Saturday, January 14, 2023

reazionismi, visto che la vita accade

morire per un arresto cardiaco, sotto sotto, è la morte che tutti si augurerebbero. visto che di qualcosa bisogna pur morire. ovviamente durante il sonno: ti addormenti e nel mentre trapassi, senza passar per il risveglio. certo, c'è il trauma per chi rimane. ma in fondo, ciascheduno pensa, visto a morir son io, che possa almeno augurarmi di farlo senza [quasi?] rendermene conto.

quando succede a ventiseianni però le cose un po' cambiano. che uno si augura l'arresto, ma magari facciamo un po' più avanti, che ci ho ancora cose da fare. figurarsi quando si è nel fulgore della giovinezza, ed un gran tocco di vita hai tutte le ragioni per immaginare d'avercela davanti.

lo ha trovato il fratello minore, riverso sul divano. lo scorso anno era mancata la loro madre. se esistesse la sfiga si confermerebbe il fatto ci veda piuttosto bene.

la nonna di questo ragazzo è nell'inner circle delle scarlampane cui si accompagna matreme. ed è stata proprio matreme a chiamarla al telefono, con una punta di preoccupazione: oggi non è venuta al centro, provo a capire se le è successo qualcosa. come se avesse riverberato in maniera anticausale.

ho capito, dalle esclamazioni quasi rotte dal pianto, fosse successo qualcosa di terribile. ed ho percepito quel suo stupore atterrito quando riceve notizie di quel genere. le capita così da dopo la morte di patreme. ed io è come se intuissi quella voragine che le si apre sotto i piedi, la meraviglia incazzata, risentita, quasi offesa verso il divenire delle cose. come se tirasse fuori la sua spigolosità per mandare affffanculo quel cuneo che il principio di realtà le pone di fronte di colpo. il dosso improvviso che sbarra la strada, lo si affronta veloci e sembra si siano sminchiate le sospensioni.

in fondo la capisco perfettamente. cavalca da tempo, ormai, quel territorio in cui basta che le cose non vadano male, e si può essere più che soddisfatti. e quelle notizie drammatiche, improvvise, le ricordano che tocca a tutti, quindi potrebbe arrivare a cingere qualcuno di molto vicino. e dall'altra parte non ha più nessuna voglia di sbattersi, affrontare situazioni scomode o faticose, né tanto meno obbligate. ho già dato abbastanza, mi ripete ogni tanto, a motivare il fatto si sottragga a situazioni di circostanza, che il super-io bigotto-moralistico che hanno provato ad inculcarle [riuscendoci un po' sì, ma anche abbastanza no] additerebbe come da affrontare.

quando l'ho sentita quasi gridare la costernazione al telefono ho avuto un momento di sconforto pure io. perché intuisco tutto il turbinio che le si scatena dentro. ed in sedicesimi avrei una cazzo di gran voglia che le menate girassero più alla larga. anche quella emozione molto negativa improvvisa, che le è capitata addosso. sì. non mi biasimo il desiderio di zone di comfort.

però poi, durante il viaggio in auto, mi sono anche ripreso un ragionamento durante la prima potatura del kiwi [sarà un lavoro lungo e certosino]. che va bene il desiderio delle zone di comfort. che va bene che non si deve più dimostrare nulla a nessuno. però intanto la vita accade. in tutto il mondo la vita accade. e in certe zone accade ben peggissimo. e se la vita accade significa che c'è il principio di realtà che ci va a braccetto. e guardarlo nelle palle degli occhi senza abbassare lo sguardo, specie quando fa un po' lo stronzo nei nostri pressi, non è cosa da poco.

la vita accade. le sbadte ci sono. alcune sono piccole, anzi la maggior parte sono piccole. matreme si incazza anche per quelle, un po' per lo sbadta, un po' per il timore ne arrivino di ben più grosse. in sedicesimi lo fo pur io [è che sono stanchino di mio]. però poi, in fin dei conti, i conti sappiamo tutto sommato farceli. 

il problema non è in sé il principio di realtà quando fa un po' lo stronzo. il punto su cui porre l'attenzione è che, pur sacramentando, col principio di realtà poi arrivi ad un accordo. si reagisce, insomma. e continui a renderti conto che la cosa ti riesce. è qualcosa che eviteresti volentieri di fare? occhei, e come non darti ragione. ma è la vita, bellezza. e lo si scopre ogni volta che si prende contezza che le menate, poi, è financo possibile superarle. che finisca pure con un cortesissimo gesto dell'ombrello. perché ce la si è fatta. perché si sarà pure stanchi e desiderosi di relacse. ma non toglie il fatto si sia più abili e resilienti di quanto si pensi. tipo il pugile che quello che vince non è quello che va a tappeto meno volte, ma quello che è in piedi alla fine. magari tutto pieno di bozzi e lividi. ma è in piedi alla fine. ci si può concentrare a rimirarsi i lividi, che fanno male e sono antiestetici. si può altresì prendere atto si sia in piedi, stigrandisssimicazzi i lividi, che peraltro passano.

se lo spiegassi a matreme son certo abbozzerebbe. magari dissimulando l'effetto della suggestione positiva e costruttiva. facendo finta di non darmi del tutto ragione. un po' per quel riflesso pavloviano a non concedersi dei "sono stato brava" [pensa te che danni può fare un brodo di cultura disfunzionale in cui cresci]. un po' perché son sempre la sua creatura. la pedagogia di ritorno, da figlio a madre, non è così semplice da accettare. anzi. ma non giudico più, a riguardo. anche per evitare, in un universo parallelo, di finire parimenti giudicato da parte delle mie di creature, che in questo universo non ho avuto. [e comunque la vita accade anche in quell'universo parallelo].

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