Saturday, January 22, 2022

scivolamentismi [et dicotomie]

mi è tornato alla mente un episodio.

una sabato sera di qualche anno fa discussi furiosamente con una persona importante. usando uotsapp, devastante. c'è un piccolo paradosso in quell'episodio: l'associo ad una splendida stellata, che il cielo era terso e la primavera avanzata. stavo rincasando, e quello spettacolo astrale mi mise di ottimo umore. sì, le avrei detto che l'avrei raggiunta durante la sua trasferta, capovolgendo quello che ci si era rassegnati ad accettare. fanculo al fatto dovessi giustificarmi sarei mancato qualche giorno. fanculo fossi spiantato, ed anche un viaggio, tutto sommato piccolo, non sarebbe stato indifferente per le mie finanze. ora glielo scrivo, immagino le farà piacere. e invece discutemmo furiosamente. la miccia: un malinteso, che quando manca para e metaverbale a volte può capitare. il propellente: la compulsione reciproca al parossismo logico-analitico, ostinati e senza cedere un millimetro. la camera di combustione: lo sconcerto ci fossimo trovati a discutere d'improvviso così furiosamente, per la prima volta, con circonlocuzioni retoriche che ad ogni passaggio era un carico emotivo mica da poco. ogni piccolo pertugio contradditorio nel ragionamento dell'altro era tipo una bella stantuffata di mantice: vvvoussssshhhhhh, e la discussione avvampava.

finìmmo dopo un paio d'ore. io sfinito e provato, ma sapevo di non essere il solo. ovviamente saltò la trasferta, il bello che avrebbe potuto esserci non ci fu. non fu semplicissimo ricominciare a parlarsi. il primo passo non lo feci io [da questo punto di vista ho un approccio molto nichilista: finisce tutto? e sia].

del malinteso da cui partì la buriana figurarsi se ho memoria. come peraltro sarebbe successo altre volte: ma perché abbiamo scazzato? boh. e chi se lo ricorda più. come se quello fosse un cazzillo poco pregno di senso, che appena dato l'innesco può essere rimosso veloce e rapido. tipo una scusa, vuota e vacua. ricordo però bene il razionale profondo del mio incazzo e della mia offesa. dal turbinare di messaggi sembrava emergere che l'altra fosse convinta che, scientemente, mi adoperassi per procurarle nocumento. sì, insomma: sapevo di stare facendo lo stronzo, continuavo a farlo, quindi lo ero. il fatto che mi pensasse capace di questo, farlo a lei, con pervicacia e convinzione, perculandola garantendo il contrario mi faceva sbarellare. mi sentivo oltraggiato, giudicato male ingiustamente. questo mi fece incazzare, mi offese. e mi scosse molto: quasi che la convizione altrui - o quello che pensavo fosse la convinzione - potesse in qualche modo sostanziare quella roba lì. il fatto che lo pensasse non mi metteva al sicuro fosse in effetti così. e quindi giù, ancora più convinto e deciso, nel cercare di metterla all'angolo retoricamente, perché ritrattasse, o ammettesse di sbagliarsi. così che io potessi tranquillizzarmi non lo pensasse veramente, e quindi nessun rischio lo fossi.

naturalmente era tutto cinema nella mia testa. l'essere percepito così stronzo e giù tutto il resto. non credo lo pensasse. sono convinto non lo pensasse. così come sono convinto ci fosse un cinema duale nella sua di testa. e cose che non pensavo di lei, e che le mi rinfacciava.

la cosa un po' più ineluttabile era che il tutto nasceva da cinemate in testa, tutto molto etereo. ma gli effetti riverberavano ben bene nella realtà. anche i rimpianti, dopo, per non aver saputo godere delle occasioni. vabbhè.

in fondo eravamo due cazzoni, probabile perché incerti, nel contesto dell'epoca. ma cazzoni eravamo. io forse un po' di più [forse], di sicuro molto incerto.

oggi non credo accadrebbe più. e non solo perché ormai non ci sono più nemmeno troppe occasioni per discutere o litigare.

oggi non accadrebbe, per lo stesso motivo per cui credo di aver finalmente capito si debba lasciar andare quel genere di discussioni. a dirla tutta la considerazione mi è venuta pensando ai novacse e similaritudini. che magari accostarla anche lontamente a questi è cosa ingenerosa. ma è per la dinamica compulsiva che si scatenava, a cui si può dir finalmente: ciaociao. che pensare ai novacse, e come relazionarsi, è molto più facile trovare il punto nodale, l'elemento scatenante, ed accanto l'interruttore della luce: spegnere e salutare. sottrarsi e fare silenzio. è autoprotezione. specie se quello che si scambia per confronto avviene nel luogo che si fa tossico, proprio per questo genere di interlocuzione: i soscial. discutere con novacse e similaritudini di tutta quella catena montuosa di complessità globale, che declina con la fatiche emotive che ciascuno ha vissuto, funziona come provare a parlare di filosofia teoretica ad un rave, sotto la parete di diffusori. molla. non passa granché. tutto soverchiato dal vibrante unz-unz-unz-unz che massaggia intenso anche la milza e il pancreas. e quindi ovvio alla fine si finirebbe per urlare, sforzando le corde vocali e accendendo il turbine dell'incazzo. molla. non serve.

e mollare, lasciar andare, è liberatoriamente rasserenante. anche se il paradosso vuole sia la scelta meno semplice da fare. però ci si può riuscire se si infilano un paio di condizioni. una più di contesto, l'altra più di struttura. per quanto i confini non è che siano così netti e precisi. si ha sempre a che fare con la complessità delle umane cose. il senso sta [quasi] sempre in una dimensione frattale.

quella di contesto è la serena convinzione scettica della propria visione, del proprio modo di pensarla. vogliamo declinarla col novacse e similaritudini? l'efficacia globale della vaccinazione che raccontano i numeri. più o meno quello di cui già sproloquiavo qui. i numeri rasserenano quell'istanza. il pungolo scettico è continuare ad osservare con attenzione il contesto, le storture che mica non mancano. anzi. però il senso generale non cambia. ci vuole la tabella di decodifica per come e quando comportarsi? l'hanno complicata e attorcigliata? sì. certo. questo non confuta l'efficacia della vaccinazione. ci piacerebbe il vaccino che contrasti il contagio, disponibile per tutti cosicché anche chi non vuole vaccinarsi ne esce assieme a tutti gli altri? certo. ma questo c'era finora. ed è efficace nel modo in cui riesce. i poteri forti hanno costretto a rendersi proni a bifarma? forse. ma la vaccinazione è efficace. il griiinnpasssse è discriminatorio ed è un modo surrettizio per far vaccinare? anche. ma la vaccinazione è efficace, ed uscirne significherà anche farlo sparire 'sto griinnpassse. è tutto l'inizio di un nuovo ordine mondiale, dove saremo controllati altro che matrix? mettersi in fondo al labirinto fa molta distopia, che tira sempre, però anche paranoia. sarà distopico ma è soprattutto futuro, quindi tutto che adddddavenì e provate e dimostrarlo ora, se siete buoni [a proposito di gente che scrive post interessanti e chiari, mica i miei sproloqui [grazie amico Ema]]. intanto l'efficacia vaccinale è nei numeri. 

ennnnniente. sono andato lungo sulla condizione di contesto.

è che rimaneva la condizione di struttura. che poi è la scintilla che ha ispirato questo post. e siccome contravvengo in toto le regole dello scrivere sul web, finisce in fondo. anche questo cappello di inframezzo, per dire, allunga il brodo. ma tant'è. vogliatemi bene ugualos.

provavo a dire: la condizione di contesto acciocché mollare, lasciar andare, diventi liberatoriamente rasserenante. che a scriverlo è facile. il resto forse un po' meno. ma ci si può riuscire. ed è far propria la consapevolezza che noi siamo oltre le nostre retoriche interlocutorie. noi non siamo il nostro umore [cit. mentre salivo verso l'ingresso autostradale di genova nervi] ma non solo. siamo ben oltre quello che possiamo provare a portare come opinione e visione delle cose. capacità di argomentarlo in maniera efficace inclusa. non che non sia imporante, neh? ma non siamo solo quello. nemmeno se quella è una cosa che ci riesce discretamente bene. nemmeno se può capitare di averci quello come elemento di fascinazione, da offrire al posto di pettorali ben torniti e abbronzati [il genere femminile, può immaginarsi altre alternative. chi è fluido altre. e così via]. non importa quando saldi, alti, immarscescibili, etici siano i principî che ci ispirano, da cui declinare le argomentazioni. non importa quanto siano buoni a ditteggiare tecniche retoriche, interlocutorie, persuasive. noi siamo oltre quello. l'altro, colui che dovrebbe fruirne grato, ce le ributta indietro e non riconosce il nostro valore? per per tutte le ragioni di questo mondo: con tocchi di razionalità o debordanti di irrazionalità disagiata? il punto di svolta esistenziale con cui reagire: estigrandisssssssssimicazzi.

di nuovo. non che non sia importante e necessario come rinforzo positivo, neh? tanto più se nell'altro, del suo riconoscimento e conferma, abbiamo riposto aspettative più o meno elevate. ma nessuno è davvero così importante da portarci via quella consapevolezza se ce li nega. io sono oltre l'effetto dell'interazione con l'altro, cosa può pensare di me compreso. anche se è doloroso farne a meno, non riuscirci, o sapere ci percepiscano all'incontrario. roba che traballa ad ogni due di picche, ad esempio. roba che è complicata se l'affetto ed il coinvolgimento emotivo con l'altro è tanta roba. [io ho compromesso, forse per sempre, un'amicizia importante, storica. è stato doloroso. probabile io abbia iniziato a vacillare tanto anche per questo. sono dispiaciuto. ma ho preso atto possa succedere. è il gran ballo dell'esistere. ma non mi sento [più] con meno [auto]stima, in generale].

ora. decidere di mollare l'interlocuzione con un novacse e similaritudini è relativamente più semplice. lo iato è importante, la polarizzazione fa il resto. non riusciamo ad intenderci, e c'è unz-unz-unz-unz da rave che levati. appunto, levarsi. noi si percepisce la paranoia loro. loro ci danno di coglioni lobotomizzati. estigrandisssssssssimicazzi, lasciar scivolare via. quando tutto questo sarà finito, più o meno finito, mica non lo sappiamo che rimarranno strascichi importanti. con più dolore nell'animo ma - di nuovo - estigrandisssssssssimicazzi. è un pat-pat non del tutto piacevole col principio di realtà. bisogna lasciar andare e lasciarsi scivolare anche questo. ognuno di noi è oltre e più importante anche di questi riverberi. poi il tempo farà il resto. forse. altrimenti per il complemento a uno c'è l'estigrandisssssssssimicazzi.

non son così ingenuo da pensare che lasciar scivolare via, mollare il colpo in altri contesti sia fottutamente più complicato. ci vuole una certa centratura, che già in sé, per un po' di gente, è concetto non proprio semplicissimo e/o così scontato mantere più o meno stabile. figurarsi farlo con lo sguardo il meno possibile sul proprio ombelico. ci vuole anche un po' di sana autostima, che non è come andare panettiere ed ordinare quattro rosette ben cotte. però non viene meno che noi si sia oltre il presentare le nostre opinioni e visioni. prenderne e farsene contezza è un bel respirare a pieni polmoni aria salubre.

non mi nascondo che il ricombinarsi di cose degli ultimi mesi mi sta dando una mano, tipo inspirare ed espirare con soddisfazione come fuori dal rifugio perucca vuillermoz. non escludo che anche il grammo e mezzo di sertralina, introiettato fin qui, abbia contribuito a suo modo. quindi una certa curiosità, con goccioline di apprensione, chiede cosa ne sarà poi. resta il fatto, quasi banale, che averne avuto una chiara piccola epifania, compresa fin giù in fondo, anche solo una volta, è situazione migliore che: circostanza mai pervenuta su questi schermi. alcune quasi ovvietà sono altrettanto rassicuranti. quindi visto e capito almeno una volta, è piuttosto probabile possa darti una mano, tipo un vademecum, l'appunto per la decodifica, un domani, se e quando.

me lo auguro. e lo auguro. lasciarsi scivolare via. mollare il colpo. la grandissima libertà di non essere quello che avrà l'ultima parola. siamo oltre, se poi usiamo onestà intellettuale è davvero roba che rasserena. è una scelta pure quella. come ha dicotomizzato, in maniera semplice ma sublime, una ascoltatrice in un microfono aperto psicopipponico, quelli del bacchetta [se capita, abbonatevi]. e la dicotomia dice che, in quel contesto, il mondo si divide in due: chi vuole avere sempre ragione, e chi ha deciso di essere felice.

ecco. una cosa così.

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