Sunday, July 4, 2021

post [mica tanto] rapido - rappacificazioni

quando arrivai in riviera, ad iniziare il servizio civile, di obiettori esterni ce n'erano due. esterni nel senso che non provenivano esattamente dai luoghi nei pressi di quel comune, convenzionato a far prestare il servizio civile fino a venti unità. che poi era mano d'opera praticamente aggggratissse - fino a venti unità - per serviziuccoli qua e là, tra quelli che il comune erogava. munificenza del ministero della difesa, che mandava colà giovani ribaldi in età di leva, con status concesso di obiettore di coscienza, che lo stato aveva loro risconosciuto, avendo riscontrato - lo stato - attraverso anche colloqui informali nelle caserme dei carabinieri della residenza dei baldi, che costoro avevno dichiarato, in piena facoltà ed onestà intellettuale, di essere contrari a qualsiasi forma di violenza, quindi impossibilitati a passare i dieci mesi di coscrizione obbligatoria imbracciando un fucile, foss'anche per il solo duramento, che poi sarebbe il momento in cui "appartenenti alla categoria dei militari di truppa; l'intero corpo o distaccamento si reca in piazza d'armi, inquadrato in plotoni distinti per compagnie. la formazione da assumere è in linea di colonne, ciascun plotone a destra di ciascuna rispettiva compagnia. Il comandante di corpo, di fronte alle truppe schierate in armi ordina di presentare le armi, sguaina la sciabola, legge la formula, e con voce vibrata domanda Lo giurate voi?" e tutti L'HODURO!

vabbhè. un rigurgito degli entusiasmi giovanili. quando credevo che ironizzare su 'ste cose fosse abbastanza sufficiente. col cazzo.

dicevo. due obiettori esterni, in quel posto di riviera, quando arrivai. io ero il terzo. esterni significava dormissero negli alloggi messi a disposizione dall'ente. nel senso ci dormivano veramente, e non solo per le formalità che il comune comunicava - come segreto di pulcinealla - al distretto militare di genova. che poi alloggi significava una mezza piazza d'armi - si ironizza. cioè il piano alto della casa di riposo comunale. che allora non dava l'idea di un ritiro idilliaco per quei poveri anziani. non esattamente una costruzione ed ambienti che ti inoculavano quel senso di serenità, comodità, placidità in cui uno si augurerebbe di vivere, mentre stai arrancando per l'ultimo miglio. però l'ultimo piano era tutto per noi. una fottia di spazio, sgarruppato e a tratti decadente: ma sei giovane, ti adatti, va bene anche così. in virtù del fatto, non da poco, zero sorveglianza. bastava non smontare gli infissi o organizzare rave party. e poteva andare, esticazzi se non eri finito nel luogo in cui avresti voluto finire, per svolgere quel servizio.

tipo me, che volevo farlo a mani tese - un impegno di giustizia. starmene a ventichilometri dalla hometown, in zone e genti più o meno conosciute, situazioni sotto controllo. invece mi spedirono in quel comune della riviera - il mare d'inverno, vedrai che ficata - a fare non si sa bene cosa. e così partii. ed arrivai quando c'erano due obiettori esterni.

divago. anche se credo che essere mandato in quel contesto, cominciare - in parte - da zero, sia stato significativo ed importante. molto più significativo di quello che potevo lontanamente immaginare. figurarsi se - già allora - sia riuscito a tenermi i ritorni positivi che proruppero generosi. malassorbimento da sempre, insomma.

divago. appunto.

insomma. due obiettori esterni [anche se mi pare di averlo già scritto]. fossimo stati a naja li si sarebbe definiti, ormai, fantasmi. mancavano loro giusto un paio di mesi. di fatto era fatta, per loro. io solo all'inizio.

venivano tutti e due da bergamo. nicola viso oblungo e simpatico, simpaticamente cazzaro e leggero. però si intuiva avesse il ragionamento veloce e non banale. laureato in economia e commercio, non la menava tanto di 'sta cosa. mi pare facesse servizio all'asilo nido - prepara le pappette, aiuta le maestre, pulisci e butta un'occhio che tutto fili, se serve fai qualche attività di supporto logistico. comunque lo faceva volentieri e con levità. usciva quasi tutte le sere, con alcune persone del posto, conosciute durante il servizio. l'amica Marina la incrociai così, una sera, salita negli alloggi a recuperarlo: allora, babbbbuz, sei pronto che usciamo? insomma. nicola se la godeva. si era calato al meglio nel contesto. come fanno le intelligenze sociali, adattandosi all'ambiente e alle situazioni. che poi, appunto, tutto tranne che una caserma. e poi c'era l'altro. che si chiamava. mannaggia come si chiamava? ennnnniente - boh - sapete che non siamo riusciti, l'amica Marina ed io, farci sovvenire come minchia si chiamava costui? [anzi, l'amica Marina in battuta, quando ho chiesto aiuto alla sua memoria, manco si ricordava ce ne fosse un altro, assieme a nicola. rimosso]. era bassino e con gli occhietti vispi. laureato con lode in biologia. e ci teneva a fartelo sapere. e si intuiva avesse molto preso a passione quella disciplina. faceva servizio all'ufficio igiene - braccia rubate alla biologia, per un ruolo sottratto di fatto ad una lavoratrice o lavoratore propriamente inquadrato in quel comune: un posto fottuto, insomma. costui mi aveva nominato come suo successore, di obiettore utilizzato lì dentro, con quel compito. lavorava a testa bassa, a fianco del responsabile degli obiettori. il comandante dei vigili urbani. decaduto per maneggi, litigi, ripicche, castighi interni. non potevano toglierli la nomina, lo avevano spostato di mansione. direzione dell'ufficio igiene appunto, e per contrappasso respnsabile degli obiettori di coscienza del comune. era in perenne stesura dell'esposto verso il sindaco, con la documentazione giuridica per la causa che voleva intentargli, per il re-integro al ruolo che sentiva solo come suo. il mio mentore biologo, lì accanto, era punto fondamentale per quell'ufficio. faceva di fatto quasi tutto, tranne firmare. e nella compulsione delle attività mi spiegava pazientemente come fare, procedura per procedura, istanza per istanza, documento da compilare per documento da compilare. durante l'orario di ufficio era cortese, collaborativo e proattivo. appena fuori di lì il suo livore verso quel contesto, quella situazione, quel comandante, usciva con voluttà. ed erano schizzi tossici, fastidiosi. si sentiva vittima di un'ingiustizia - ontologica - non l'avessero mandato a fare il servizio all'istuto mario negri. gliel'avevano promesso. gli spettava - diceva. avrebbe continuato a far ricerca mettendo un piedino nel posto cui si sentiva chiamato e destinato per volontà divina. la sera non usciva praticamente mai. e mi fomentava. dovevo fare anch'io ricorso. non lasciar andare il fatto non avessero preso in considerazione le mie richieste di assegnazione. fuggire da quel posto dove eri sfruttato a compilare merdosissime autorizzazioni sanitarie. a dar retta ad un figuro con la voglia di bere, frustrato per lo spostamento da una mansione di comando, a sua volta succedanea qual è quella di comandare dei vigili urbani. insomma, secondo questo collega obiettore, una situazione che gridava vendetta per delle persone capaci quali eravano noi. ed io, le prime settimane, gli diedi anche ascolto. un po' perché - tanto per cambiare - in quel periodo di transizione importante non avevo ben chiaro da che parte fossi girato. un po' perché argomentava con sicumera e convinzione. un po' perché ci ero rimasto un po' male non potessi fare il servizio in maniera davvero impegnata, come mi ero prefigurato di fare per anni. cazzo, volevo organizzare i campi di lavoro dei volontari mani tese, e mi avevano mandato a compilare i documenti che ratificano le analisi della qualità delle acque potabili dell'asl di savona? [parentesi: quando mi domandarono se sapessi usare il pc risposi: beh ho una laurea in ingegneria delle telecomunicazioni ed ho lavorato sei mesi al centro di calcolo del politecnico. un po' di orgoglio ce l'avevo, allora. e loro: mecojioni, però, vabbeh, word lo sai usare? beh, sì, dai, suvvia, direi di sì. così decretarono: occhei, allora tu vai all'uficio igiene. ed io ebbi un brivido, però un po' al di là del conscio. che quindi non colsi compiutamente. se non l'intuizione mi stessi infilando in un cul de sac. ma come? dovrò passare la vita davanti ad un pc. e me lo fate fare anche durante il servizio civile? il cul de sac però non era tanto farlo durante il servizio civile. ma il fatto avrei passato la vita davanti ad un pc. per quanto passare la vita davanti ad un pc è ovviamente un raffiguazione plastica et simbolica. ma significativa. anche perché - ex-post - ci presi. insomma, senza saperlo, avevo antenne ben piazzate, vivide e riceventi, a percepire il grandissimo nocumento cui sarei andato incontro. la grandissima inculatia mi ero costruito con le mie sante manine a prender appunti, sfogliare libri, risolvere esercizi e temi d'esame. inculatia che non capivo se e come come smontare, per rimontare altro.]. quindi insomma, un po' perché spaesato quei primissimi giorni diedi non poco credito a 'sto genio sottoutilizzato. con tutto il portato emotivo si tirava dietro e che, in parte, faceva ballare il terreno sotto i miei pieduncoli. anche se una primissima avvisaglia dovessi lasciarlo perdere la ebbi già la fine della prima, faticosissima, settimana. primo viaggio di rientro nel weekend. nicola era rimasto in riviera a rilassarsi. lui rientrava a bergamo ostinatamente e orgogliosamente: non mi sono mai fermato nessun fine settimana, si era premurato di farmi sapere con una punta di rivendicazione, verso non si capiva bene chi. in treno il discorso virò sulla politica. e la sensazione che ebbi fu quella di un qualunquismo e pochezza argomentativa che un po' mi disorientò. ma come: sei genio della biologia, e sputacchi fuori queste minchiatine da elettore forzaitaliota di basso rango? non so se fu più forte il mio stupore di allora, o lo stupore di adesso per lo stupore che provai quel giorno. non avevo ancora capito del tutto che [l'eventuale] capacità analitica non significava necessariamente non fidarsi di quella montatura retorica che a me appariva lampante. ero totalmente nel bias percettivo. e argomentavo a minchia pur io, neh?, ad esser convinto di certe cose.

vabbhè. sto divagando di nuovo.

anche perché fu in quel viaggio fece l'uscita che - di fatto - ha scatenato questo post rapido. che tanto rapido non è. che quell'uscita era solo il primo pezzo di un ragionamento molto autoriferito, savasannnddiiir. che finisce a finire sul mio lavoro. e il pensar torvo che provo al pensiero di star là dentro. che ha ripreso a premere di nuovo - convinto - come la scarpa stretta preme sul callo del piede. e tu ci continui a camminare sopra. e fare un sacco di strada, peraltro.

e insomma 'st'uscita. che poi lo chiudo il post. che poi uno scrive nel titolo: post rapido. che poi cor cazzo è rapido. che se fosse rapido uscirebbe e si scriverebbe tosto. e non si dovrebbe far tanta fatica a scriverlo, almeno. e spero che non si faccia comunque fatica a leggerlo. però, per quanto voglia bene a quei cinqueoseisparutilettori, in questo momento do quel ziiiic di precedenza alla mia di fatica a scrivere. che la vostra a leggere.

ecco. appunto. l'uscita di questo ecs collega di servizio civile che mi spiegò anche come registrare la posta in ingresso per l'ufficio igiene. insomma, eravamo sul treno. e c'era anche una delle assistenti sociali del comune. viveva ad arquata scrivia, e tutti i giorni trascorreva una bella vagonata di tempo in treno. andata e ritorno da quel pezzo di piemonte che odora già di liguria, verso la ridente località a metà del ponente. quindi anche in quel primo viaggio di ritorno mio. e quindi lui si lamentava, non ostante mancasse poco alla fine del suo servizio, del fatto non l'avessero trasferito. e i mesi passati controvoglia. e mentre aspettavamo di ripartire da genova - ehi, il il treno va nella parte opposta di quando siamo arriva, è normale? sì, sì, tranquillo, hanno attaccato la motice dall'altra parte. si cambia direzione. [che domanda del cazzo, come se tutti stessimo sbagliando il treno, visto che non si era mica scesi dal vagone]. insomma. costui esclama a costei: comunque tu mi avevi detto che mi sarei messo l'anima in pace e mi sarei abituato a stare lì. ho quasi finito il servizio civile ma mi sono ancora mica rassegnato all'idea non sia stato giusto finissi a fare quello che ho fatto, né ci ho fatto l'abitudine, non mi avete convinto. non è vero che mi sarei rappacificato con 'sta cosa.

lo osservai. e pensai senza averne del tutto la conspaevolezza: bravo pirla, siine fiero e così ottuso da ribadirlo con fierezza, che son proprio cose di cui vantarsi [se non si era capito, c'era del sarcasmo, amaro].

l'ultima sera sera prima di congedarsi urlò come un ossesso per gran parte del dopo cena, correndo per i corridoi nell'alloggio degli obiettori. eravamo sempre in tre. un sacco di spazio a disposizione. faticai a prendere sonno perché fu manifestazione di sfogo inconsulta che andrò avanti per un bel po'. con ululati e sfanculamenti a tutti e tutto, visto che per lui era finita. il giorno dopo trovai nel borsone pagine di giornali di foto di donne nude [cit.]. ce le aveva messe lui, un ultimo idiota rigurgito gogliardico della minchia. forse una piccola vendetta cogliona del fatto avessi cambiato idea. e avessi smesso di seguirlo da tempo, nella sua furia iconoclasta a parole. avevo semplicemente capito che, in fondo, quel posto aveva un suo fascino - il mare d'autunno avanzato, le stelle ad alzo zero mentre osservavo fuori dal finestrino mentre si viaggiava sull'aurelia, tornando da una birra con alcuni del giro obiettori - l'esperienza da fare al meglio, il comandante un personaggio complesso quanto si potesse smettere di vedere come l'ultimo degli stronzi. insomma: rappacificarsi con quel contesto non era solo una cosa di buonsenso, ma soprattutto scaltra e intelligente. tanto, in fondo, era così semplice: tutt'altro che una caserma, tra l'altro. una smentita nemmeno troppo nascosta di quel suo combattere come l'ultimo giapponese, però di quelli tipo che si vince nelle patatine. con la sua battaglia idiota quanto inutile, pompata dalle sue ossessioni, smacattamente portate come istanze da preservare con orgoglio. figurarsi se poteva farmela passare in cavalleria. mai più visto né sentito.

coglionamente incapace di rappacificarsi. ecco. oggi mi è tornato alla mente costui, a parte il nome. oggi. che in fatto di rappacificazioni non sono - a volte - mica tanto migliore di lui. però magari in un altro post. che potrebbe essere il seguito di questo. che per fortuna doveva essere rapido.

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