Saturday, August 3, 2019

doverci stare, da qualche parte

premessina, veloce veloce: questo è un post che potrebbe virar al lamentosetto. come ai vecchi tempi. anche se son tempi appena dietro l'angolo. tant'è.

stavo leggendo un libercolino. che fino a metà pare un po' commediuola che sberleffa un noir, invero piuttosto sbiadito. ad un sola voce, la prima persona, voce narrante, che è sempre un po' complicatina da gestire. poi il libercolo si mostra per quel che vuol essere. un cazzeggio sapido e molto [auto]ironico, attorno ad un plot che s'intreccia il giusto. le voci diventano altre prime persone. ed un po' si fa polifonico. niente di illeggile. niente di roba del tipo: uau. il finale un po' s'approssima che poi va da un'altra parte. ma tant'è.

però non volevo parlar del libercolino. è che però il libercolino, nella foto di copertina, ha la ruutsicstisics [route 66] che, spavalda fino al punto di fuga dell'orizzonte, sembra voler dividere in due il deserto, immagino di un qualche stato degli iuesssssei, sud-occidentale. e all'inizio di un capitolo del libercolino, uno dei primi, il primo dei personaggi che narra in prima persona, è in viaggio in mezzo a quel deserto. in auto. e l'incipit del capitolo è "amo il deserto".

quando l'ho letto, in quel momento e per qualche momento piuttosto prolungato ho smesso di seguire con attenzione il filo delle parole. anzi, forse ho proprio smesso di leggere. e probabilmente mi si è spalancato in testa questo post che potrebbe virar al lamentosetto.

perché ho intravisto una situazione ideale, rasserenante, auspicabile, consolatoria, piacevolissima, che potesse lenire il friggicorio* friccicorio esistenziale che ha ripreso a punzecchiare, invero in maniera non così piacevole. e mi son visto nel consustanziare la vacanza perfetta. anzi no. la condizione perfetta: io che me ne vo' in viaggio in auto. più o meno a caso. con il limite del fatto che uno deve fermarsi a rifornire, pisciare, dormire, mangiare. il resto son le strade a disposizione, da sfruttare come il condotto per una specie di sistema circolatorio, di fatto senza fine. in cui poter girovagarci. fottendosene un po' dell'eventuale footprint ambientale [tanto mica stavo stampandocolpiede, essendo quella solo una fantasia da metterloincalciod'angolo questo sentore di soffocamento che non so quanto riesco a farcela]. ed ho pensato, in un battito di ciglia incuriosito: perché? perché quella situazione così desiderabile, cosa me la fa ambire e così tanto? [è che mica mi accontento della suggestione, così piacevolemente rasserenante nell'essere 'sì evanescente. no, è che poi la zitellonaggine meco vuole sapere anche il perché. forse per grattar materiale per un piccolo post. forse per il riflesso pavloviano ingegneristico-[ex?]psicoterapico].

insomma. perché?
e la risposta è venuta prima che finissi di chiedermi: perché? [che ci vuole ancora meno tempo che dire "crostata di mirtilli" [cit.]].
perché così è come esserci senza stare in nessun posto.
roba che lo stare in viaggio diventa essere il viaggio. che va bene l'eco odisseandiana, quasi ossessione, peraltro in un blogghe che si chiama ecodisseando. che continua ad essere il gerundio di odisseo. a parte quello, però, c'è una specie di intuizione come fosse una specie di appiglio salvifico del momento adveniente. come se la fatica che sto provando, per sgusciarsela di dosso, assieme ad una stanchezza che non sono solo le ore di sonno che paiono non essere mai quelle che bastano, potrebbe aiutare darsi alla macchia in macchina. non potendo sottrarsi all'inevitabilità che da qualche parte devi comunque stare [cit.], però fargli anche un poco gentile gesto dell'ombrello, 'ché non sei mai da nessuna parte, perché ogni attimo sei in qualche punto diverso.
e cullarsi un po' l'illusione che così il fardello, che plumbeo avverto, si riuscisse a fuggicchiarlo. tipo ti vogliono metter addosso la cartella, ma tu sei già in un altro posto. va bene, mica lontanissimo, ma già in un altro posto.
occhei. occhei.
mi rendo conto sia una specie di de-responsabilizzazione. comodo, neh?
non ti fai trovare qui, perché sei già un pezzettino in là. girovagoleggi quindi non stai.

può essere. può essere.
sarà che sto facendo - davvero - fatica. forse è solo il sonno.
forse sto imborzolando.
anche i contatti sociali si stanno diradando - lo sciame caotico del relazionarmi là dentro, non conta, ovvio. anzi. forse è una delle concause, vista la tropposità di questi mesi. non capisco dove finisca il fatto mi neghi. dove prosegua il pigolio della fazenda non abbia quasi più tempo più o meno libero, in cui non mi venga di voler dormire. e dove inizi il territorio che non si è indispensabili, quindi un bel po' di persone, senza nulla di eclatante decidono che possono far a meno di te [magari molto più di quel che possa io fare a meno di costoro.]

sì.
vero.
sono stanchino. e tutto pare affardellato.
quindi mi si spalancano queste vie di fuga mentali. tipo: starsene perennemente in viaggio per non stare in nessun posto. sperando, in questo modo, di intuire più lieto l'essere. [per quanto: chi vive sperando, muore cagando. [cit]].
ogni tanto mi balugina financo la suggestione che - forse - una vacanza potrebbe, se non risolvere, almeno mettere un pochino in bolla il tutto.
non so.
l'auto non ce l'ho. [per quanto si potrebbe noleggiare. o continuare ad andare in treno]. non ce l'ho perché vorrei ma non oso. per quanto tutto questo, in gran parte, esula dall'economia di questo post. che non so quanto abbia virato al lamentosetto.
però ho la vaga sensazione che i tratti dove sarei in viaggio, per esserci senza stare in nessun posto, ammonticchierebbero la possibilità di essere tra i più gradevoli. e struggenti alla memoria.
come in sospensione.
per poter sfanculare un po' il fardello.
visto che ora mi sembra tutto così stanchevolmente irriducibile.
notte.

* l'amico luca mi ha fatto giustamente notare che va bene inventarsi delle parole. però c'è un limite a tutto.

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