Thursday, December 29, 2022

la pinuccia [la signorina pinuccia]

e quindi oggi si è salutata la pinuccia.

mi è tornato in mente il commiato di qualche mese fa, alla mia prof magistrini. la cosa interessante è che i due saluti non potevano essere più diversi e più simili. così come costoro hanno vissuto vite che più diverse non si poteva, ma per l'aura che hanno saputo generare così sorelle. oltre ad un'altra cosa, che può sembrare un dettaglio, il capriccio di una pura coincidenza nel gran danzare del caso. e invece mi piace pensare che molto, moltissimo, passi magnificamente per di lì. sono state due professoresse di letteratura, tanto innamorate del loro lavoro quanto colte e preparate. ma su questo sproloquierò tra un attimo.

la pinuccia era un fervidissima credente. oggi ho scoperto fosse anche un'oblata laica, della congregazione di suore di clausura dell'adorazione perpetua del santissimo sacramento. roba per spiriti forti, non c'è dubbio. non si era mai sposata né, si può supporre con una certa coerenza, immagino abbia mai conosciuto uomo. signorina pinuccia, come non le dispiaceva l'appellassero. era rigorosissima. si narra severissima presidente di seggio qualche decennio fa. in battuta sembrava altera, specie ad un intimidito regazzino come me. l'ho conosciuta durante i particolarissimi natale dell'ammalato, di fatto invenzione sua, quelli nella palestra delle scuole delle orsoline. arrivavano da mezza provincia. alla fine saliva sul palco babbo natale [mio padre] con noi dietro a suonare gildoilbello, come diceva l'angelo al clarino [stava per jingle bells] e le altre. la pinuccia era quell'evento: dirigeva, presentava, orchestrava, giostrava, teneva la fila di tutto. si radunavano molte persone, appunto ammalate, più o meno sofferenti e con problemi. c'era qualcosa in quel consesso di pesantissimo e di estremamente lieve. non era divertente esserci. ma ne percepivi l'importanza di quella condivisione. festeggiare il natale comunque. e lei, la pinuccia, altera, puntigliosa, decisa, ma mai maleducata, autoritaria, sgarbata. non ti veniva di andarle incontro ad abbracciarla. ma non si poteva non riconoscerle un'autorevolezza che non è mica di tutti, anzi.

quindi figurarsi quando quel pomeriggio di fine febbraio dell'ottantanove mi caricò in auto. facevo autostop, lei si fermò con la sua fiat seicento color panna, lucidata e pulitissima. al volante con i mezzi guanti per una migliore esperienza di guida, per quanto non toccò mai i sessantachilometriorari. si andava entrambi alla mia scuola superiore, che forse era più sua, considerato ci abbia insegnato ben più degli anni in cui ci studiai io. da una parte mi stupì: una come lei a caricare un regazzetto, dubitavo mi avesse riconosciuto come il figlio di babbo natale [per capirci, ovvio]. dall'altro mi immaginai mezz'ora di viaggio tra il noioso e l'imbarazzato. ed invece fu una piacevolissima scoperta. io continuavo a sentirmi un po' imbarazzato, in fondo era sempre la signorina pinuccia, le più tremende leggende la precedevano. però la pinuccia si rivelò essere una persona che si sarebbe potuta ascoltare per ore. era appena stata emessa la fatwa contro salman rushdie, da parte di quei amici dell'umanità degli ayatollah iraniani. era notizia che mi aveva colpito, ne venimmo a discutere. quindi lei d'un tratto mi disse: se ti giri, sul sedile posteriore dentro quella borsa c'è un libro nero, è un corano, prendilo, aprilo a quella pagina, e cerca la sura con quel numero, leggi ad alta voce. non si poteva dirle di no. e lo feci ben lieto di farlo. ricordo perfettamente dove eravamo, la luce del pomeriggio sul lago alla nostra sinistra, ed io che leggo quei versetti, con lei a spiegarmeli, e perché venisse considerata blasfema l'interpretazione di rushdie. ero una regàzzi complesso ma in certi ambiti molto semplice e banale: una che pensavo essere beghina, ipercattolica da  mammaliturchi, che commentava con quella delicatezza, rispetto, conoscenza alcune sure del corano. ovvio che fu una svolta. lo raccontai a casa. matreme non si convinse del tutto.

tanto che, qualche anno dopo, le proposero [a matreme] di partecipare ad pellegrinaggio in terrasanta [eh, la chiamano così, di santo non ha proprio un cazzo, ora come ora]. quando seppe che come guida avrebbero avuto la pinuccia, le venne quasi l'impeto di rinunciare. chissà che due palle, quanto beghinismo e pregare ci farà fare. infatti tornò trasformata, innamorata di quella terra, grata per l'esperienza che levati. e da lì in poi non toccatele la pinuccia: totalmente conquistata dalla sua capacità di raccontare e far vivere la potenza simbolica di quei luoghi [eh, loro che credono, ovvio possa esserci anche quel coinvolgimento]. bisogna far parlare le pietre, diceva la pinuccia, che sembrava conoscerle una per una. nessuna traccia di beghinismo e preghiere ad libitum. non era quello il suo compito. lei era lì per raccontare e trasmettere parte di quello che aveva studiato, capito, approfondito. la fascinazione di matreme fu per i luoghi, sicuramente, con l'effetto leva della maieutica della pinuccia. tanto per dare la tara di come avesse preso a volerle bene c'è l'episodio del giorno del funerale di patreme. quella mattina matreme collassò. e quindi se ne stette in camera mia, mentre una fottia di gente passava a salutare condoglianzemente. per tutti l'indicazione era: non si è sentita bene, meglio stia tranquilla in camera, riferirò siete passati. quella mattina matreme volle vedere solo due persone. una fu la pinuccia.[l'altra fu l'amica che quest'estate ha seppellito una sua creatura. non sono riuscito a non pensare anche a lei e al padre, in questo natale per cui mi son lamentato per bagatelle]

oggi hanno celebrato sei preti, le letture scelte appositamente da lei: aveva deciso come congedarsi [letture belle anche per un agnostico un po' incazzato come me]. c'era mezza oftal diocesana. ha voluto la vestissero nella bara con la divisa da dama di quell'opera - rigorosamente a manica lunga, che indossava anche d'estate. già l'oftal. la pinuccia si è spesa in maniera importante anche in quello. ed ho capito, dalle persone che l'hanno omaggiata, dalla commozione di coloro che portavano i confaloni, le dame e i barellieri con la divisa d'ordinanza e la medaglietta appuntata sul petto, quanto non sia stato un adoperarsi formale, di facciata. mi è tornata in mente la storia degli uomini di buona volontà. seppur da lontanissimo, eppure così intuibile la comunanza e vicinanza di darsi per l'altro [anche se la pinuccia lo ha fatto per una vita, io vagheggio di chissà se e quando sarà]. perché accompagnare in pellegrinaggio ammalati a lourdes, assisterli ed essere al loro servizio, non lo si fa tanto per farsi belli: ci son modi più comodi e prestigiosi. per quanto l'idea di un pellegrinaggio in quel posto, come prassi di mitigrazione per le sventure e le disgrazie che capitano, è cosa che percepisco come sesquipedalmente distante. però non posso far a meno di considerare che la pinuccia i malati se li è caricati - figurativamente - sulle spalle, decine e decine di volte. per far servizio a loro. e sticazzi se si trasformava durante l'adorazione alla grotta, si ricaricava e ripartiva di gran lena. ha declinato l'umanissima misericordia del paradosso che, se esistono patologie inguaribili, non esistono malati incurabili. e questo, vivaddddio, va benissimo anche a lourdes. è qualcosa che il cattolicesimo avoca a sé come carità cristiana, mentre tutte le persone illuminate [credenti o non] sanno che è sentirsi parte empatica dell'umanità.

la pinuccia lo sapeva, certo che lo sapeva. e quella fiammella era talmente autentica che la sua cattolicissima convinzione e coerenza - anche il fatto si sia ostinata signorina, mi picco di pensare - era qualcosa che creava condivisione, non metteva steccati. credo che fosse difficile non volerle bene, appena superata quella sua alterità, che se osservavi bene ti accorgevi venisse tradita con quel mezzo sorriso e l'occhietto vispo.

alterità che, altresì, non aveva la prof. magistrini. due donne che forse più distanti non sono state. ma accomunate dal segno che hanno lasciato. insegnavano letteratura nella stessa scuola. che per quanto eccellenza, con la fama in tre provincie era pur sempre un itis. che avrò pure superato in scioltezza alcuni esami universitari, sfruttando la scia di quello che avevo studiato lì. ma era pur sempre un itis, mica un liceo classico. ecco. vivo l'intuizione che quella scuola sia stato un grande itis anche perché vi hanno insegnato letteratura persone come la pinuccia e la magistrini. e sono pure convinto vi sia da qualche parte un mio omologo, che si è innamorato della letteratura ascoltando le lezioni della pinuccia. e che abbia colto la possibilità di vellicare il sublime che qualche genio, illuminato dal tocco divino o dal caso del talento assoluto, ha donato alla storia dell'umanità. qualcosa che sa trasformarti, entrare in condivisione con quella magnifica follia che è l'essere umano, la sua capacità di sintetizzare, lirizzare, raccontare la spiritualità che ci avvolge, ci costituisce, ci trascende, così come l'insonbabile profondo, anche quello più oscuro. voglio credere che due donne così diametralmente distanti, fossero così simili nell'essere riuscite a far loro abbastanza molto quel sublime, tirarselo dentro, nell'intimo che più non si può: per poi insegnarlo, come hanno avuto la capacità di fare. ma è roba che poi tracima nell'essere anche di tutti i giorni. che se hai possibilità di conoscere così bene quella roba lì della storia umana, poi a declinarlo e propagarlo, in modi alquanto variegatissimi, ti viene più semplice. non è mica scontato. ma quando funziona: cazzo, che fortuna averci a che fare.

le genti dei due funerali, diversissime fra loro, avranno in mente cose molto distanti di cui la pinuccia e la magistrini staranno discorrendo con gli angeli, o similaria. mentre io, se ci credessi, mi verrebbe da pensare che invece troveranno di sicuro il modo di raccontarsi del sublime che hanno conosciuto, di come abbia plasmato la loro esistenza, e del fatto l'abbiano insegnato, per illuminare - tanto o poco - frotte di studentesse e studenti. tanto zitte, se esistesse un paradiso, mica starebbero zitte nemmeno lì. figurarsi.

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