Thursday, April 22, 2021

di rischi calcolati [male?], dittatori, cittadinanze

vabbhé, dai, a mà.

a 'sto punto ti dico anche di questa terza cosetta. qui non è un dettaglio di una risposta riguardo un autocrate, o il fastidio per un argomento che non so quanto ti scaldi il cuore come la cittadinanza a patrick george [poi magari ti importa tantissimo neh? non sto afffffà ironia. giuringiurello].

no. qui è la storia che da settimana prossima si riapre. e puoi annunciare che saranno riaperture graduali ma irreversibili. ma ho la sensazione che quello che sarà percepito e vissuto è: liberi tutti. per nulla graduale. credo nemmeno così irreversibile. al netto che prima o poi ovvio sarà tutto riaperto. non ho però queste guuuudvaibs. non è un secondo me, come la vedono quella flottiglia di epidemiologi fuori dal bar o sui soscial o quelle cose lì. ho provato ad ascoltare e leggere. ed ho provato a far sintesi. poi sì, certo che un paio di qustioni su quello che hai dichiarato mi hanno colpito.

però. a mà. provo a far un due-tre premessine.

  1. ho il culo al caldo. non ho perso un'ora di lavoro. sono un boccaccio in miliardesimi. lui isolandosi durante la peste nera scrisse il decamerone. io me ne sto sul soppalchino, sistemo qualche magagna per nulla appassionante di quelli di là dentro, scrivo qualche post sgarruppato. ho regalato un bel po' di affitto al padrone dell'appartamentino, ma sticazzi. e posso andare avanti così. profondamente diverso per chi - per tutta una serie di coincidenze, se fai un lavoro dove il contatto sociale è fondante per quello che ti fa campare - non guadagna da mesi ed ha spese e spese e spese. anche lì. ci saranno situazioni spaventosamente variegate. chi fallisce. chi guadagnerà meno, ma rimane molto più in panciolle di me. questo non toglie che non possa non pensare alla difficoltà, quando non la disperazione di costoro;
  2. ne ho fottutamente pure io i coglioni pieni. di tutta questa situazione di ristrettezza sociale, dico. come tutti. ovvio. e con quanto desiderio aspetto che ci si possa riaprire al mondo. pure un sociopatico come me;
  3. credo che la pervasività della situazione merdosa in cui siamo immensi sia così vasta, globale, ontologica che qualsiasi azione governativa - qualsiasi - sia del tipo che qualunque passo fai schiacci un merdone.

al netto di tutto ciò la sintesi di quello che ho letto ed ascoltato è che il rischio calcolato, sia un rischio calcolato male. tu sarai pure il banchiere del vuoteveritttteics, una delle persone più autorevoli del continente. io uno piuttosto irrealizzato et frustrato professionalmente. però coi numeri e i possibili andamenti, forse, più pari siamo. so' numeri. che descrivono l'evoluzione di sistemi complessi. ci sono tendenze contrapposte. a mitigare: la campagna vaccinale, la bella stagione col fatto si stia più all'aperto. ad aggravare: i contagi ancora molto alti che flettono troppo lentamente, le varianti più contagiose [una genialata, dal punto di vista evolutivo di 'ste merdose basi azotate costituenti l'rna messaggero di 'sto fottuto virussssse], lo sfrancicamento e l'esaurimento delle persone che - mediamente - oramai si tengono molto meno. dal punto di vista dei sistemi complessi si tratta di verificare se prevarrà l'effetto mitigante o quello aggravante. come butterà il trade off. la sintesi che mi viene di fare è: saranno cazzi. spero tanto di sbagliarmi, tanto quanto ho un timore infastidito sarà invece così.

poi, ripeto, io col culo al caldo continuo a rimanere. vero: avevo sperato di passare almeno un pezzo dell'estate in una situazione approssimantisi la normalità. temo ci richiuderanno quando farà decisamente più caldo. pace. coi coglioni girati - al pari di tutti - ma sono un privilegiato che potrà sopportare 'sta cosa. senza sbroccare più di quel tanto, dico.

aggiungo solo qualche considerazione conclusiva. appellarsi al senso di responsabilità dei cittadini - noi apriamo sapendo sia rischioso, voi dovete comportarvi di conseguenza - mi fa sempre un po' specie. perché da cagacazzo qual sono ho il sospetto sia un sottilissimo surretizio di potenziale via di fuga. magari non tu, a mà. ma dei personaggi che a vario titolo ti gravitano intorno. che magari ad onestà intellettuale non passano gli esami di riparazione. far leva sul dovere dei cittadini, consapevoli del far parte di una comunità è un richiamo importante. in linea di principio elevato, tra i fondamentali di una società. ma siamo un paese strano, noi. dove spesso il senso di comunità si sostanzia in quelli che sono i cazzi miei, se son generoso quello degli amici, ad esagerare quello delle consorterie cui appartengo. e poi siamo globalmente stanchi. molto. la possibilità di sbrocco senza averne troppo contezza non è così improbabile. nel mio piccolissimo qualche sorpresa ce l'ho avuta, leggendo ed ascoltando di gente che è partita lancia in resta vaneggiando disobbedienze civile, libertà conculcate, appelli sdegnati ad aprire gli occhi e smettere di esere schiavi e succubi. a volte rimango sorpreso a constatare: ma chi? questo? chi l'avrebe mai detto. appunto. ecco. dicevo: far affidamento sul dovere di cittadinanza spero non diventi l'appiglio per offuscare il calcolo del rischio calcolato male. cosa del tipo per cui dire: la responsabilità [senza il senso di] è vostra, vi siete comportati in maniera tale da meritarvi si richiuda. non lo scrivo a caso. è successo nei mesi addietro.

mi rendo conto sia una questione scivolosa, delicata, crinale strettissimo. apro facendo correre dei rischi alla società. quanto si è mediamente maturi per quanti [o mancati] controlli? si controlla troppo? percezione autoritaria. si controlla poco? si richia che i comportamenti possano far peggiorare le cose.

davvero. ho la percazione si faccia un tentativo, confidando nell'italico stellone. che peraltro mai nessuno ha dimostrato esista.

e poi, a mà, davvero chiudo. prima però solo l'ultimo punto. che questo sì, mi inquieta. la considerazione è molto amara. però non riesco a farla andare via. e che cioè nella decisione di ri-aprire ci sia un non detto. forse un rimosso. che posso intuire nel sentire delle disperazioni di qualcuno. che è l'ennesima scelta tra salute e lavoro. che è lancinante se insiste sulla stessa persona. più bastarda se riverbera con nessi causali distribuiti. queste apertura, adesso, in questo contesto, in questa situazione significa moriranno persone. persone in più, dico. saranno altri, spiazzati in altri tempi e in altri luoghi. direttamente per mezzo di questo virussse bastardo per le curve che - se va bene - scenderanno meno rapide. indirettamente per gli effetti del sistema sanitario che rimarrà ingolfato e non potrà fare screening, prevenzione, che riducono le possibilità di ammalarsi più seriamente - o accorgersi  troppo in là nel tempo - quando di non finire in un qualche situazione di guaio immediato. si mitiga un danno economico - chiaro ed immediato - pagando con la salute e la vita di altri - chissà dove e chissà quando. polverizzare e spargere altrove e più avanti gli effetti rende possibile alcune scelte, che forse altrimenti non sarebbero fatte. è quello che succede nelle battaglie: quando si sa che ci saranno perdite, ma si scende in battaglia ugualmente. forse è inevitabile. forse mi sono debosciato. però è per questo che non sono affatto sollevato dal fatto si riapra - figurarsi garrulo. né adesso la intendo e la vivrò come la ripartenza fondata e incontrastabile che sto bramando come tutti e assieme a tutti [oddio, assieme a tutti, proprio tuttituttitutti... anche no]. così come spero di sbagliarmi. ma so che - se va bene - sarà solo un effetto che farà meno male. che sia me, che sia chiunque.

a mà. ovvio che prima o poi ripriremo e ripartiremo. però sono convinto che: o lo facciamo abbastanza tutti, oppure sarà sempre un simulacro più o meno riuscito. anche perché non è vero siamo tutti sulla stessa barca. siamo tutti nella stessa tempesta, su barche diverse. 

a mà. davvero. spero non sia un rischio calcolato [davvero troppo] male. come vorrei aver sintetizzato male, non hai idea.

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