Tuesday, December 31, 2024

parole/1

quello che non ho, è quel che non mi manca. [cit.]

e la potremmo chiudere qui. è l'autorevolezza dei poeti che può permettersi di condensare senso, bastano poche parole musicali.

è in sintesi sottrattiva. che sottrattiva non è un valore etico. è il modo in cui percepiamo i colori. per dire.

poi c'è tutto quello che è arrivato. specie quello inaspettato. che se sono cose belle, inaspettate, lo sono ancora di più. tutto quello che è arrivato, tutto quello che arriva è sempre lì, a disposizione. un modo per non lasciarlo scivolare via è averne contezza. non è per una smania accumulatrice compulsiva. è per sussumere quante più stille. che ci passano in mezzo, come il flusso oceanoso di neutrini che da miliardi di anni ci attraversa.

averne contezza è riconoscenza.

riconoscenza la mia parola dell'anno.  quella dell'intimo, dell'ombelico che non è ombelicale.

anche in questo caso doppia valenza.

la prima.

riconoscenza è immergersi nel fatto che, alla fin fine, si è sempre in debito con qualcuno, qualcosa. che avremo pure dei crediti, neh? ma sono i debiti di cui è prezioso far tesoro. non è debito che significa fardello, è carico lieve. riconoscenza verso quel qualcuno, quel qualcosa. che vuole indietro niente, magari. perché sono quegli orditi che non sanno che farsene del dare e avere. sono, a posto così. se poi si osserva bene non si può non scorgere la gratitudine. che dovremmo coltivarla ben di più. ne abbiamo tutte le ragioni. siamo privilegiati. riconoscenza è un bel pat-pat col principio di realtà, vieni qui e fatti abbracciare, fottuto principio di realtà. è osservare meglio nel mirino della fotocamera del nostro esserci. che è un po' tutto lì.

basta riconoscerlo.

così che viene la seconda.

riconoscenza come desinenza, sostantivo che si sostanzia del riconoscere. accorgersi. è il pezzo più importante ed interessante del: quando siete felici [o senza esagerare, qualcosa che vi si approssimi] fateci caso. che potrebbe non essere un caso. o forse sì, nel caos in cui sguazziamo, ma potremmo sguazzarci peggio. inondarsi di contezza. che non serve altro che piccole cose. riconoscerlo. uno dei doni della maturità è aver imparato bastino piccoli tocchi. piccole regolazioni micrometriche. quelle con il cacciavitino. come l'equalizzazione che ci permette di ascoltare al meglio la melodia del divenire. piccolissimi aggiustamenti, non serve altro. le movenze dell'artigiano esperto agiscono l'essenza, sono misurate. ci ha distillato la moltitudine dei gesti di una vita. riconoscere. è già tutto lì.

e poi, perché no: riconoscerci. ci può accorgere di cose nuove. forse erano lì già da prima. forse sono divenute. riconoscenza è anche nel riconoscersi.

certo. certo. poi ci sono pure i cazzi. e chi se lo scorda. fosse tutto così melassosamente piiiiendlooov saremmo fuori dal principio di realtà, il nuovo amico. ma i cazzi capitano. e di quello ci accorgiamo fin troppo facilmente. e tanto vengono da par loro.

è il resto. tutto quello che non sono cazzi. riconoscenza, e abilità nel riconoscere. spesso non è necessario aggiungere alcunché. a posto così. perché se si sta ben bene attenti, riconoscenti, a ciò che arriva diventa esercizio inutile ruminare su quello che non è arrivato. gran fatica, energia sprecata, anche no. un po' s'invecchia. un po' è il gesto dell'artigiano esperto. i rapaci  sfruttano i flussi ascensionali, poco mulinare di ali.

quello che non ho, è quel che non mi manca.

quello che non è stato, quello che non è dato, è un buffo sul nulla, appunto. c'è tutto quello che invece è arrivato, arriva, c'è. [grandissima chicca di odg, nella parte finale d'autunno. sei già tutto lì. riconoscilo]. ben più circostanziato e, soprattutto, sostanziato. è la farina, l'acqua, il lievito con cui si fa l'impasto. affondarci le mani.

riconoscerlo è uno regali più belli ci si riesca a fare. non può che sgorgarne riconoscenza.

portiamocela appresso tutta, anche nell'anno nuovo. me lo auguro. lo auguro.

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