Sunday, December 20, 2020

dei ritorni. o andate. è pur sempre una questione di dove metti l'origine. qual è l'offset.

questo è un post intimista. ohibò, a dirla tutta, [quasi] tutti i post sono intimisti. è che questo è diversamente intimista. almeno: questa è la percezione ex ante che ci ho.

sono stato a milano quattro giorni. deciso senza pianificarlo troppo. volevo tornare in quella casa, o quello che rappresenta. volevo riprendere possesso dell'appartamento. volevo dare una piccola deviazione all'incedere immutato di questi giorni di tempo sospesi. volevo rivedere persone. mi ha fatto bene. o quanto meno è stato un soprassalto emotivo. davvero.

e così alla fine ho chiuso il gas. cosa che prima non facevo mai. ma da che il rubinetto di sicurezza è così bene in vista e, soprattutto, da quando non so dopo quanto ci tornerò, è l'ultima azione che fo. poi esco da casa, chiudo tutto e parto. così è successo anche oggi pomeriggio. e mentre serravo la manetta quella puntina di malonconica tristezza mi ha preso, fin giù alle falangette di pollice et indice, ad accompagnare quel gesto serrante. che è un po' cura, un po' rito, un po' timbro che si sta lasciando la casa. quasi che la malinconica puntina volesse assicurarsi che lo stessi facendo. o che la tristezza malinconica - una puntina - mi facesse prendere contezza di quel momento.

anche solo per confondermi un pochetto i piani. e rendere ancora - tanto per cambiare - sfumata et indefinita la percezione, la volontà, il prodromo delle cose che potrei, dovrei, fare.

non è una novità. figurarsi. ed è l'eco che si propaga da lustri. che non è netto e chiaro esattamente dove e quale sia casa. nel senso di home. che non mi sono mai allontanato abbastanza dall'hometown. e quindi in questo medio per nulla assertivo sto, donde nun ce stat virtus. non a sufficienza via dalla casa bambino, acciocché altra sia casa. non riesco a consustanziare abbastanza il concetto di casa adulta, acciocché me ne riesca ad andare via di casa definitivamente.

e non aiuta nemmeno che oramai quella casa mi stia piccola, chiusa e stretta, che non [si] scalda abbastanza. da non riuscire a provare a plasmarla del tutto come mia. vuoi perché in affitto. vuoi perché è come se avesse terminato una sorta di significato, di simbolo, di suo ciclo. posto che esista. e comunque pare stia entrando nell'ottica di andarci oltre. con l'impegno pragmatico questo comporta. di cui non sono propriamente onusto, ed in un momento dove tutto sembra sospeso. in attesa di intuire che cazzo succederà.

ovvio che ciò non rinsalda e struttura l'assertività dentro. ovvio che a uno non passi la perplessità ontologica. e a questa [crisi di mezza] età dei mumble mumble munble si consolidano.

poi uno dice non si sente realizzato. è come se non avessi tutte 'ste gran radici. e non sapessi dove infilarle [le radici, ovvio].

 

in tutto questo però, guarda un po', mi son goduto il viaggio di ritorno. davvero. poche ore prima chiudessero tutto. il traffico - quel pochissimo che c'era - è via via evaporato, sotto la pioggia. non ho voluto neppure premere troppo sull'acceleratore. negli ultimi chilometri, nel susseguirsi casuale delle canzoni emmepitre è partita "la donna cannone". che non c'entra 'sto granché. però mi è parsa la canzone giusta: la delicatezza di quel testo da enorme mistero volò, la gentilezza degli archi nelle volute a salire, quelle note lunghe avvolgenti. ho rallentato un briciolo. per tenerlo quella stilla più lungo, il viaggio di ritorno dico.

o di andata.

è sempre una questione di punti di vista [e vabbhé che ora, adesso, in questo momento non so esattamente come guardarla, la prospettiva.]

[e chissà se poi, in effetti, è diversamente intimista 'sto post...]

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