Saturday, April 10, 2021

ritiratismi

piccola premessa. da qualche settimana scrivere 'sti post mi costa fatica, però tanto quanta l'importanza del fatto riesca a scriverli. inoltre. credo anche siano dei post tecnicamente più che discreti [maledetto understatement ostativo, non riesco a scrivere: buoni], forse troppo lunghi, ma roba di cui essere soddisfatti. nel contempo però non li trovo così entusiasmanti, che portano seco considerazioni così originali. se ci pensate bene non è necessariamente una contraddizione. e forse nemmeno prima erano così interessanti, neh? ma prima non mi ponevo molto il dubbio. scrivevo e bon. forse ora è per la visione distorta del contesto. boh. però questo è ciò che passa il convento. e son soddisfatto che qualcosa passi. anche se sono solo considerazioni di come stia buttando tra me e meco del mi ombelico.

vabbhè.

il fatto è che c'è stata questa infilata in sequenza, tra le altre, di queste cose - l'ordine non è importantissimo. peraltro molto diverse, nei fatti. ma hanno acceso percezioni correlate. questo post dell'amica roby. il libercolo "la lista degli stronzi" di john niven. l'eco-meco del post sugli arrogamentismi. aver ascoltato casualmente, in un qualche pezzo di talk, il blatarale sicumerico di un qualche fenomeno legaiolo o frateitalico di medio rango, quelli che vanno alle tramsissioni della mattina. in infilata sono sono tipo l'inanellarsi di suggestioni, orlate da una specie di fil rouge. invero più tendente al colore della cacca. che non è tanto per il marroncino liquido. né per alcune delle suggestioni, via: anzi il libercolo e il post dell'amica roby, roba pregevole. è proprio il senso di sconforto che rischia di buttar infiorescenze, dopo aver attecchito. sensazione che magari è acuita dal mood del contesto, neh? quello di cui sopra e la distorsione percettiva del momento di questo scoglionamento collettivo.

però.

il timore - intimo - è che lo scoramento e il senso di straniamento ti faccia mollare il colpo. così lasci perdere. l'evoluzione dell'adagio: mai mettersi a discutere con un cretino, ti porta al suo livello e ti batte con l'esperienza. così che non solo non inizi a discutere, te ne vai. anzi: non ti avvicini nemmeno. il combinato disposto: pochezza argomentativo dell'idea della minchia, proprinata con convinta arroganza può essere annichilente. nemmeno ci si prova a contrastarlo. tipo scrivere una routine in basic sul foglio di carta, a penna, sbagliando la sintassi dei comandi, e tu sei pronto a debuggare su schermi touch uno script che coinvolge oggetti scritti in c#. solo che tanto più ci si ritira, tanto più lasci spazio a loro. tanto addirittura più te ne vai dalla fortezza bastiani, tanto più questi hanno deserti, praterie su cui scialare. imperversando. cosicché l'amica roby è talmente esterrefatta che, per non dare craniate contro il muro, guarda la luna. jonh niven, il suo personaggio si accorge di aver lasciato correre un po' troppo alcune questioni e ci dà dentro di brutto [roba in un contesto leggermente distopico. usa nel 2026, tèDonald ha vinto anche le elezioni del 2020, e nel 2024 hanno eletto come presidente la figlia ivanka, ma un sacco di gente, in cuor suo, sa che a guidare da dietro le quinte quella debosciata di ivanka vi è il padre, e se ne rallegra. e quindi succedono cose, ed il protagonista frank brill prova a rimediare, a modo suo, a quella serie di decisioni, che ne avesse prese altre ci sarebbe un po' meno dolore e necessità di ovviarlo]. da par mio son dentro questa bolla che racchiude la ruota da criceto, che faccio girare, girare, girare, girare. non è che mi faccia sentire esattamente realizzato neh?, figurarsi felice - tze. eppure continuo a farla girare, girare, girare. cosicché mi sto convincendo - forse - di saper fare solo quello. mi riesce più che discretamente [maledetto understatement ostativo, non riesco a scrivere: bene] e produce fatture oltre che grandi giramenti. e se mi riesce da fare solo questo è come se dessi il mio picolissimo contributo a dar un po' di spazio e praterie a quelli che sciamano. e guadagnano terreno.

io poi lo so che il pericolo che percepisco è più frustrazione che pericolo fattivo, reale - forse. io poi lo so che c'è un sacco di gente che col cazzo ha abbandonato la fortezza bastiani, anzi. rintuzza che rintuzza come fosse la cosa più importante e gli riesce bene. io poi lo so che jonh niven ha scritto un romanzo proprio perché non vuole lasciar loro terreno e praterie [ed utilizza la scrittura creativa, per un romanzo un po' cazzaro. dove la violenza ha un senso quasi taumaturgico, per esorcizzare quel futuro che racconta esagerato perché non lo si vuole], l'amica roby guarda la luna ma poi può menare fenendti retorici e dialettici, mentre io alla bisogna so che posso adoperarmi oltre all'unica cosa che ora ho idea di fare, non appena si potrà: scopare [scopare senza troppo sentimento che non c'è nulla di scontato e quindi fatemi almeno scopare. anche se sono tutto tranne che un amatore con i controcoglioni [c'era un doppio senso, se non si era capito], anche se rimarranno deluse [beh?, tutto qui?], e visto che mi arrogo un discreto credito di scopate che non ho fatto quando avrei dovuto [poi siccome non sono esattamente da pensiero e azione, questa è un'idea, che poi probabile decadrà in un qualche succedaneo]].

però, qui e ora, mentre ticchetta la pioggia sopra il tetto, l'aria è rinfrescata a voler usare un eufemismo, questo uichend non potrò andare a camminare, ho sonno e sento l'eco di gente ancora più stanca, confusa, sfiduciata, provata. ecco. qui e ora appunto, ho la percezione che si stia lasciando loro le praterie. mi dispiace e un po' mi rattrista, per la degradazione media. ma non sono del tutto preoccupato. forse perché non è così vero. forse è perché sono stanco anche per preoccuparmene. [poi ho [pravelentisssimamente] voglia di scopare. ma questa è altra storia. forse altro post].

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