanto, come succede là dentro, valore massimo del regalo accettabile cinquantaeurI [per intenderci il personaggio è quello che nella retorica mainstream prima fonda un partito con la fiamma nel cuore. poi un po' sparisce dei radar [termine non a caso]. quindi pochi mesi prima del trionfo del partito che ha fondato ricompare in tivvvvvù e nel sottopancia c'è scritto imprenditore: che fa rassicurante e che proprio non lo diresti uno con un cuore di fiamma. che poi si dimette per diventare ministro appunto. per quanto - ovvio - è pura combinazione che poco prima imprendesse nell'associazione delle industrie che fabbricano armamenti. guarda a volte il caso. [e comunque le armi le stiamo inviando già da prima]]. per non dire, giù giù, a certi toni di certa stampa mainstream, con un'ostenzazione, anche pruriginosa, degli effetti di questa guerra. quando non  diversamente dispiaciuti, se i morti sono soldati russi. [però forse sono in malafede io, neh?].

tutta 'sta roba per infilarsi poi nell'interstizio del: sì, ma se tutto questo non ci fosse, l'ucraina sarebbe stata già conquistata da un bel pezzo. che peggio della guerra c'è una guerra dove l'aggressore vince, con la tracotanza di spacciare per pace una non belligeranza, imposta da chi stava prima in altri confini. al netto della declinazione del gheicorculodeglialtri, che vale anche in questo caso. figurarsi se non vale. che poi sarebbe: io, se fossi tra gli aggrediti, come mi comporterei? continuerei ad essere un pacifista e non violento? oppure quelle armidimmmmmerda non le desiderei come la cosa più importante per difendere il luogo dei miei padri [e madri]?

è un bel dilemma.

che da un parte mi mette quasi prossimo [ma proprio quasi, neh?] a personaggi, circostanze, ambienti, territori, da cui starei pervicacemente in ben altri luoghi. roba, per intenderci, che la cosa più accettabile è carlovuinstoncalenda, che arringa quelle poche centinaia di persone all'arco della pace, manco fosse alla recita della scuola ad impersonare vuinston, e il paese sotto attacco fosse la terra dove ristà il centro più profondo del suo cuore.

ma soprattutto c'è l'altra di parte. dove mi trovo in contrapposizione, interiore e fastidiosa, con gran tocchi di mondo che altresì hanno le idee apparentemente più chiare. al netto che a volte l'articolo 11 della Costituzione è citato un po' a cazzo. al netto che bisogna essere equidistanti perché l'ammmmerica nel vietnam, in afghanistan, in irak e l'imperialismo iuessssssei, poi 'sto neoliberismo che aumenta le diseguaglianze [tutto vero neh? ma insopportabile benaltrismo].

[tralascerei le provocazioni nato. lo "e allora che in ucraina si parla russo, quindi non esiste". le tensioni nel donbass, il battaglione azov, la strage di odessa. non che non siano parte della questione, figurarsi: ma quando si invade un altro paese, il paradigma diventa tutto un altro]

al netto del sentiero stretto e frattale pure nel discorso del PdR, tre giorni fa: una pace giusta, che chissà quante cose più a favore dell'umanità con i soldi buttati in armamenti. bellissimo. e come non volergli bene al PdR per questa sintesi di istanze così alte e onuste di buon senso. lo abbraccerei.

e poi c'è il principio di realtà che sommessamente, mentre abbraccio il PdR, mi tocca una spalla e mi ricorda: quale delle due?

  • se è pace giusta [confini prima del 24 febbraio 2022? prima del 2014 con la crimea di nuovo ucraina?] occhei, perfetto. allora bisogna sparare ancora un bel po'. morti, feriti, distruzione, dolore diffuso ed un sacco di soldi in fumo, tanti soldi;
  • se ora, da adesso, permutiamo armi con grano e cose utili a tocchi di umanità è bellissimo. però un pezzo di ucraina non sarà più ucraina. è quella che si puote considerare una pace giusta? e soprattutto: lo decidiamo noi gheicolculodegliucraini?

vittoio emanuele parsi [se ce ne fosse bisogno] mi ha reso parco di certezze indissolubili e scontate. chissà cosa direbbe ora di me il fustigatore di scelte non radicali che ero me, qualche lustro fa. quello che provava a discettare di obiezione di coscienza, con uno stile un po' ampolloso, in una lettera al direttore de l'alpino [che leggeva mio padre], [quella lettera la lesse amche l'amico daniele e ne rimase colpito [sempre non mi abbia perculato già allora]. fu un momento di orgoglio].

non mi mancano mica gli ideali. è che ho scoperto siano infrattati nelle dimesioni frattali. e cerca di dominarli, di incarnarli tu, che vivi un banalissimo spazio-tempo verosimilmente euclideo. prova a prendere posizione, poi ti si imbrattano i piedoni di guano. ed intorno, tronfi, quelli che ne se ne stanno ben seduti sui bordi a perculare "gli interstizi delle suole delle tue scarpe sportive nuove" [semicit.]: chi ti dice "aaaaadebosciato amico del tiranno", chi ti dice "povero ingenuo, ignori la complessità, mo te la spiego io, e comunque servo del capitale neoliberista, punto".

quindi sì. si rischia di rimanere un po' più soli. o un senso di estraneità verso coloro con cui si son condivise passioni ed ideali. non riconosci più del tutto alcuni con cui hai abbracciato, in modo figurato o meno, in altre istanze in passato. appunto, un po' più soli. [roba non poi così drammaticamente diversa da quel che accadde con la questione antivacse, che era un discettare di gente col culo più o meno al caldo. in questo caso ora muoiono persone ammazzate per la follia di pochi, civili con privazioni e difficoltà che levati, mentre i nostri culi continuano a stare sempre al caldo. e non solo per modo di dire].

è uno degli effetti della complessità oltre che la suggestione a ri-declinare quella idea di pacifismo e non violenza di gioventù. un po' meno passando per i massimi sistemi che si salva l'umanità ed il mondo. che a sognare di volare alto poi è un attimo ad averci la scusa pronta per non averlo fatto: emmmmminchia, hai mica visto quanto dovevo salire fin lassù? no. declinazioni più semplici. da piccoli passi che si possono fare. partendo dalle mie tenerissime miserie. piccoli passi per vivere meglio nell'esserci con gli altri. tipo magari cercando di espuntare il giudizio nel modo di pormi e pensarli, gli altri. oppure. provando a considerare ciascuno degli altri, a partire dagli effetti del mio esserci o dai suoi cazzi più o meno ontologici. oppure che non è aut aut, ma il più coinvolgente dei vel vel.

non riesco a risolvere serenamente la questione degli armamenti, acciocché il popolo ucraino possa difendersi. però non desidero altro arrivi il momento di inviar loro tutto quel che servirà per ricostruire nella pace. per loro, ovvio. sulle mie tensioni interiori, a quel punto un po' più risolte, estigrandisssssimicazzi.

[perché, in fondo, continuo ad essere un irrisolto privilegiato].

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