Monday, August 5, 2019

sulle consecutio logiche, facili. figurarsi quelle difficili. abbiamo già perso.

ho un collega là dentro. ha decisamente più anni di me. lo vedevo anche prima, in altre vesti, roba che quando arrivava, un altro collega, là dentro, andava in sbadta. è che siamo una bella cozzaglia di casi variegatamente umani.
tant'è.
insomma. con questo collega, ad un certo punto, ho quasi avuto la sensazione si potesse creare un certo tipo di interrelazione. amicizia è un po' complicato, là dentro. però una certa porzione distale di originalità nel confrontarci, rispetto alla cozzaglia d'altra variegazione umana.
non foss'altro per il fatto che abbiamo incrociato situazioni un po' omologhe. intendo per quel che riguarda le situazioni professionali et lavorative non propriamente trionfali [guarda te che giro di parole per non scrivere: fallimenti].
ricordo distintamente il giorno che gli raccontai delle mie di arzigogolazioni, e del risvegliarmi alla cruda realtà di essermi fidato di geni solo nelle teste di chi si credeva infallibilmente geniale. e ricordo distintamente come reagì il suo metaverbale, quando intuii di aver trovato una specie di suo omologo, in fatto di situazioni lavorative et professionali non propriamente trionfali. anche solo con quale slancio mi disse: ti offro un caffè, e raccontami meglio.
dalla mia parte, altresì, non ho potuto da subito non riconoscergli una fottutissima et tenacissima volontà di rimettersi in gioco. ricominciare con un lavoro che non era il suo. tecnicamente finire anche quel cicin demansionato, seppur con la solidità pragmatica che alla fine del mese, la fattura, l'avrebbe emessa, e soprattutto incassata senza il giro dell'oca di rincorrere il cliente. prima, mica sempre. e quindi fanculo i ruoli, se poi non cubi abbastanza piccioli per la famiglia. e quindi fanculo se devi relazionarti e farti spiegare il lavoro da baganetti, che verosimilmente devono ancora capire da che parte prendere il manuale delle istruzioni di come si sta al mondo. mentre tu qualche punto angoloso l'hai preso, direttamente sullo spigolo. quindi fanculo se ricominci da ultimo della fila, e sbriciolamento di spocchiosità da seniority che tanto conta quanto le lettere d'incarico per i [finti] liberi professionisti, quando si devono impugnare se le cose van male: nemmeno utili ad avvolgerci il formaggio.
indi, questo collega là dentro, si è messo di buzzo convinto. grandissima volontà, testa bassa, gomiti presso il tronco a spingere e capire come spalare il guano. con quella cortesia ed empatia umana, che non è che tra i nerd sia stata elargita a cornucopia, e via. il ragazzo - non sono più [io sì, spocchioso frustratello] il più anziano del gruppo - ha cominciato a muovere i primi passi. alcuni un po' incerti. altri desiderosi di carpire qualche trucchetto. un po' l'ho formato anch'io, spiegandogli qualche fondamentale. e lui, probabilmente, ha intuito parte della mia sostanza, che sarò pure frustrato spocchiosello, ma non è che possa continuare a nascondermi dal fatto che, là dentro, ci so piuttosto fare et combinare.
certo. l'ho visto, a tratti, in relativa difficoltà. non foss'altro che entrare nelle logiche laocoontiche di come cazzo hanno sviluppato i pezzi [documentazione manco a mendicarla] ci vuole mestiere, abitudine alla programmazione - possibilmente ad oggetti - ed una capacità di tener tutto assieme, in un unico piano sequenza logico, tante, forse un po' troppe cose. oltre al fatto che prima di capire che certe manifestazioni del guano rispondono a un numero - tutto sommato - limitato di possibili pattern, di mesi là dentro, ce ne devi passare ben più di quelli che ha finora passato lui.
che non manca - apparentemente - di perseguir ad avere 'sta gran voglia di sbattersi. e darci dentro.
poi sì, che non sarebbe facile ricollocarsi per età, formazione, titolo di studio, un po' aiuta.
ma non basta. insomma: lavoratore serio.
è per questo che qualche mese fa gli proposi: sentiammmmmmmè, perché non diventi il mio alter ego a gestire una particolare serie di attività?
se n'era appena andato quello che l'aveva fatto con soave cazzaraggine, ma pur sempre più che discretamente.
ricordo che pensai: è un modo per farlo diventare un po' più strategico, non c'è da guardar dentro le zampette di gallina di codice, perdersi in giri e cirlocuzioni arabescheggianti. bisogna avere quel cicin di visione d'insieme del sistema informaticheggiante, senza scendere in dettagli che possono farsi scivolosamente capziosi. è tutto molto lineare: dobbiamo andare da A a B. ed in mezzo ci sono passaggi quasi consequenziali: un tragitto tutto sommato ripetitivo, quali a volte sono le cose metodiche, pianificabili all'interno di casistiche di processi nemmeno così fantasiosi o creativi. una specie di noia rassicurante. però è una noia che, necessariamente, qualcuno là dentro deve saper che giro fa, e poi quando e se serve interloquire con i fornitori dell'accrocchio - invero non propriamente una fortezza di manutenibilità.
così pensavo.
perché nella mia testa è tutto fottutamente ovvio, quasi scontato, ad un cicin dalla sfrontata inevitabilità. come praticamente sempre accade per le cose logicamente intelleggibili. è roba scarna, all'osso, senza sovrastrutture. non è cosa da interpretare: se il file di log riassuntivo err.txt, non è ancora valorizzato, allora la pellicola sta ancora girando. se riporta 0 (zero), allora è lieto fine. se riporta qualcosa diverso da 0 (zero) allora qualcosa si è rotto. e bisogna ingaggiare il fornitore. certo. bisogna aver un po' chiaro nella capa come, più o meno, s'intrecciano le cose a monte. più o meno. non serve conoscere il bit.
insomma.
ce lo vedevo bene a darmi una mano.
e invece non siamo propriamente dall'altra parte del guado. non è ancora mica finita.
e dopo quasi quattro mesi, della visione d'insieme, ho la sensazione rimanga qualcosa di maculare che si sta sbiadendo nella sua memoria. nonostante si abbia provato una volta. e poi un'altra. e poi un'altra. e poi un'altra. che c'è bisogno del manualetto da seguire passopassopassopassso. che così, intuisco, si perde la visione d'insieme.
ecco.
e questo è un collega volenteroso, testa bassa a provar a capire, farsi l'idea di consecutio logiche piutosto scarne, zero ermeneutica, zero sovrastruttura.
ed è uno - ripeto - che si mette d'impegno. e non si tira indietro. non ha paura di faticà.

ecco.
poi penso alla squaquaquataggine delle complessità del tempo presente. e dei fenomeni, umani e più o meno consci, che ci permeano che ci eterodirigono. mentre si ha la sensazione di aver tutto tra le mani e ben chiaro a cosa tendere, manco bastasse sbruffoneggiarlo sui soscial. di come pensiamo di determinar chissà cosa mentre forse è alcunché, e come variegatamente siamo con l'anello al naso e obnubinalti dal gas soporifero che esala la mangiatoia che riempiono un po' come vogliono alcuni. e senza granché voglia di applicarci a capir le connessioni, a guardar quel cicin più in su della linea tratteggiata dell'ombelico: figurarsi lo sguardo oltre l'orizzonte. un po' [tanto] svogliati, un po' [tanto] ignoranti, un po' [tanto] analfabeti empatico-funzionali, invero piuttosto beoni delle mass-cazzate che ci inculcano: e che poi siamo convinti siano brillanti idee nostre. e soprattutto svogliatelli. paraculi nel trovar la giustificazione che tanto, al limite, falsifichiamo la firma.

il mio collega - brava persona, onesta, volonterosa, abnegazione a gogò - nonostante tutto fatica a star dietro le cose logiche, da A a B.
e mi metto pure a pensare alla pezzottatissima mediomentaglia che prima di arrivar al metallo vivo delle cose logiche, deve scartavetrare pentolate baroccheggienti di stucco color aragosta.
abbiamo già perso.
solo che non lo sappiamo [compiutamente] ancora.

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