Saturday, December 28, 2024

genocidi

questo è un post che mi gira in testa da tempo. credo ne verrà fuori qualcosa di indistinto e poco chiaro.

oltre al fatto si potrebbe intitolare: semi-dotte disquisizioni, da quasi tinello buono, al caldo ed al sicuro.

perché io, come chi legge, mica è sotto le bombe, al freddo, con a disposizione un terzo delle calorie necessarie al giorno - quelle minime - e costretto a spostarsi quando arrivano ordini di evacuazione di un esercito occupante. in fondo, ai gazawi, aver contezza si tratti di un genocidio o meno credo importi poco. intuisco che il pensiero precipuo sia arrivare vivi domani. intuisco, lo faccio con pudore, quasi vergognandomi.

personalmente non ho mai usato la parola genocidio. quanto meno non ancora. a guardarla da una parte: estigrandissssimicazzi. però è un post di disquisizione dotto per un quarto, e forse un po' inutile.

genocidio è usato da molti. la maggior parte con una dose di militanza variegata. è usato - credo - come clava retorica verso israele. non so quanto verso il solo governo di quello stato. non so quanto verso gli ebrei di tutto il mondo, più o meno. li si accusa dell'indicibile: perpetrare quello che loro stessi hanno subito, ponendoli pari pari a chi eseguì l'indicibile. sarà pure retorica, ma è la clava più infamante verso di loro. immagino non si usi il termine nazisti, perché in quel caso il controsenso logico sarebbe davvero irriducibile.

basta genocidio, però. tanto che i fascisti - laici o religiosi siano - che governo quel paese ribattano con l'accusa di antisemitismo. da quei governanti fascisti in giù. antisemiti, chi li accusa di agire come coloro che gli ebrei volevano sterminarli. e così si chiude una specie di cortocircuito.

mi tiro [parzialmente] fuori. genocidio come l'accusa più infamante - pur non agendo violenza. antisemitismo per infangare chiunque non stia - acriticamente - verso chi agisce quella violenza terribile. per questo il tirarsi fuori è solo parziale.

è poi vero. la corte penale internazionale sta valutando l'accusa di genocidio. perché ne esiste una definizione giuridica. forse è una disquisizione in punta di diritto - per quanto ai gazawi credo interessi poco. sono state definite le caratteristiche di cos'è un genocidio. e negli ultimi decenni se ne sono perpetrati diversi: genocidi. è stato necessario per stabilire, se possibile, cosa può essere raffrontabile al genocidio. quello nel bel mezzo dell'europa cristiana e illuminata.

quindi si valuta se quello in atto a gaza sia un genocidio, per mezzo di strumenti giuridici, che si sono definiti partendo dall'abominio del genocidio. i dotti chiamati a discernerne discutono e discernono. pezzi importanti di umanità scandalizzati usano genocidio come l'accusa più infamante. i fascisti al governo di israele disconoscono qualsiasi organizzazione sovranazionale e tacciano chiunque non sia con loro di antisemitismo. mentre i gazawi muoiono: sotto le bombe, di stenti, e chissà quante generazioni ricorderanno quest'altra nakba. dovrebbe importare solo questa cosa qui. a culo tutto il resto.

senza dimenticare il pogrom del sette di ottobre - poiché non è da dimenticare - tutto il resto è andato tragicamente troppo oltre. non è solo diritto di difesa, a cominciare dal raffronto del numero dei morti e le devastazioni attorno.

non ho [ancora] mai usato il termine genocidio. non lo sento usare da [praticamente] nessuno tra gli operatori dell'informazione. non credo sia solo una questione di appiattimento, che nel mainstriiiim c'è, eccome se c'è. che israele non si può criticare: un po' code di paglia, un po' scelta diplomatica, un po' propaganda interna vergognosa. credo non si usi anche perché le parole sono importanti. queste parole poi.

e di parole ne abbiamo altre, per raccontare l'indicibile che sta succedendo laggiù. a cominciare da: crimini contro l'umanità, crimini di guerra. anche se le parole non sembrano bastare più, gli aggettivi sono finiti. per quello che riguarda la condizione di quell'umanità prigioniera in quel fazzoletto di terra. sono passati quattrocento giorni di guerra. ne erano passati qualche diecina e la situazione sanitaria, alimentare, di vita erano già disperate, catastrofiche, al collasso, infernali. cosa può essere dopo tutto questo, è come se si fosse afoni. finite la parole.

senza che se ne veda la fine. non ancora. con quasi la sindrome da assuefazione. un po' è autoprotezione, un po' osservare senza girare comunque lo sguardo, che sembra l'unica cosa si possa fare.

non so se sia genocidio o meno. si annichilisce l'umanità anche senza genocidi. si agisce l'ingiustizia nel modo più dis-umano senza che qualche tribunale giunga a ratificarlo. poi rimarrà il nome della storia di questi carnefici. per come hanno calpestato la dignità di quasi un paio di milioni di persone innocenti. ci fosse un dio, cui questi criminali dovessero rendere conto.

dubito ci sia, e la resa dei conti sarebbe già troppo in là. basterebbe rendessero conto alla giustizia degli uomini.

non uso il termine genocidio. non è nemmeno una questione di disquisizione dotta per un ottavo. ma che finisca il sacrificio di quelle povere persone. sono tutte noi. siamo semplicemente nati in un posto meno afflitto dalle ingiustizie costruite dall'uomo. hanno già pagato un prezzo troppo alto. lo era già dopo un giorno di guerra. ne sono passati quattrocento. senza che se ne veda la fine.

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