Tuesday, March 26, 2024

eco

ho fatto la cosa giusta, e guarda caso ho re-incontrato l'amica paola. che poi, caso. avrei potuto semplicemente scriverle: ci vediamo allo stand dove ti incrociai l'anno scorso? ed invece ho lasciato che le cose venissero, a loro modo. l'avessi incrociata bene. poi uno dice che non ci ha il grip sulle cose che capitano.

l'amica paola, appunto. l'avevo rivista lo scorso anno, stessa fiera, stesso stand. erano lustri che non capitava ci incontrassimo. fu una bella emozione ed una chiacchierata intensa. oltre la sensazione di esserci lasciati un paio di giorni prima. con alcune persone capita. son poche, neh? ma capita, questa la cosa importante. in quella primavera stavo bene, e la sentivo dentro la primavera. forse anche per questo me uscii dalla fiera con una sensazione strana. scrissi un post [diommmmmio, che roba lunga che ogni tanto mi esce. che poi, ogni tanto...].

quest'anno, invece, mi ha trovato lei. stavo solo in un angolo ad ascoltare un incontro: non era sociopatia, ma star seduti sotto il diffusore acustico aiuta a sentire meglio nella bolgia di una fiera. parlavano  di gaza e la guernica che stanno compiendo laggiù. è comparsa lei e per un attimo ho tirato il fiato, in apnea per quel che stavo ascoltando. ci siamo dati appuntamento per dopo. e dopo, mentre la raggiungevo, pensavo ad una cosa accaduta giusto un anno prima, di cui avevo avuto contezza nei mesi a seguire. in realtà era poco più che una nebula, non un pensiero totalmente verbalizzato. mi son detto: quasi quasi glielo racconto, anche se non so se mi usciranno le parole più precise.

poi, invece, è uscito altro: parole fragili [cit.], troppe. sarà che la serotonina è ricaptata ancora tantino. sarà che l'amica paola è una persona che sembra ti abbracci, per il solo fatto di essere lì accanto a te. e se ne capita la necessità [capita, capita], farsi abbracciare è un po' taumaturgico. con l'effetto collaterale, appunto, della storia delle parole fragili.

ho poi salutato l'amica paola, con un po' di tepore in più e po' di patina addosso in meno. dimentico, bel bello, della faccenda della cosa accaduta un anno prima.

poi la mattina dopo ho capito. la nebula si è fatta immagine, per quanto metaforica, e mi son venute le parole.

me ne sono accorto dopo, neh? ma lo scorso anno, mentre eravamo lì a raccontarci, è come fosse venuto giù un diaframma. si parlava, l'amica paola ed io, ed ho cominciato a percepire una specie di eco. l'eco che riverberava in quel vuoto che mi son ritrovato dentro, venuto giù il diaframma. uno spazio che l'eco ha evocato di provare a colmare: una compagna, qualcosa che assomigliasse ad una relazione. il cambio di paradigma. suggestiva 'st'eco, come una sorta di armonia da primavera che non bussa. e che ha cominciato a dirmi: colmalo 'sto spazio, riempilo 'sto vuoto, estigrandissimicazzi se così non ci echeggerò più [è un'eco generosa, da primavera che entra sicura]. per questo uscii dalla fiera con questa specie di stordimento. un'esperienza nuova, a suo modo. nel senso che mi sarei scoperto nuovamente pronto, posto lo fossi mai stato davvero. e non credo c'entrasse solo la storia della serotonina ricaptata di meno.

sì, è successo lì. con l'amica paola che ha fatto venir giù il diaframma ed ho sentito l'eco.

non sarà mica un caso che ho ricominciato a desiderare, in maniera diversa ed intesa, un qualcosa che si approssimasse ad una relazione. qualcosa che surclassasse la storia del [bellissimo?] incubo delle passioni, da cui non ci si emancipa. qualcosa che andasse oltre, alla grande, la sola gran voglia di scopare [voglia tanta, pratica pochina]. proprio un altro campionato. e son venuti mesi in cui quella tensione era importante, forse anche vivificante: desiderio di colmare il vuoto. poi, il fatto è che 'sta roba non mi è propriproprio riuscita. e quindi non sarà un caso che quell'eco si è fatta via via più melodia malinconica. e credo c'entri più di qualcosina in quella sensazione, ex-post, di un anno che si è fatto via via più tristino. chissà se lo sfinimento lavorativo e molta serotonina ricaptata siano a parte oppure concause.

ora.

la domanda più ovvia potrebbe essere: perché non considerare l'amica paola? in fondo è stato con lei che è venuto giù il diaframma. perché non l'amica paola, che diventa solo Paola? il fatto di chiederselo è già un po' una risposta, al netto che i suoi occhioni azzurri mi hanno sempre fatto un po' sciogliere. posto che una risposta non ce l'ho, posto esista. posto faccio casino già di mio negli incroci, specie quelli intimi. posto che ora è tutto complicato a prescindere, anche le cose belle, anche il piacere. ed è come avessi una specie di pelle ruvidissima e delicatissima assieme: roba che si irrita per un nulla, e che ho timore di sbregare le persone senza pellaccia dura. [e non è che, da tracotante, non mi ponga la questione del: chissà cosa ne penserebbe l'amica paola. è che qui siamo qualche passaggio che sta ben prima.]

comunque sì. quell'incontro, lo scorso anno, fu una specie di svolta. o meglio: l'indicazione di una possibile svolta. poi le cose possono anche non accadere. infatti non sono accadute. e probabilmente non è che la responsabilità sta solo in capo a me.

intanto mi tengo l'eco. fa compagnia. nei giorni più o meno uguali. però ci si prova, passo a passo. a farli diventare diversi. e chissà se continuerò a volermi tenere quello spazio dentro. che è lì, in bella vista, dopo che il diaframma venuto giù con l'amica paola. e quell'eco, che chissà se mai saluterò.

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